Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

domenica 30 aprile 2017

Quella botta di dicembre che in un aprile che sa di maggio ...fa i suoi danni.

Gli taglio l'erba sotto, convinto di far bene, in modo da non trattenere l'umidità...e quindi la sicura brinata.
Gli lavoro la terra sotto, laddove riesco, correndo, sicuro di dar modo al terreno di riscaldarsi quanto prima già col sole del mattino.
E poi che faccio?
Mi metto sull'uscio, con mia moglie che è più preoccupata di me.
Si alza il vento, che già era forte, e la casa si scrolla di dosso l'ultima polvere calda dei giorni precedenti.
Faccio cena, ma mangio a fatica, c'ho l'uggia (ho fastidio) addosso, e proprio non mi sento bene.
Il camino tira, come a volersi ingollare (ingoiare) quella legna secca che gli do con regolare attenzione.
Il vento fischia tra gli infissi nuovi, e questo vuol dire che tira davvero forte.
Potrei dare fuoco a qualche pressa di fieno, piazzata qua e là per la vigna, ma sai dove mi porterebbe il fumo?
Sarebbe inutile con questo vento.
Mia moglie prova a non pensarci, mentre a me scappa un'imprecazione, e poi un'altra, e poi forse un'altra.
E' freddo in casa, figurarci fuori.
Io vò a letto, mi dice lei.
E chi dorme stanotte, dico io.
Tanto non gli si può fare niente, dice lei.
Non son nemmeno più buono a pregare, dico io sotto voce.
Lei mi guarda e sorride: mi sa che m'ha sentito.
Lei va a letto, io mi faccio una camomilla, doppia, e ci affogo una cucchiaiata di miele vernino, bello salato ed amaro di edera, e mi piazzo davanti al camino, intontito dal danzare di quella fiamma.
Ma il sonno non arriva.
Ulula la cagna davanti all'uscio, e siccome non c'è luna piena, e siccome non passa un'autoambulanza, allora ulula al vento, e questo vuol dire che è davvero forte.
Non reggo, e mi vesto.
Non reggo e sòrto (esco) di casa.
Come coltelli accidentati, il vento mi taglia la faccia, e gli occhi si tengono a fatica aperti.
E' freddo, un freddo schifosamente accidentato, che t'arriva addosso come fosse una scarica di botte.
La cagna rientra nella cuccia, mi scodinzola mentre la raggiungo per tranquillizzarla.
Sono le due e mezzo, e come un bischero sono accovacciato ad abbracciare quella bestiola infreddolita: non dovevo toglierle la paglia dalla cuccia, e mi cruccio per questo.
Vado a prendere un pò di fieno, con la torcia accesa tra le mani infreddolite, e le capre belano al sentirmi arrivare.
I cipressi si scuotono e lasciano cadere le coccole vecchie, che come grandine m'arrivano sulla testa e tutt'intorno.
Il rombo del vento è assordante, ed ho sempre più freddo: questo è un vento da sotto zero, mica storie...
Mi sbrigo, a fatica prendo il fieno e lo riporto nella cuccia, lo rinterzo e corro in casa.
Batto i denti, accidenti a me, roba da pigliare un malanno: c'ho i lacrimoni agli occhi che tengo a fatica aperti.
Mi siedo praticamente dentro al camino, e se io in due minuti ho preso tutto quel freddo, le mie piante?
Loro la giubba pesante non ce l'hanno mica!
Penso al frutteto nuovo, penso alla vigna...penso ancora alla vigna.
Se accendessi adesso una pressa di fieno, mi se la fumerebbe tutta il vento, tirandomela chissà dove: è inutile e pericoloso.
Non posso fargli niente a questa vigna.
Sono le quattro, ed il mal di testa mi impone di andare a letto.
Mi accuccio accanto a mia moglie, lei dorme.
Speriamo un bene.
...
Sono le sei, ed ho la scusa per alzarmi.
Apro la finestra del bagno, e nell'orto ancora non vedo la brinata.
E come poteva brinare con questo vento?
Guardo i gradi nell'aia, all'aperto: siamo a meno tre.
Meno tre.
Meno tre...
...
Sono le sette e mezzo, imbacuccato m'infilo nella vigna davanti casa.
Il primo filare, salvo... una, due, tre, quattro cinque...ventuno, ventidue...trentasette...sono sane qui le piante, bene!
Hanno retto!
Infilo nel secondo filare, bene le prime venti, poi...la prima fogliolina accartocciata, un'altra, ed un altra ancora.
Alzo gli occhi, non l'avevo ancora fatto.
Davanti a me le giovani foglie sono accartocciate, già grige.
Ne tocco una, si sbriciola.
No.
No!
Salto nel terzo filare, poi nel quarto...nel sesto...nell'ottavo.
Tutta la parte esposta tra il Nord ed in Sud-Ovest è...gelata.
Ci saranno almeno duemila piante bruciate dal vento.
L'erba, laddove l'ho lasciata a copertura, ha fatto il suo dovere, e lì le foglioline non si sono gelate.
Mi gira la testa.
Appoggio il ginocchio in terra, e son solo.
Mi scappa da piangere, e sono stupito.
Mi guardo intorno, non mi vede nessuno...non mi sente nessuno, non trattengo le lacrime.
E' la prima volta che mi succede in vigna.
Non mi trattengo, e non mi scappa neanche una bestemmia, niente, non so dire nulla, ma tiro su col naso, mi rialzo, e guardo la parte sana, esposta a sud, coperta dalla collina del podere proprio da quel tremendo grecale così assassino.
Un terso della vigna è stato azzerato, un altro terzo è abbastanza compromesso.
Ma non è finita, ci sono le piantine del frutteto da controllare.
Affretto il passo, mentre il sole parrebbe volermi scaldare le mani.
Sono le nove e mezzo, e davanti a me ho una, due, dieci, ventidue piante bruciate dal vento.
Il mio fruttetino, mi ci son voluti dieci anni per poterlo fare, maledetta la sorte: prima la siccità, ora la gelata... quelle che camperanno saranno indistruttibili, ma...camperanno alcune?
Devono campare, maledetta la sorte!
C'ho il magone.
Ma non è finita, è no, ci sono le vigne in basso, quelle nella valle.
Prendo la macchina, e come un pazzo guido incurante del fatto che correre non mi serva a nulla, e che è anche molto stupito.
Vedo la prima vigna: è già tabacco.
Un'ettaro e mezzo di...tabacco.
Le buttate più lunghe (circa trenta centimetri) sono tutte afflosciate senz'anima.
Le buttate più giovani (circa tre, cinque, otto centimetri) sono marroni e grigie, ed a toccarle si sbriciolano.
Tutto color tabacco.
Sono le undici, ho visto tutte le vigne, e quelle più a sud si son salvate.
Quelle con lo sbocco a nord non ce l'hanno fatta: il danno che non ha fatto il vento l'ha fatto la brinata, qui in basso.
Che faccio ora?
Parlo con la mia moglie, e questa volta è lei a consolarmi, lei che di gelate nella vigna ne ha già vissute due.
Per me è la prima, così.
Torno al Podere e salto subito sul trattore: devo terminare di lavorare la terra sotto a queste povere piantine.
Devo dargli calore.
...
Sono le sei e mezzo, è quasi sera, sono cotto di stanchezza.
Non mi sono fermato neanche per mangiare...neanche per pisciare.
Il sole raffresca, il vento rinforza.
Rientro in casa, è l'ora di cena: mi scollo di dosso la polvere e provo a mangiare qualcosa: abbiaqmo degli amici a cena, e devo pur sorridere un pochino.
Rido ad una battuta, rilancio con un paio delle mie.
Si sfanga (supera) la serata.
Sono le undici, il vento rinforza.
Devo provare a dormire: sono le due, crollo.
...
Mi sveglio, sono le sei e mezzo, è tardi.
Corro alla finestra, non c'è vento, ma...
...la brinata.
La Brinata!
No, la brinata!



Io ho provato a raccontare quelle che sono state trentasei ore di angoscia, paura, delusione, arrabbiatura.
Trentasei ore che ti cambiano l'annata.
Trentasei ore che non me le scorderò finchè campo.
Ma cosa è successo dopo quelle trentasei ore?
Abbiamo preso la macchina, io e mia moglie, e siamo letteralmente scappati dal Podere, certi che rimanere lì avrebbe rappresentato l'affogare in un dramma che non era comunque "la fine".
Non volevamo ingigantire ulteriormente quanto già era abbastanza grande.
E non potevamo fare nulla, solo aspettare.
Via dal Podere, con la complicità di babbo che si è fatto carico degli oneri ed onori.
Via per un giorno e mezzo, poco distanti da casa, ma accolti dai nostri cari Amici, protetti a tratti.
Al ritorno il sole era caldo, era domenica sera.
Lunedì e martedì ho fatto il trattamento con la propoli, in dose abbondante, solo alle vigne che hanno subito la gelata (tanto quella di brina quanto quella di vento).
Mercoledì ho terminato di lavorare la terra, anche nel frutteto, ed ho aspettato che quel tempo di burrasca portasse la pioggia.
Giovedì ha piovuto, e la vigna ed i campi tutti hanno bevuto.
Venerdì ed oggi sono state giornate piuttosto asciutte, ma le temperature sono ancora molto basse.
Le viti sono ferme, e questo forse è un bene.
Penso a quelle lacrime versate, e non me ne vergogno.
Non mi era mai successo prima d'ora, e m'è capitato proprio con quelle viti con cui tanto litigo durante l'anno, così basse, così delicate, così...necessarie per la mia vita.
Un rapporto che è nato in un obbligo velato, spinto dalla speranza di poter cambiare le cose, e proprio grazie a quelle viti...e sopratutto alla vigna del Podere, tutta la mia vita è cambiata.
Io, che mai avevo avuto empatia con questa pianta, seppur fossi un estimatore del suo nettare, delegavo sempre ad altri i lavori e le attenzioni di cui necessitava.
Ma poi l'Amore mi ha spinto a fare un sospiro, e chinarmi all'ascolto: negli ultimi quattro anni della mia vita ho imparato a trascorrere tanto tempo nella vigna, ed ho fatto prima pace e poi amicizia con questa pianta dalle mille risorse.
La Vite, che ha il nome così strettamente legato alla "Vita", ce la farà anche questa volta, lo so.
Il Sangiovese è una pianta dalle mille risorse, me lo ripeto ogni volta che deve affrontare una tribolazione, e si riprenderà, magari dando meno frutti, magari scadendo un pò nella qualità, ma non mi tradirà, ne son certo.
Sento il peso della mia responsabilità, ma sento anche i limiti delle mie possibilità d'intervento: non potevo fare di più.
Per le varietà più in basso l'incognita è più grande, ma la Vite è comunque una pianta che ha tanta forza e  resilienza.
Tante le viti che hanno sofferto, troppe quelle che potrebbero perdere l'annata, ma adesso posso solo osservare nell'attesa che questa mi lancino un qualche messaggio.
Nel frutteto le piantine secche ricacceranno? Non ne ho idea.
I fiori dei vecchi meli sono gialli ed appallottolati, e di mele se ne mangeranno poche quest'anno.
La campagna è anche questo.
Tutto questo per quella botta di dicembre che in un aprile che sa di maggio proprio non t'aspetti...e che fa i suoi danni.







mercoledì 19 aprile 2017

Quella botta di dicembre che in un aprile che sa di maggio non ti aspetteresti

La Natura è strana, e si diverte sempre a smentirmi...
Non meno di una settimana fa ero qui a scrivere di quanto questo Aprile urlasse di Maggio inoltrato: le rondini...le api...i fiori...la siccità.
Ebbene, al 19 di Aprile, questa è la situazione: temperatura che è improvvisamente precipitata dopo l'acquazzone di ieri pomeriggio (improvviso e piuttosto consistente) e vento di grecale discretamente forte.
Tutto in 3 ore: alla mattina con babbo abbiamo preparato la copertura dei semensai, consapevoli che in questi giorni il "rischio brinata" avrebbe potuto far dei danni, c'era il sole, senza un alito di vento.
Alle 12:30 lui è tornato a casa da mamma, fuori contavo le rondini che volavano alte, e nessuna nuvola all'orizzonte faceva pensare che quella sarebbe stata un'altra giornata di caldo.
Alle 13:30 si è rannuvolato, e mezzora dopo s'è fatto buio.
Alle 14:30 la prima pioggiarella fina e leggera, poi più pesante, ed in meno di dieci minuti un vero e proprio nubifragio, con il vento che rafforzava.
Alle 15 c'erano le pozze nell'aia, tirava un vento boia, era buio, e si sbucciava dal freddo.
La pioggia è andata avanti sino alle 17, ma il freddo di ieri sera è un freddo dicembrino.
Oggi peggio che mai: c'è il sole, ma spicca una tramontana tesa e la minima registrata è stata di 1°C.
Per domani (e sopratutto dopodomani) è prevista la temperatura sotto zero.
...che dire?
Questa è la Natura, e non sono tanto preoccupato per le settanta piante di insalata che babbo ha sapientemente protetto nell'orto, e nemmeno per i prati che stanno letteralmente scoppiando nella loro fase vegetativa, ma...semplicemente per "tutto il resto".
La situazione è questa: tutte le piante di olivo sono in fase di premignola, ossia con i bocci pronti a fiorire, ed una freddata adesso rischierebbe di seccare ogni speranza di fiore...e quindi frutto (momento peggiore non ci sarebbe per accogliere questo fenomeno meteorologico).
Il frutteto, appena impiantato, sta gemmando, ed ancora immerso nella crisi idrica non sopporterebbe mai questo freddo improvviso (temo...moltissimo per queste cinquanta piante giovani e molto indifese).
Tutti gli alberi da frutto sono in fase di post allegagione o hanno comunque frutti: vento più freddo vorrebbe dire che le piante scaricherebbero a terra la futura frutta.
La vigna, ancora con l'erba alta, è la cosa più complicata da gestire, perchè: se togli l'erba togli la protezione dal vento...ma se non togli l'erba (in caso di brinata) mantieni il ghiaccio vicino alle gemme ed ai germogli, amplificando il danno.
Ho quindi scelto di tagliare l'erba nella vigna in basso, protetta dalla tramontana, con la certezza che li il vento freddo non tirerebbe mai, ma che il rischio brinata sarebbe molto alto (è in un fondovalle). Ho anche deciso di lavorare la terra (con un estirpatore a molle) in modo da dare al terreno maggiore velocità per riscaldarsi dopo un'eventuale brinata.
Nella vigna alta il discorso si fa diverso: non temo tanto la brinata (che comunque potrebbe attaccare in alcune zone marginali) quanto il vento freddo, che qui tira sempre molto forte, e quindi ho lasciato l'erba alta a protezione...sperando di avere fatto la cosa giusta.
Penso alle centinaia di opinionisti e professori che, passando lungo la strada asfaltata, vedranno e giudicheranno il mio operato, certamente scuotendo la testa e pensando che le mie valutazioni siano assai errate...
...ci penso, sorrido, e medito di apporre un grosso cartello bianco con su scritto "Cordiali vaffanculo", dando così effettivamente il giusto motivo per poter parlare del sottoscritto.
Ma anche gli animali risentono e risentiranno di questo calo di temperatura: le galline non ci capiranno nulla e rischieranno di interrompere la deposizione delle uova, oppure di raddoppiarla...salvo poi rallentarla drasticamente.
La chioccia, che finalmente si era decisa ad acchiocciarsi in pace, adesso avrà la sua prova di "fedeltà e di carattere": spero che ce la faccia a resistere.
I tanti gerani e fiori coloratissimi che mia moglie ha messo in vaso subiranno le conseguenze, ma credo in modo limitato visto che sono posti in un posto abbastanza protetto.
Peggio per le rose, tante, tutte in boccio, o con rami giovani e tenerissimi.
E noi?
Il camino è acceso, e l'acqua nel boiler è pronta anche all'accensione dei termosifoni: legna ne ho da vendere, e non tremo certo per questa freddata. Ma la felpa pesante ed il giaccone invernale sono stati subito recuperati nell'armadio, e la papalina è in testa a proteggermi da quel bel malditesta che ultimamente mi fa visita ogni sera.
Staremo a vedere.

venerdì 14 aprile 2017

Pensieri a caso prima di andare a letto: aprile dolce dormire?

Aprile dolce dormire?
Oggi mi son svegliato più tardi del solito.
Questa insonnia non mi lascia grandi alternative, e se voglio essere "presente" in quello che faccio debbo concedermi delle pause:  dormire anche dopo l'alba rappresenta oggi il "vero lusso".
E' primavera, mentre fuori il mondo urla di un Maggio inoltrato, ancora le patate non gemmano e la vigna stenta a ripartire.
E' primavera, e la pancia che duole mi sottolinea quanto troppo velocemente io mi sia alleggerito nel vestire: indosso già quella camicia a maniche corte, con sotto la magliettina fina, e nulla più.
Ed è il quattordici di Aprile, ed il camino viene acceso a giorni alterni soltanto alla sera per mantenere la temperatura del boiler.
L'appetito è scostante, e la voglia di formaggio cresce a dismisura, alternata alla voglia di verdura fresca appena colta, di biscotti di Pasqua e di yogurt da condire.
Come un serpe che cambia la pelle, questa "mezza" (???) stagione mi fa tribolare, sempre: mi sento affaticato, molto più di quanto dovrei, e penso alla vigna da trinciare, alle patate da mettere, alla legna da spostare, gli olivi da spollonare... e mi sento ancor più stanco.
La visita dalle api oggi è stata molto lunga, e quel tasso bastardo mi ha fulminato tutti i telai a nido (e miele) della prima arnia, oramai da gettare nella spazzatura.
Le altre famiglie stanno tutte bene, alcune più delle altre, e la scarsa presenza di fuchi mi fa pensare che non ci siano sciamature in previsione.
L'ultima famiglia non ce l'ha fatta, ed ho definitivamente svuotato e ripulito l'arnia, predisponendola per una possibile futura cattura di uno sciame.
Il bilancio: cinque su sette, e debbo sentirmi contento di questo, visto che un tasso, ed una famiglia debole (sciamata da una famiglia già sciamata) sono le note dolenti di questa stagione invernale.
Garriscono le rondini, arrivate l'altro ieri al podere.
Bramisce il solito capriolo, puntando ai nuovi alberi da frutto, ma bloccato dalla nuova recinzione: dovrà farsene una ragione.
In casa c'è odore di fresco, di fuliggine, di pane e dell'olio di lino delle travi.
Fuori il glicine sta per sbocciare e mia moglie ha comprato nuovi gerani.
Devo comprare un rimorchio di ghiaino e spargerlo nell'aia e nella strada di casa, altrimenti al prossimo acquazzone saremo nuovamente nella mota (fango).
I capretti crescono, ed il pascolo intorno casa abbonda: ancora per un pò non debbo pensare alla mungitura.
La chioccia non si decide a fissare la cova, e da quattro giorni fa i capricci: questa stagione calda fa impazzire i polli e la deposizione è cosa assai irregolare.
L'ortica cresce rigogliosa, orgoglio dei trattamenti in vigna e trionfo della cucina di mia moglie.
Fuori la luna illumina l'aia a giorno, mentre la cagna vigila l'uscio di casa.
E' primavera, ed è notte adesso.
Mi affaccio alla solita finestra, mentre mia moglie si culla in chissà quale sogno, e la gatta curiosa sale sul davanzale per fare la ruffiana.
Non passa un'auto da almeno mezzora, e solo un aereo alto sciupa questa musica così confortevole.
Nuvoloni scuri si alternano ad ampie schiarite: la pioggia è solo un miraggio.
E' primavera, e domani dovrò annaffiare le piante del frutteto che rischiano di non farcela...neanche fossimo d'agosto: non ho ricordo di un marzo così asciutto, ed in 55 giorni ha piovuto solo due volte.
Domani sarà il venerdì santo, ma non ho fuochi da accendere: li cercherò nell'orizzonte nei poderi altrui alleggerendomi la coscienza con il ricordo dei fuochi passati.
Il melo davanti alla finestra del bagno è in fiore, ed i petali paiono d'argento sotto a questa pallida luce.
C'è odore di umido nell'aria, e domani mattina sarà tutto coperto di guazza (rugiada).
Domani, anzi oggi, Enne fa gli anni: magari faremo un'uscita in paese tra chiacchiere sul cane, gli olivi e la sua nuovo podere.
La vista si fa sfuocata, e le dita son pesanti nel battere su questa tastiera.
Forse ho sonno.
...
Son le due e mezza...provo a dormire...