Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

lunedì 29 dicembre 2014

La fine dell'anno 2014, tra lamento e condivisione

Avevo pensato di fare un post dedicato al "bilancio di fine anno"...
Pensavo quindi di parlare dell'annata agricola, delle spese sostenute, dei ricavi e dei guadagni...
Magari potevo anche parlare delle novità, delle paure, delle difficoltà, della fatica, degli obbiettivi, delle arrabbiature, ancora delle novità, ma...
Se mi avete seguito in questo "strano" 2014 avrete già avuto modo di capire che cosa possa essere stata la Vita Agricola, Anacronistica e non.
Quindi, con una bottiglia colma di buoni propositi, di obbiettivi, di volontà e di forza, mi appresto ad affacciarmi al nuovo anno, augurandomi solo tre cose
La Prima: che la stagione dia tregua, e che possa permettere di lavorare e produrre senza rischiare una polmonite ogni giorno o senza farsi lacerare dall'umidità.
La Seconda: che l'entusiasmo non venga mai meno, e che abbia soddisfazione nei nuovi progetti da intraprendere.
La Terza: che il fisico regga almeno quanto basta per farmi vivere la Vita che ho scelto di fare, senza nulla chiedere in più ed in meno.
Solo questo.
A tutti voi, un doveroso e sentito GRAZIE: in questo 2014 ho ricevuto tanti commenti, ed ho percepito (forse per la prima volta da quando ho iniziato a scrivere questo blog) la vostra partecipazione.
Io non ho faccialibro, non cinguetto, non condivido istantanee, e sinceramente mi sento poco social, ma questo blog è l'occasione che mi ha permesso di raccontarmi senza mettere la faccia, l'indirizzo o la partita iva.
Questo blog è l'occasione per confrontarmi, per "liberarmi" e per rileggermi (cosa che non avevo mai fatto in vita mia), mantenendo la mia serena riservatezza.
Questo blog è diventato anche l'occasione per capirmi un pò di più.
E quindi grazie a tutti voi, alle vostre testimonianze, alle vostre critiche, al vostro affetto, al vostro scetticismo ed al vostro silenzio: in questo anno siete stati dei compagni di viaggio graditi ed interessati, e per questo mi impegno ufficialmente a condividere sempre di più la mia Vita Agricola, le mie Scelte e le mie Idee.
Auguro a tutti una Buona Fine ed un Buon Principio.
A rileggerci il prossimo anno...

martedì 23 dicembre 2014

Caro Babbo Natale...

Caro Babbo Natale,
Anche questo Natale è arrivato, e sono al trentacinquesimo...
Seppur siano spuntati i primi peli bianchi nella mia barba, io continuo a vedere questo periodo dell'anno con occhi di bimbo, e torno quindi a scriverti la consueta "letterina" che troverai accanto al camino con mezzo bicchiere di rosso (l'altro mezzo me lo sarò bevuto io...), il mazzetto di carote per le renne, ed una fetta di pane casereccio con la salciccia.
Sarò sfacciato a chiedere, ma penso che la fantasia ed il desiderio possano convivere anche in queste parole che lascio per te, sicuro di non offendere nessuno e di avere voglia di "sorprese...desiderate".
Per prima cosa penso agli abitanti del mio paese, e proprio come ho scritto nel mio Blog, VORREI che i giovani si rinsvavissero un pochino, e provassero a sentirsi temerari, audaci ed alternativi anche rimanendo a lavorare le campagne dei propri nonni (o degli amici dei nonni): con una motosega e qualche tanica di miscela potrebbero far legna per le loro famiglie, ripulire quelli che un tempo furono campi rigogliosi, e darsi tempo e modo di fantasticare su quanto potrebbe essere fatto lavorando tutti i giorni all'aria aperta. 

Lo vorrei davvero tanto, e questo sarebbe un regalo grande per tutti...e sopratutto per loro.
Poi penso agli agricoltori della mia zona, e VORREI tanto che si svegliassero una mattina senza l'idea di usare a prescindere SCHIFOSERIE CHIMICHE (dalle quali oramai pare che siano diventati dipendenti...): vorrei tanto che si disintossicassero le idee, e provassero (almeno una volta) a pensare all'Agricoltura come all'interazione dell'uomo e della Natura, e non come all'assidua (e compulsiva) ricerca del "tanto" a scapito del buono e sano, concependo i campi come i banchi di un laboratorio.
E magari VORREI anche che tornassero a mangiare il pane fatto in casa, le uova e la carne che non sappiano di pesce, il vino che sappia di uva e non più del solo gusto "legno vanigliato e metabisolfito di potassio", ed i pomodori rossi e saporiti e non quelli che abbiano la taglia (ed il sapore) del cocomero. Vorrei solo che lo facessero...anche solo una volta, giusto per provare "gli antichi sapori", e dar respiro al loro fegato, stomaco e spirito.
Un'altra cosa che VORREI è che quei motociclisti che la domenica passano sotto casa mia spendessero un pò meno soldi per la benzina ed un pò di più per portare fuori a cena le proprie mogli e fidanzate: le moto sono belle, ma sfrecciare a tre volte tanto il limite consentito dalla legge, per di più terrorizzando i miei animali (che non si abitueranno mai a cotanto frastuono continuo ed incessante) oltre ad essere illegale e pericoloso, magari è anche oneroso. Vorrei solo che considerassero questo aspetto, mi basterebbe.
Poi VORREI tanto che le forze dell'ordine, magari i vigili del paese, giusto per rimpinguare le misere tasche del Comune in agonia, venissero a far quattrini proprio sotto al mio podere...di domenica, proprio con gli amici motociclisti di cui sopra. Credo che sarebbe raggiunto un equilibrio perfetto!
Poi, Caro Babbo Natale, VORREI TANTO che un pochino piovesse dove ce n'è di bisogno...mi basterebbe un pochino, magari dando tregua a noi poveri disgraziati che non sappiamo più come gestire le campagna: si piantarono le viti e gli ulivi senza sapere che si doveva puntare sull'allevamento della ranocchia e dell'anguilla...
Penso anche agli Amici. e per loro vorrei cose semplici.
Alla coppia che se ne vuole andar via dall'Italia, AUGURO che trovi soddisfazione e pace ovunque desideri, che facciano la "Carriera all'Estero" che evidentemente tanto desiderano, che siano felici assieme, e che mangino e bevano sempre cose buone (ma su quest'ultima cosa temo che anche tu possa fare poco...).
All'Amico Senzacasa, AUGURO una serenità fatta di pareti di muratura e di un tetto sopra la testa, magari lontano dalle tribolazioni e con la possibilità di viver meglio i suoi quasi trent'anni.
All'Amico Enne VORREI che la vita riservasse ancora tante sorprese, e su tutte quella che un giorno "non si senta più uguale a qualcun'altro" , ma unico al mondo...quale per fortuna è sempre stato (anche senza sapere di esserlo).  E gli auguro di trovare la pace nella quotidianità e nelle piccole cose, magari fatte di tanta Campagna e Amore.

Poi penso alla famiglia, e Caro Babbo Natale VORREI .... vorrei semplicemente rinnovare le richieste che faccio ogni anno, aggiungendo magari che una macchina nuova per babbo e mamma non sarebbe poi male.
E per me e mia moglie?
Desideravo prendere un cane per le capre, ed è arrivato un gatto...
Desideravo un ciuco, e si è rotta la macchina...

Desideravo prendere quel bel rudere nella montagna, e tra un anno scadrà il contratto d'affitto della casa...
Insomma, ho quasi timore a chiedere qualcosa, visti i precedenti.
Ma ci riprovo, stoico e sognatore quale sono: VORREI una sicurezza (anche mezza mi andrebbe bene) per la casa, giusto per non pensare di dover ripartire da zero entro breve tempo.
VORREI  un cane da tenere con le capre, che mi possa fare la guardia per i predatori a quattro zampe (ed anche quelli a due zampe...).
VORREI un ciuco...un somaro...un asino...chiamalo come ti pare, ma te hai capito.
Per il resto...VORREI  che, terminata la lettura di questa letterina, tu passassi dalla camera e tu mi venissi a salutare, proprio come facesti quando ero bimbo: mi ricorderò sempre di quel momento, e da allora ho sempre confidato di riuscire a vederti di nuovo.
Sarà un segreto tra noi, visto che il cane è sordo e mia moglie dorme come un sasso: egoisticamente, questo sarebbe forse il regalo più bello che VORREI ricevere.
Tuo
A.A.


Ed a voi, lettori abituali che non scrivete mai interventi, affezionati che portate sempre i vostri saluti, passanti occasionali, scettici che scuotono la testa, Amici in incognita, affezionati e non...a voi tutti AUGURO che Babbo Natale possa portarvi quello che più desiderate, e che possiate condividerlo con le persone a voi più care.
Buon Natale a tutti dall'Agricoltore Anacronistico

domenica 21 dicembre 2014

Inizia l'inverno, mentre i giovani abbandonano le campagne

Vorrei provare a dire la mia su un argomento che ho volutamente evitato sino a quest'oggi.
Abbiate pazienza se anche questa volta non metterò foto accattivanti o non parlerò di argomenti simpatici e leggeri.


"Ti rendi conto che non c'è più lavoro in Italia, e che tutti i giovani devono scappare all'estero? Ti rendi conto che te vivi sul tuo poggetto di felicità mentre tutto intorno i giovani sono vittime di un sistema che non li vuol vedere progredire? Ti rendi conto che la tua campagna è oramai finita e che non c'è speranza? Ti rendi conto che l'unica alternativa è fuggire via?"
Capita che un pomeriggio anche il sottoscritto si prenda licenza dal podere, e se ne torni in paese (nella piazza) a fare una passeggiata, e capita che ci siano occasioni per confrontarsi con alcuni coetanei.
Non parlerò del mio Paese d'origine, visto che la sua storia è pari a quelle di tanti paesi italiani dove la chimera del turismo non ha partorito nulla se non buon propositi svaniti poco oltre le bocche dei tanti paesani che l'hanno pronunciati.
E non parlerò neanche dei più alti problemi che questa Nazione ha, e di come si potrebbe e dovrebbe fare per superarli.
Vorrei invece parlare di questo fenomeno: la fuga dai paesi da parte dei giovani.
Fuggire via, a prescindere, lasciando quello che si crede un paese "morto" alla ricerca di una felicità fuori dall'Italia.
"Non c'è più posto per noi giovani...non c'è più lavoro qui!"
Quanta rabbia...quanta tristezza spingono un ventenne ed un trentenne a dire questo.
Mi guardo attorno, e vedo decine e decine di cartelli Vendesi appesi nei portoni, attività commerciali chiuse, e la piazza vuota.
Ricordo che da ragazzo (e non parlo di 400 anni fa!) si andava in Piazza con ogni stagione, ed ogni pretesto era buono per far capannello o fare lo struscio nel corso.
Pioggia, neve, estate, caldo...sempre lì, ogni pomeriggio.
Mentre oggi solo pochi extracomunitari e pensionati sostano all'ombra del palazzo comunale o nei tavolini del bar.
Un immagine che molti di voi conosceranno benissimo, comune appunto alla maggior parte dei Paesi italiani, ma il punto rimane questo: perchè i giovani sono scappati? 
Parliamo dell'agricoltura.
Esco dal paese per tornare al podere, e quello che vedo sono una moltitudine di campi incolti, abbandonati, boschi da tagliare, poderi da ristrutturare.
Ed allora penso: ma perchè non restare per lavorare qui, nella campagna intendo, in questi campi che hanno un padrone ma che non hanno una mano che li lavori?
Perchè fuggire, quando qui ci sarebbe ancora lavoro?
Ci sarebbe il lavoro, perchè lo vedo io come lo possono vedere gli altri: eccolo qui, intorno alla strada che percorro ogni volta.
La dove un tempo saliva alto il grano, s'udivano i campani delle pecore, c'erano orti ed animali, oggi tutto è fermo, lasciato.  Ma la terra è ancora buona, perchè questo accade?
Arrivato a casa ne parlo con mia moglie: lei a differenza mia ha girato il mondo, si è laureata, e sopratutto ha avuto la voglia di "fuggire via dal Paese".
Le chiedo perchè sia tornata, e lei mi risponde con la sua sempre disarmante semplicità: "Per apprezzare un luogo devi allontanartici, lo devi lasciare, per iniziare a cercare la felicità altrove. Sino a che ti renderai conto che quello che vedrai sarà sempre in paragone a quel luogo che hai lasciato, e che un giorno ti sveglierai sentendo che quel luogo te ce l'hai dentro...che quel luogo sei te. E quindi ritorni, ed hai pace perchè ti sei ritrovato."
E' difficile per me citarla, visto che il suo italiano è cento volte meglio del mio, ma son certo che il senso di queste parole lo si sia inteso ugualmente.
Mi guardo attorno, e vedo tanti (troppi) giovani che hanno perso le speranze, e che ristagnano nelle famiglie di appartenenza in attesa di qualcosa che (forse) mai passerà.
I più sicuri invece scappano, il più lontano possibile.
"Cosa hai fatto in Australia in questo anno di permanenza?" Chiedo all'amico ritrovato dopo tanto tempo.
"Che esperienza! Pensa: sono arrivato e subito mi hanno trovato un lavoro. Che meraviglia!" Risponde lui entusiasta ed orgoglioso.
Ma quando chiedo che tipo di lavoro abbia fatto, questo è quanto le mie orecchie hanno capito: "Ho lavorato in una coltivazione di ananas. Coglievamo ananas tutti i giorni, piegati sui campi per molte ore al giorno sotto il sole che ardeva. Poi sono entrato in un azienda che produceva vino, ed ho fatto la vendemmia: giorni e giorni a tirar su cassette d'uva, a scaricarle e ricaricarle, a cogliere e seguire il cantiniere! Che emozione! Poi ho anche lavorato in una stalla: pensa, mungevo le mucche. Che buono quel latte!"
Non riesco a descrivere l'espressione basita che la mia faccia aveva mentre tali parole mi folgoravano sin dentro i nervi ed i tendini.
Mi trattengo dall'arrabbiarmi, e con voce pacata e profonda:"No scusa, fammi capire: te sei andato dall'altra parte del mondo per fare quello che avresti potuto fare qui? No, scusa, ci deve essere un senso che io proprio non riesco a comprendere, perdonami. Qual'è?"
E dall'altra parte parte una filippica sul bisogno di andare...di lasciare...di mollare e mollarsi tutto dietro le spalle...di rinascere altrove.
Certamente questa risposta mi soddisfa (perlomeno in parte), e comprendo meglio il gesto, ma subito chiedo: "E adesso? Adesso sei tornato con un mestiere (anzi...tre) nelle mani, e quindi..."
Lui mi interrompe, e con un sorriso forzato mi dice: "...e adesso mi rilasso. Infin dei conti ho lavorato un anno nei campi, non so se hai presente. Adesso mi rilasso...mi godo le attenzioni di babbo e mamma...gli amici...magari mi farò pure la ragazza, e per un pò staccherò dal lavoro...almeno sino alla prossima estate, poi vedremo."
Eccolo qui: venticinque anni, mantenuto da babbo e mamma, ha provato per un anno il duro lavoro dei campi, e adesso campa di rendita per altri sei mesi.
Una scelta.
Intanto penso a quei campi incolti, ed agli altri amici che sono andati a Londra a fare i camerieri, a Barcellona a lavorare nei callcenter, in Nuova Zelanda a parare le pecore, in Australia a fare la vendemmia...e continuo a pensare a quei campi incolti.
Ognuno ha il suo percorso di vita, le proprie ambizioni, i propri sogni...e guai a far la morale a tutto questo.
Ma ancora una volta io non capisco...
Credo che molti di voi mi troveranno ottuso, ma perchè quei campi non possono più essere lavorati da un giovane del luogo?
Penso alla vendemmia, e a quando è impossibile trovare un giovane del paese che abbia voglia di impegnarsi; penso al tribolamento per convincere altri giovani a venire a cogliere le ulive; penso alla scacchiatura ed alla sfemminellatura delle vigne ed a quanto lavoro ci sarebbe.
Ed ecco che devo chiamare l'amico agricoltore e chiedergli il numero della squadra di vendemmiatori che l'anno precedente lo hanno aiutato: tutti albanesi e rumeni, e solo uno su cinque capisce qualche parola di italiano.
Vengono a fare il sopralluogo, gli faccio vedere la vigna, e gli spiego cosa vorrei fare, ma per farmi intendere ci vuole mezza giornata, e non si tratta solo di un problema di lingua ma anche di "Approccio": loro sono macchine da guerra, abituate a cogliere qualsiasi tipo di grappolo, e non comprendono il senso della "Scelta dell'uva...dei ripassi...dello scattivare il grappolo".
Diventa impossibile collaborare, e quindi desisto.
Ma mi chiedo: chi coglierà l'uva? E le olive? Chi mungerà le pecore e le condurrà al pascolo? Chi arerà la terra? Chi taglierà il bosco? Chi porterà avanti l'Agricoltura nella mia zona?
Il lavoro c'è, eccome...perlomeno qui, perlomeno in Agricoltura. Ci vuole sacrificio, costanza, e passione: non posso pensare che i giovani della zona abbiano perso tali caratteristiche.
Il lavoro c'è, ed è duro, ma prendere dei terreni in comodato d'uso gratuito oggi non è un utopia (anzi), e si abbatterebbero diverse spese nella gestione di un fondo; a detta dei vecchi, non c'è mai stata tanta terra disponibile quanta ce n'è adesso.
E se poi non bastasse, ci sono le aziende agricole, grandi e piccole che siano, che cercano manodopera per i lavori stagionali.
Non sarà molto, ma è una partenza: credo che un giovane che ancora non è sposato e non abbia figli, possa permettersi (considerando che continuerebbe a stare da babbo e mamma) di impiegarsi in lavori del genere.
Poi magari la passione potrebbe spingerlo a fare di più, e magari a prendere in gestione una realtà agricola, magari a consorziarsi con altre piccole realtà, magari a collaborare con altri giovani agricoltori.
Penso a quei campi, e penso all'amica che desidera andare a fare la cameriera nella periferia di Londra.  Penso alla piazza semivuota, ed a quante giovani braccia, cervelli e cuori sono lontano dalle proprie radici.
Forse penso troppo...
...meglio che torni a lavorare.
Lascio a voi gli approfondimenti del caso.




Oggi 21 dicembre è il primo giorno d'inverno, mentre fuori c'è umidità e vento fermo, in casa la stufa ed il camino rallegrano gli animi e riscaldano il corpo.
Tra qualche giorno sarà Natale, e le temperature saranno sopra la media del periodo: ancora si trovano i funghi nel bosco, c'è sempre odore di umidità nell'aria, ed il susino davanti la finestra di camera ha almeno una cinquantina di fiori.
Il freddo arriverà...deve arrivare, ma per adesso l'inverno è iniziato soltanto sul calendario.
Auguro un Buon Inverno a tutti, tanto a quelli che son partiti che a quelli che son rimasti.


giovedì 4 dicembre 2014

Dalla Bellezza alla Diversità: cronaca di un viaggio nella Capitale

Ogni mio post è sempre stato legato direttamente al mondo dell'Agricoltura, al mio modo di vederla e farla, ed alla mia vita in questo mondo.
Ma questa volta devo "uscire dal seminato" e condividere con voi un'esperienza che mi è accaduta non troppo tempo fa.


Erano anni che con mia moglie dicevamo di prendersi una pausa e di andare a visitare la Capitale: sono sempre stato il primo ad avere curiosità di farlo, e da almeno dodici-tredici anni mi riproponevo la volontà di una visita turistica alla Città Eterna.
Ebbene, senza troppo indugiare, e sotto l'organizzazione della moglie (estremamente più dinamica del sottoscritto e mai povera di entusiasmo), siamo pariti con l'auto (prestatami da babbo perchè la mia oramai non è più in grado di reggere tali "emozioni") alla volta di Roma.
La foratura all'imbocco del GRA non ci ha scoraggiato minimamente, ed anzi ci ha fatto sorridere non poco: ogni volta che ci muoviamo succede qualcosa, ed oramai la prendiamo con filosofia quasi come a dire "stavolta abbiamo già dato, adesso tutto andrà benone".
Il traffico di questa città è qualcosa di...enorme, e con la nostra macchina ci sentivamo una lumachina in mezzo a tutta quella frenesia: guardavamo i palazzi affacciati sulla tangenziale, e ci domandavamo come facessero a vivere in tutto quel frastuono, mentre le auto suonavano all'impazzata ed i motorini ci sorpassavano in ogni direzione.
Trovato parcheggio ci siamo da subito ambientati in quella che sarebbe stata la nostra "residenza" per qualche giorno, e poi subito alla volta della metropolitana.
Confesso che non era la prima volta che la prendevo, ma dopo molti anni mi ha fatto parecchia impressione scender giù sottoterra ed incastrarsi tra la gente (tanta gente) dentro a quel trenino che accelerava e frenava, ri-accelerava e ri-frenava, ri-ri-accelerava e ri-ri-frenava.
Quanti odori in quel vagone, e quante facce diverse, senza che nessuna si osservasse: tutti quegli sguardi fissi verso il basso, contemplando i telefoni cellulari che ognuno aveva tra le mani. Nessun libro...nessun quotidiano...nessuno che si scambiasse sorrisi di cortesia o parole di circostanza, nulla se non occhi fissi su quegli schermi colorati. Gente che entrava ed usciva dai vagoni sempre con lo sguardo fisso su quei cosi ben stretti tra le mani.
Una volta a piazza di Spagna abbiamo sentito Roma, che ci ha accolto con tante persone straniere che ci gridavano qualcosa di incomprensibile, porgendoci delle specie di bacchette di metallo.
Io non capivo, e c'è voluta mia moglie per comprendere di che cosa si trattasse: "Selfii...Selfii...Selfii!" Ma che strano romano che parlavano, ed accaniti continuavano a bloccarci il passaggio brandendo sotto al nostro sguardo quei così di metallo.
Ho pensato che si trattasse di uno di quegli aggeggi che si usano per prendere i barattoli nei ripiani più in altro (una specie di manina meccanica).
Ma poi l'orda di giapponesi che avevamo alle nostre spalle ci ha svelato l'arcano: la bacchetta serviva per metterci il telefonino...oops, scusate lo smartphone, e per farcisi gli autoscatti (Selfii..).
La cosa mi ha fatto sorridere, perlomeno all'inizio, ed era buffo vedere tutte quelle persone che si autoscattavano tenendo il proprio smartphone su questa bacchetta.
Non gli ho dato troppo peso, ed abbiamo proseguito la visita in Via Condotti.
Li ho contati: ci hanno raggiunto ben 14 di questi venditori, solo in Via Condotti.
Siamo stati a Roma per quattro giorni, ed a dirla tutta abbiamo girato come dei matti, dai Fori Imperiali, al Vittoriano, da Piazza Navona a San Pietro, da San Giovanni al Colosseo: non c'è stato un attimo, uno scorcio, un monumento, una piazza dove non siamo stati raggiunti da questi venditori.
Non sono qui a scrivere del disturbo, anzi: salvo due occasioni dove me li hanno sbatacchiati sul naso, la cosa mi lasciava piuttosto indifferente.
Ma quello che invece non mi ha lasciato indifferente è stato l'utilizzo di questi cosi di metallo e sopratutto di questi nuovi telefoni.
Un esempio: per vedere la Bocca della Verità c'era una fila di almeno quaranta persone, e c'era un signore (paziente e gentile) che faceva procedere le persone in fila indiana sino alla scultura, e si rendeva disponibile per fare scattare le foto con i telefoni dei turisti.
Dei quaranta in fila, io e mia moglie eravamo evidentemente gli unici a non avere uno di quei cosi, e lo sguardo sorpreso del signore che gestiva la fila (sommato a quello delle altre persone in fila dietro di noi) l'ha detta lunga su quanto fossimo veramente strani...doversi...fuori dal tempo...anacronistici.
Per noi il divertimento è stato quello di mettere a turno la mano in quella bocca, e farsi una domanda a testa per vedere se dicessimo la verità: ridevamo, ma la gente ci guardava incredula.
"Ma che hanno fatto a fare la fila 'sti due che manco avevano il telefonino" ho intercettato mentre uscivamo...
...pure nel Colosseo, mentre noi due giravamo liberi all'interpretazione della visita, masse di persone incastrate come in un tetris si autoscattavano (naturalmente muniti di bacchette) in una raffica di flash che facevano luce pure in quella buia giornata di novembre.
Ma la prova più grande l'ho avuta durante la visita ai Musei Vaticani, e sopratutto nella Cappella Sistina, dove gli addetti all'ordine dovevano sgolarsi per ripetere (giuro...fino alla nausea) "No picture, No Video. No foto, no video"
La solennità del Giudizio Universale, lo struggimento della Creazione di Adamo, la commozione per tutte quelle opere di Michelangelo, del Botticelli, del Perugino e di molti altri...tutta quella magia Unica al Mondo...tutto era disturbato continuamente dai richiami fatti dai tanti addetti.  Non bastavao i cartelli, no, non bastavano i richiami: la gente DOVEVA fotografare, e lo faceva in modo quasi compulsivo, incurante dei richiami e dei partaccioni (rimproveri) a cui erano sottoposti...nulla, dovevano farsi il "Selfii" anche lì sennò stiantavano (altrimenti sarebbero scoppiati).
Quanto mi sono incazzato...perdonatemi, ma non trovo altro termine per descrivere il mio stato d'animo.
Perchè?
C'è qualcuno che me lo spiega il perchè?
Per dire: "Vedi, c'ero anche io?"
Ma che ti cambia mi chiedo, non basta più quello che i nostri occhi, la nostra mente ed il nostro cuore ricordano? Non basta più tutto questo per dare credito al ricordo condiviso? La gente se non lo vede non ci crede più che uno è stato a Roma, o cosa?
Siamo così stregati dell'istantaneo-socialiero di internet che ALL'ISTANTE si deve far vedere ad altri dove siamo e quello che facciamo?
Non lo so...io non riesco a capirlo: a trentacinque anni io non riesco a capirlo.
Mi chiedo: ma la gente che fa così si gode veramente la visita di tali luoghi, Colosseo o cappella Sistina che siano, o piuttosto...GODONO DI PIU' nel mostrare ad altri quello che fanno?
Tutto questo mi pare così...esibizionista.
...
Guardavo La Pietà di Michelangelo nella Cattedrale di San Pietro, e provavo reale commozione, mentre gli occhi mi si bagnavano davvero davanti a quella scultura che amo da tutta una vita.  Ero lì, con mia moglie accanto, la pelle d'oca, in silenzio ad osservare la Bellezza, ed ancora spintoni perchè c'erano "Selfii" da fare.
Perchè? Tutto questo mi pare che porti ad un inaridimento delle emozioni, o mi sbaglio?

Non sono qui per giudicare nessuno, sono qui solo per raccontare questa esperienza, sicuro che troverò gente disposta a spiegarmi quanto non riesco a comprendere: forse la mia mente è troppo semplice per capire...forse sono troppo antico per capire...ma eppure io di Roma mi porto un bagaglio di emozioni mai provate, un carico di Bellezza che pare essere infinita, senza neanche una foto scattata con il cellulare.

Alla sera, quando stremati rientravamo verso la "residenza", nell'attraversare le strisce pedonali mi accorgevo di una cosa: le facce degli automobilisti si illuminavano di blu o altri colori... Approfittavano della pausa (immaginate poi che pausa) per farci attraversare per scrivere sui propri telefonini, o per consultarli, salvo poi scattare subito dopo il nostro attraversamento. Questo ogni sera, ma immagino che sia cosa diffusa anche nelle ore diurne quando le luci camuffano quanto accade dentro le automobili.
Torno da questo viaggio con il piacere di avere visitato un luogo bellissimo, lontano dallo sdegno delle buche nella strada, piuttosto della sporcizia o di chissà quale altro problema metropolitano.
Torno da questo viaggio con tanta confusione in testa perchè forse vivo proprio fuori da questo tempo, perchè io non riesco a capire che cosa ho che non vada, dove le persone più care a me hanno faccialibri, taggano, cinguettano, si "Selfiiano", condividono all'istante, si piacciono a vicenda...ed io mi sento smarrito in tutto questo perchè continuo a non capire.

Voglio fare una confessione, e lasciarla indelebile su questo mio scritto: mai come adesso mi son sentito Anacronistico.
Non sono triste, ma certamente confuso.
Non sono certo migliore di nessuno, sono Diverso, e continuo a non capire.


Ed intanto le temperature iniziano ad abbassare, le foglie sono quasi tutte cadute, e nell'aria si inizia a respirare appena un pizzico di inverno.
Ma i Sasselli ancora non  si sentono cantare, l'acqua degli animali non vuol saperne di gelare al mattino, e sui monti neanche una mezza nevicatella si è ancora appoggiata.
E' dicembre, e scrivo mentre camino e stufa bruciano legna di leccio e carpino, mentre la gattina gioca con le stringhe dei miei scarponi, e mentre fuori si odono tuoni in lontananza.