Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

sabato 20 giugno 2015

Racconto di Vita Anacronistica:la mia campagna ed un'età complicata (4° parte)

A sedici anni sono tante le idee che passano per la testa, e per me era già tempo di bilanci.
Pensavo spesso alla mia infanzia fatta di affetto ed attenzioni, immersa in tutti quei nonni e fatta di giratine e lunghe chiacchierate.
Pensavo e ricordavo quando desideravo essere un Vigile Urbano (prima) ed un Pompiere (dopo), e quando soffrivo all'idea che babbo e mamma mai avrebbero accettato un cane nella loro casa.
Pensavo e sorridevo "dall'alto" dei miei sedici anni, con un motorino da enduro di seconda mano che tanto mi faceva sembrare "più grande", mentre c'erano Amici che se ne andavano ed Amici che arrivavano.
A sedici anni conobbi l'Amore, quello fatto di struggimento e batticuore, quello che ti fa sognare e soffrire, ed entrai ufficialmente nel "frullatore della vita", accostandomici lentamente, sempre un passo indietro alla massa, sempre con un occhio a ciò che era considerato diverso o troppo lontano nel tempo.
A sedici anni ero uno studente, uno studente da seiemezzo, che continuava a stare ostinato nei suoi sogni, e che leggeva...anzi, divorava libri su libri: tutto m'interessava, e passavo dai grandi classici della narrativa italiana alla fantascienza, dai libri di politica a quelli di astronomia, dalle novelle dell'ottocento, agli autori internazionali contemporanei.
Carlo Cassola, Charles Dickens, Isaac Asimov, Pablo Neruda, Ernest Hemingway, Dante Alighieri, George Orwell, Renato Fucini (Neri Tanfucio), Arthur C. Clarke...questi forse i miei preferiti di allora (e molti lo sono tutt'oggi).
Leggevo, ed avevo bisogno di farlo, per ritrovarmi in quella dimensione che inevitabilmente rischiava di mancarmi in quel momento: avere sedici anni non era cosa facile per un ragazzo che amava le stelle e l'Agricoltura, che non aveva la ragazza e che si appassionava ad ascoltare la musica lirica, che si addentrava nelle proprie rivoluzioni, e che si ostinava a costruire il suo futuro.
Mattone dopo mattone, erigevo le fondamenta del mio essere Uomo, e sorridevo ai piaceri della Vita, senza però distrarmi troppo, sempre mantenendo una certa rigidità che mi manteneva solido nella mia posizione.
Ma la gioia più grande era rappresentata dai momenti in cui potevo stare in Campagna, e sentirmi "più vicino all'essere Uomo".
L'emozione di quella nuova esperienza racchiudeva tutta quella spontanea/soppressa voglia di "provare in Agricoltura": provare, e per la prima volta farlo con qualcosa di mio.
Cinque erano i kilometri che ci separavano da quel pezzo di terra dove le sperimentazioni erano finalmente possibili, dove potevo cimentarmi nell'opera che maggiormente sarebbe stata complicata per me: volevo coinvolgere babbo.
Sapevo che mia madre mi avrebbe seguito, nonostante gli impegni di lavoro, nonostante la sua scarsa preparazione, sapevo che per lei sarebbe bastato anche soltanto "un etto" del mio entusiasmo per essere coinvolta.
Sapevo che avevo anche i nonni dalla mia parte, e che avrei avuto un valido aiuto (magari anche pratico) nella gestione di questo impegno.
Ma sapevo che babbo sarebbe stato l'osso duro, e che coinvolgerlo prevedeva un piano ben preciso: invogliarlo, prendendola alla larga, senza mai forzare la mano.
Il fato volle che in quella terra ci fosse un laghetto, un laghetto che ai tempi frequentavamo come pescatori: silenzioso, lontano dalla gente, di cui ne conoscevamo il proprietario, e tutto ci faceva sentire "padroni" di quell'angolo verde.
Pescavamo, e mentre i fagiani cantavano, io guardavo quelle interminabili file di ulivi, quei vecchi prati da riseminare, e sentivo l'acqua (tanta acqua!) scrosciare.  Una baracca di lamiera vuota, una grande voliera in disuso, ed una lunga striscia di terra che costeggiava il ruscello: tutto doveva apparire come "solo di contorno" al laghetto che adoravamo frequentare.
Non ho mai capito quanto fui realmente diabolicamente astuto nel farlo cedere, o quanto babbo seppe innamorarsi dell'idea di fare campagna, ma dal laghetto alla voliera il passo fu più breve del previsto.
Ricordo le sue parole: "Pochi animali. Poco impegno. E ci pensi te!"
In quel fare autoritario c'era tutta la voglia di condividere qualcosa con figliolo, e da lì a breve arrivarono i primi animali...e di lì a poco condividemmo uno dei momenti più belli della Mia Vita.
Andai in campagna, dall'amico A., e sua madre mi affidò i primi tre polli: una coppia di "Livornesi nani" (semplicemente dei meticci non ben definiti...) ed una femmina di Collo Nudo Italico.
Fiero della conquista, ricordo che lasciai i tre polli liberi nella voliera, e che subito feci capire ai miei quanto quella voliera fosse Troppo" grande per quei tre polli".
Trascorsero due mesi, il giusto tempo per metabolizzare la cosa, e capire che "visto che si doveva andare alla terra per tre polli...potevamo anche tenerne qualche altro!".
Arrivarono le prime quattro galline ovaiole, e dopo poco le gallinelle (faraone).
I miei sabati pomeriggio erano divenuti improvvisamente così brillanti, e quell'odore di pollaio mi faceva sentire più vicino a quello che volevo diventare.
A scuola parlavo con i miei amici di tutto questo, e tutti avevano consigli da darmi su come gestire quelle bestiole, e cosa dare da mangiare loro.
Ed ecco che il compagno di classe, quello con l'onda nei capelli, mi volle fare un regalo: una coppia di anatroccoli appena nati, che direttamente dalla sua "montagna- non montagna", mi portò in una scatola da scarpe accuratamente forata.
Uscii da scuola un'ora prima quel giorno, e seduto in un angolo fuori dalle Poste, mi godevo quella calda giornata con la scatola sulle ginocchia, e guardavo quegli anatroccoli giocherellare tra le mie mani.  Sul pullman, durante il viaggio di ritorno, contavo i minuti che mi separavano dall'incontro con i miei genitori, ed ero ansioso di portare questi due nuovi piccoli animali nella mia "Fattoria".
Non ricordo bene come andò, ma ricordo che Nanù, questo il nome del maschio, si fece largo nei nostri cuori e che tutt'oggi viene nominato da mia madre con gli occhi lustri d'emozione.
Arrivarono poi i conigli, le colombelle, altre galline, ed il lavoro aumentò notevolmente.
Era babbo che se ne sobbarcava il peso, in un momento in cui lo studio mi stava assorbendo sin troppo.
Continuavo a leggere, frequentavo nuovi amici, e facevo le mie interminabili giratine (questa volta con il motorino) per poderi abbandonati ad immaginare ristrutturazioni e riorganizzazioni.
Continuavo anche a frequentare il podere di A. anche quando lui decise di lasciare la scuola ed andare a lavoro fuori: la sua mamma non stava bene in salute, e le pecore da mungere erano sempre tante, e fu così che mi chiese un aiuto, e che per un periodo cavalcavo il mio motorino ogni qualvolta potevo per andare ad aiutarla.
Lei mi regalava sempre un bottiglione di latte, ed al mio ritorno a casa mi dilettavo a fare il rovaggiolo o qualche piccola forma di cacio.
L'odore del latte nelle mani tutt'oggi è uno tra i profumi che preferisco.
La mia adolescenza non è stata certo uno dei momenti migliori, e sopratutto il periodo che va dai sedici ai diciotto anni era fatto di rinunce, delusioni, battute d'arresto.   Ma l'entusiasmo non mi mancava, e seppur spesso mi sentissi solo nelle mie convinzioni, andavo avanti con ottimismo: era facile avere amici parlando di motocross ed auto da corsa, discoteca e vestiti alla moda...mentre meno facile (ed era il mio caso) lo era parlando di trattori ed orto, mungitura e poderi.
Rimanevano sempre i tre amici della scuola: il ragazzone delle pianure, quello con gli occhietti ravvicinati, e quello con l'onda nei capelli.
Per loro era comunque facile essere in quel modo, visto che erano figli e nipoti di agricoltori, e che vivevano in paesi/comunità che si basavano sull'agricoltura; io rimanevo il primo della razza mia ad aver fatto quella scelta, e questo spesso faceva apparire tutto più difficile.
Al mio paese cercavo di adeguarmi, per sopravvivere in quella jungla spietata fatta di adolescenti che volevano fuggire dalla campagna fatta di miseria e sporcizia.
Poi un giorno mi svegliai, ed il calendario mi ricordò che avevo 18 anni: finalmente maggiorenne, ricordo il senso di libertà che provai nel fare il mio primo giro in motorino senza casco, con una qualche sigaretta nascosta chissà dove, e quel girare di primo mattina lungo le strade della campagna attorno al paese.
Pranzammo da mia Zia, e per l'occasione mi misi a far "discorsi da grande" al tavolino, facendo sorridere i miei perenti: per lo Stato ero grande, e per regalo ricevetti una motozzappa.
"Cosa vorresti per i tuoi diciotto anni?"
Ricordo mio nonno, che sorridente mi chiedeva questo mentre passeggiavamo sotto i pini del parco di fronte a casa sua "...vorresti una moto più grande....oppure una macchina?"
Erano altri tempi, di quelli in cui si usava regalare la macchina (usata) al nipote, ma io non ebbi alcun dubbio sulla mia risposta, e di lì a poco mi scelsi una bellissima motozzappa nuova fiammante.
Quando oggi racconto questo faccio sorridere chi mi ascolta, ma io VERAMENTE LA DESIDERAVO più di una Uno, una Fiesta, o una 205.
Quando il furgone scaricò il bolide alla terra, ricordo nitidamente quanto il cuore mi battesse forte per l'euforia, e subito lanciai un'occhiata a babbo dicendo "Ora si fa sul serio!".
Quell'estate è stata eccezionale, fatta di tantissima campagna, nuovi amici (tra cui Enne), le ragazze, tanta musica, e quel sentirsi grande.
Presi la patente in meno di due mesi, mentre mi allenavo con 'auto di babbo tra gli olivi della terra che avevamo in gestione.
Facevo l'orto, e che orto: io mettevo idee, progettazione, forza lavoro e l'uso della motozzappa; babbo metteva la costanza, il quotidiano, l'estetica e le rifiniture.
La mattina spesso mi svegliavo presto, e andavo con babbo a cogliere la verdura, poi mi trattenevo con gli animali (avevamo tantissimi conigli), e poi era ora di rincasare, di sciacquarsi, e di andare con gli amici a zonzo...e la sera potevo finalmente fare tardi, andare alle feste, andare a ballare, e vivere quell'estate come mai prima ero riuscito a fare.
A settembre iniziai l'ultimo anno, quello del diploma, e la consapevolezza di essere ad un passo dal primo grande traguardo che mi ero prefissato mi dava adrenalina e consapevolezza.
Avevo finalmente amici che mi "accettavano" (e sopratutto mi volevan bene) per quello che ero, senza maschere scomode da sostenere, e che mi ascoltavano nei miei interminabili racconti,  Avevo la maturità a pochi mesi di fronte a me.  Avevo così tanti progetti...e vedevo avvicinarsi il mio Sogno: Vivere di Agricoltura.
Ma la Vita talvolta ti porta a fare strani giri...

Queste le altre parti del racconto:
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronistica-dal.html

http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronisticala-mia.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/05/racconto-di-vita-anacronisticalo-studio.html

mercoledì 17 giugno 2015

Ancora pioggia

E' proprio quando il sonno si fa(rebbe) più pesante e profondo che, mi sveglio un istante prima del suono della vecchia sveglia a molla, e la stacco.
Mi giro, cerco mia moglie nella stanza ancora buia, e sento il primo dei galli che scandisce il canto.
Mi alzo, e senza accendere la luce, mi sposto verso il bagno dove apro la finestra respirando a fondo, ma...l'aria è umida, ancora.
Il giorno tarda a farsi luce, e le nuvole coprono l'orizzonte.
Il primo pensiero...inevitabile...va alla vigna, e a quel tempo "da peronospora" che anche in questo giugno 2015 non se ne vuole andare.
Mi vesto, mentre il cane ancora ronfa beato, e la gatta si arruffiana per ricevere il pasto mattutino.
Nella cucina l'odore di "stufa spenta" prevale su tutti gli altri, facendo quasi svanire quello di cipresso del tavolone di sala, o quello di cucinato della sera prima, o di lavanda e rosmarino.
Apro le finestre, tutte, e scruto il cielo alla ricerca di una qualche speranza, ma...anche oggi pioverà.
...
Questo l'inizio delle ultime giornate, mentre i giorni passano, e gli interventi in vigna si fanno ripetuti come la passata stagione.
Ogni giorno poi, tra le 12 e le 14, arriva il temporale.. con la botta d'acqua che pare voler sfondare il tetto della stalla.
Ogni giorno la medesima dinamica: risveglio nell'umidità, cielo plumbeo. all'ora di pranzo un bell'acquazzone, nel pomeriggio arriva il sole ed il terreno "ribolle".
Le rondini volano basse, le ossa mi dolgono, ed il fango si accumula sotto gli scarponi.
I racconti di grandinate disturbano il nostro desinare, e cerchiamo di essere ottimisti, nella speranza che almeno la grandine scarichi laddove farebbe  meno danno.
I pomodori nell'orto crescono, e le patate iniziano a fiorire.
Le capre reclamano il pascolo, ed io un pò di sole.

lunedì 8 giugno 2015

Gli attrezzi si rompono quando si usano: fienagione 2015

Domenica 31 Maggio
Sono nell'aia sin dalle prime luci del mattino, ed attacco la barra falciante al trattore: ogni volta questo attrezzo mi fa tribolare non poco, ma ci riesco con l'aiuto di un amico che è venuto a darmi una mano.
Sono le 8:00 quando il trattore è di fronte alla baracca/officina, ed inizia la fase di pulitura: compressore e tanta pazienza, per soffiar via lo sporco.
Tocca poi all'untata generale, effettuata con una miscela di gasolio agricolo e fondo di tino di olio d'oliva (rapporto 1:1): con il pennello ripasso tutte le parti "scoperte" come gli ingrassatori, i lamini, gli ingranaggi, gli attacchi.
E poi giunto il momento di ingrassare la macchina, e con l'ausilio della pompa ingrassatrice riempio sino allo spurgo ogni parte provvista di ingrassatore.
Ed ecco la prova: si accende il trattore, si avvia la presa di potenza, e...la barra lavora bene.
Richiudo e vado nel campo: sono le 11:30, ed inizio a sfalciare il prato.
Loietto, ginestrino, trifogli vari e tanta festuca: il fieno atterra, e come pettinato tinge il campo d'argento.
Una pausa di due ore, ed ecco che alle 15:00 sono di nuovo a sfalciare. Sono 27° e non ho neanche un accenno di cabina o tettuccio di protezione. Non c'è vento
Termino il campo del "lato laghetto" (ogni campo ha il suo nome) alle 20:20.
Ci sono gli animali da fare, le capre da mungere, ed una doccia che mi aspetta: si cena alle 22:10.

Lunedì 1 Giugno.
Alle 5:20 ho già munto gli animali, pulito le stalle, dato da mangiare a tutti, ed accendo il trattore per portarlo nel campo "lato strada".
La rugiada mi dice che devo aspettare, e quindi ritorno a piedi al podere e lavoro: lavoro nella baracca/officina continuando a ripulire il ranghino.
Alle 9:00 torno nel campo, e l'erba è oramai asciuttissima: parto e porto avanti 1/3 del lavoro.
Mi suonano dalla strada, mi distraggo per vedere chi era, ed aggancio l'unico paletto di ferro posto nel confine del campo.  la barra falciante rimane appuntata con la puntazza, e si piega.
Provo a vedere se scorre, e funziona, ma non è più dritta, ed il taglio viene male.
Procedo per circa mezzora, imprecando e sudando, ma il lavoro viene male: se lascio l'erba tagliata troppo alta, c'è poi il rischio che la ranghinatura prima e la pressatura dopo diano molti problemi.  L'erba deve essere rasa, e non smezzata, altrimenti tratterrà il fieno tagliato.
So spiro nuovamente, e decido di farmi aiutare dall'amico di sempre: arriva, e per due ore siamo nell'aia a cercare di riportare la barra alla sua originale posizione.
Ci riusciamo, solo in parte, ma mi accontento e torno nuovamente nel campo: sono le 15:00 e il termometro segna 29°.
Adesso la lama taglia in modo soddisfacente, ma la puntazza si appunta, e carica terra: mi fermo nuovamente, e cerco di trovare una soluzione nel più breve tempo possibile.
Sono le 19:00 quando corro in paese a cercare una puntazza nuova: ne trovo una, non è la sua originale ma spero di poterla adattare.
Torno al podere, mi armo di pazienza e saldatrice, e provo...invano. Il pezzo non combacia.
Desisto: sono le 21:10 e devo ancora fare gli animali.
Ceno alle 22:40.
La notte non dormo.

Martedì 2 Giugno
Non onoro la festa, ed alle 4:40 sono nell'aia: approfitto della frescura per trovare una qualche soluzione, e ci riesco saldando una sorta di slitta nel vertice della puntazza, in modo che questa non si appunti sul terreno.
Sono nel campo alle 7:00, l'erba è asciuttissima, e riesco a terminare il lavoro per le ore 13:20.
Sono 30°, e la pelle delle braccia mi odora di estate e morchia.
Devo riposare, e crollo sul divano, quando...suona il telefono: sobbalzo, impreco nuovamente, rispondo.  E' il mio amico che ha un problema con la mia falciatrice che gli avevo prestato per sfalciare i suoi campi.
Corro con la macchina ad 8 kilometri da casa mia, è saltato un lamino della barra.
Dove lo trovo un lamino alle 15:00 del due di giugno?
Si fa un giro di telefonate, ed in un borgo a 10 kilometri si trova quanto cerchiamo.
Parto, mentre per la strafa i serpenti mi attraversano.
Prendo il lamino, prendo i ribattini per fissarlo, bevo mezzo bicchiere di vino per cortesia, riparto.
Alle 17:50 siamo pronti per ripartire...proviamo la barra e funziona.
Saluto l'amico e corro nella vigna: devo trattare.
La tisana di ortica è pronta, come il decotto di equiseto, e poi poltiglia bordolese e poco zolfo.
Riempio la botte da 8q.li, e parto.
Dopo 10 minuti sento un botto, mi giro: è saltato un ugello della botte.  lo cerco, non lo trovo: poco male, e compenso con gli altri ugelli.
Riparto, e dopo 10 viti di numero vedo del fumo uscire dal cofano del trattore.
Stacco tutto, sembro matto e corro ad alzare il cofano: una fumata bianca.
Penso mille cose, ma tutte e mille mi riportano ad un unica soluzione: ho bruciato la testata.
Non è possibile, il termometro dell'acqua segnava la giusta temperatura...si dirada il vapore (perchè di vapore di trattava) e vedo il danno: un tubicino di gomma oramai logoro e crepato, aveva ceduto.
Provo ad aggiustarlo, ci riesco quanto basta per tornare nell'aia.
Sono le 20:40, e devo fare gli animali, mungere e riprendere la via di casa.

Mercoledì 3 Giugno
Mi svegli ad un'ora civile, e mi lascio aiutare da babbo per fare gli animali.
Corro dal meccanico, che apre l'officina trovandomi di fronte alla saracinesca, lo porto nell'aia, si cambia il tubicino e riparto.
Termino di trattare la vigna alle 12:00
Lavo la botte, la stacco, attacco il ranghino e mi fermo per il pranzo.
Alle 14:00, mi dirigo verso il campo "lato laghetto"ed inizio ad andanare il fieno.
Consapevole del fatto che era ancora troppo caldo per smuovere quel fieno, non posso permettermi altre pause, e vado avanti.
Ore 15:30, un rumore secco, e si spezza la sede di uno dei bracci che pettinano il fieno per andanarlo.
Non so come fare, ma faccio una corsa a casa: prendo 5-6 attrezzi, qualche dado e bullone, e torno nel campo.
Rattoppo il problema, togliendo quel braccio, e decidendo di lavorare zoppo (non in modo ottimale).
Mi raggiunge un altro amico che sale sul trattore e mi racconta le sue vicissitudini.
Rientriamo al podere alle 21:30.
Si mangia una minestra d'orzo ed ortica, e qualche ammazzafegato rifatto in padella.
Alle 00:30 mi faccio la doccia, e prendo la via del letto.

Giovedì 4 Giugno
Non ho chiuso occhio.
Son fiducioso, e sposto il ranghino nel campo lato strada, e parto a lavorare che albeggia.
Le rondini mi sfiorano il cappello di paglia, ancora le macchine non mangiano l'asfalto, e mi godo il profumo del mattino.
Alle 10;30, quando sono a metà dell'opera, si rompe un'altro braccio pettine...e mi accorgo che l'ingranaggio generale scatta rumorosamente.
Torno al podere, e sino alle 13:30 lavoro di mola e saldatrice.
Sono 30°C, ed il sudore brucia come acido negli occhi. Ho il viso e la barba che odorano di limatura di ferro e di elettrodo di saldatura.
Mangio poco a pranzo, crollo di sonno, ma dopo un'ora devo ripartire: a fatica inforco la porta di casa, e traballante arrivo al trattore.
Torno nel campo lato strada, rimonto il ranghino, lo provo...non funziona.
Scendo dal trattore, ed incurante dei tanti ciclisti che passavano lì vicino, inizio a dar di matto, dando due calcioni a quell'attrezzo oramai inutile: si è rotto il sistema di ingranaggi che fa ruotare i bracci pettine.
Mi siedo a terra, e poi mi stendo: guardo le nuvole e mi addormento per dieci minuti.
Mi rialzo con un salto, il cuore viaggia a mille, ed ho un'idea.
Chiamo l'amico del borgo a 10 kilometri dove due giorni avanti ero andato a prendere il lamino per la barra falciante, e gli chiedo se mi può prestare il suo ranghino.
Acconsente, e prendo appuntamento per l'indomani mattina all'alba.
Non devo perdere tempo, e torno al podere: sono le 15:30 quando stacco il ranghino, attacco la macchina per pressare il fieno (la pressa), ed inizio con il campo lato laghetto.
Lavoro senza pause, ed alle 21 spengo il trattore, lasciandolo nel campo: 167 presse fatte, ed un campo terminato.
Rientro a casa, animali, mungitura, una doccia fresca, la cena, ed il letto.
Non dormo neanche mezzora.

Venerdì 5 Giugno
La sveglia...quella maledetta...suona alle 4:00
Mi lavo la faccia con l'acqua fredda, poi me la rilavo e me la rilavo nuovamente: ho gli occhi appiccicati e sbadiglio ogni dieci secondi.
Forse sono sveglio quanto basta, mungo le capre, e parto con la macchina.
Arrivo al borgo, ma c'è da andare a recuperare il ranghino da un'amico del mio amico...e si perde un'ora e mezzo.
Alle 6 in punto l'amara constatazione: il ranghino non entra nel cassone della macchina (pick up).
L'amico si offre di portarmelo a metà strada con il suo trattore, a me spetta il resto.
Alle 9:30 posso iniziare a ranghinare, e mi dedico a quei 2/3 del campo lato strada ancora da fare.
Mi raggiunge un amico, quello a cui avevo prestato la barra falciante, e si offre di aiutarmi con il suo trattore.
Accetto di buon grado, consapevole che la sciatica e la stanchezza mi avrebbero rallentato non poco.
Stacchiamo il ranghino dal mio e lo ri attacchiamo al suo. Mi sposto sul mio trattore, attacco la pressa, ed inizio a pressare quanto era stato fatto il giorno avanti.
E' caldo, ed alle 11:30 il termometro segna 33°.
Provo a cantare mentre lavoro, ma ho fatica anche in quello, quindi taccio, dondolato da quel ritmo tanto noioso quanto importante dato dal pressare.
Alle ore 13:50 l'ultima pressa è fatta, anche nella parte ranghinata dall'amico.
246 presse fatte in questo lato.
Torno a casa che sono le 14:20, pranzo con un'insalata fresca, e mi addormento alla televisione.
Alle 15:30 arrivano i rinforzi: l'amico di prima ed un altro ragazzo che iniziano a tirare su le presse.
Stacco la pressa, attacco la bodola  (la cesta posteriore usata per manovrare la legna ed il fieno).
Io guido, gli altri caricano, tutti assieme scarichiamo le presse nella prima barcaia (stiva del fieno pressato).
Vediamo almeno 5 serpenti, la pelle brucia per il caldo, sudo il doppio di quanto riesca a bere.
Arriva la sera, ed alle 21 abbiamo terminato.
Animali, mungitura, doccia, cena...e questa volta mi addormento alle 23:00...e dormo.

Sabato 6 Giugno
Avevo detto che ci saremmo visti alle 6, ma alle 5:30 c'erano già i due amici nell'aia.
Mi sbrigo a mungere e delego a babbo il resto dei lavori mattutini.
Si parte con il trattore per il fresco, alla volta del campo lato strada.
Assieme iniziamo una seconda barcaia, molto comoda perchè vicino alla stalla, ma molto scomoda perchè per raggiungerla devo passare dalla vigna e perdere molto tempo.
Alle 12:15 l'ultima pressa è stata messa al suo posto, e le barcaie richiuse dal telone.
Un totale di 413 presse, per una media di 30kg ciascuna: quasi 124 quintali di fieno.


...questa è stata la mia fienagione, la fienagione del 2015, fatta su prati oramai vecchi di 11 anni, e con attrezzatura agricola oramai vecchissima.
Il ranghino è da buttare, la barra falciante da accomodare, ed io sono veramente..VERAMENTE stanco.

Ma il profumo del fieno all'indomani del taglio, le mille lucciole che mi hanno accompagnato nelle ore di buio, le api che rientravano al tramonto incuranti del mio "far chiasso", le rondini che garrivano sopra la mia testa nelle ore più calde, e quella luna piana che pareva voler far giorno per farmi rientrare a casa...
...tutte queste cose, sommate alla soddisfazione dell'aver terminato il lavoro di un anno, mi ripagano buona parte della stanchezza.
Al mio amico, durante il ritorno dalla ranghinatura del campo del laghetto, dopo aver spento il trattore nel mezzo del campo, ho detto questo:
"La Natura mette il Bello dappertutto, e noi abbiamo la fortuna di vivere immersi nel Bello.  Noi siamo le persone che più vivono del Bello."
Lui, che è schiacciato dalle mille angherie che la Vita continua a porgli, ma che è Agricoltore come me, mi ha messo il braccio sulla spalla e con un sospiro mi ha dato ragione.
C'era un silenzio...