Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

lunedì 7 agosto 2017

storia di podere: la nana muta ostinata

Ci sono storie Semplici, che sono direttamente narrate dalla Vita al Podere.
Storie che narrano di un quotidiano visibile all'Agricoltore, e che riescono sempre a stupirlo.
Storie che hanno, all'interno della loro modestia, le più grandi e sorprendenti emozioni legate alla Vita.
Storie che inteneriscono, storie che fanno sorridere, storie che tolgono la parola, storie che danno vantaggio alla lacrima.
Una di queste è quella de La nana muta ostinata.
Non avendo un bimbo a cui raccontarla, per adesso la affido a questo angolino di mondo, sperando che magari qualcuno la possa pigliare in prestito per raccontarla al proprio un bimbo di casa.


"Al Podere erano tanti gli animali, e tutti vivevano le proprie vite legati tra di loro, ma ognuno con i propri ruoli.
Loro non parlavano la lingua dell'Agricoltore, ma da lui si facevano intendere ugualmente, reclamando le sue attenzioni o allontanandolo quando questo era inopportuno.
Vivevano la notte ed il giorno, passando dai sussurri ed i silenzi  del buio, ai suoni e rumori fatti sotto il cielo che si colorava del mattino.
Nel loro risveglio l'Agricoltore ritrovava il proprio risveglio, ed erano loro che gli comunicavano il trascorrere delle ore e che tipo di giornata sarebbe stata di lì a poco .
I due galli iniziavano a competere, cantando la propria gloria e autorità, almeno un'ora prima che il sole sorgesse. Grazie a loro l'Agricoltore, che ancora rimaneva al comodo del suo letto, sapeva quanto gli rimanesse prima della levata mattutina.
Era poi il turno delle galline, che come il sole spicchiava dietro alla collina, iniziavano i propri fraseggi competendo tra di loro tra chi più alto poteva sostenere la propria voce. Esse non si davano pace, e continuavano, sempre sovrastate dai due galli, sino a che l'Agricoltore non apriva loro la porta del pollaio, debitamente chiusa ogni notte per preservarle dalla faina, dalla volpe e dalla martora.
A quel punto queste uscivano, compiendo il rituale del giro del pollaio, come a cercare qualche cibaria nascosta alla sera precedente, o come a controllare il perimetro di quella casa che tanto sapeva proteggerle.
Proprio mentre era ancora nel pollaio, era il tacchino a farsi sentire, ma sempre dopo che l'Agricoltore aveva aperto il varco verso l'esterno dei giacigli notturni: sbatteva le ali per sgranchirsi un pò, ed iniziava quel gloglottio ripetitivo che subito attirava l'attenzione delle tortore appollaiate sul ramo del vicino cipresso.
Un dialogo vero e proprio, tra quel grosso pennuto così attaccato al terreno, e quelle leggiadre creature avana che a quanto pare avevano molto da dirgli ogni mattino.
Anche i piccioni della voliera iniziavano i propri dialoghi, poi toccava ai pulcini che sortivano dal piumaggio di mamma chioccia ed avviavano i propri coretto, e poi era la volta delle due papere: quest'ultime non si sarebbero chetate sino al tramonto, accompagnando ogni loro movimento da quel continuo chiacchiericcio che tanto faceva da sottofondo ai suoni del Podere.
Un vero e proprio mercato, con un'esplosione di suoni differenti e legati tra di loro, tanto da creare una vera e propria armonia.
Mentre dalla stalla veniva reclamata l'attenzione dell'Agricoltore, tra i vocalizzi dei capretti, ed i belati delle madri che attendevano l'uscita al pascolo, una mattina l'Agricoltore si accorse che la Nana Muta non era nel gruppo dei pennuti.
Lei, con quel suo pigolare afono e sussurrato, era rimpiattata in un angolo del pollaio, accucciata su se stessa, gonfia e vigile.
L'Agricoltore pensò che si fosse ferita durante la notte, e tendendo la mano per toccarla fu colpito da un beccotto d'avvertimento.
Controllando meglio non vide nulla di strano, e lasciò che questa continuasse a rimanere in disparte, passando poi alla stalla dove era reclamato anche dal Becco che brandiva le corna contro la parete della stalla e belava facendo eco nell'orto dietro casa.
L'Agricoltore, uscito dalla stalla dopo aver ripulito e governato le proprie capre, si fermava sempre qualche istante ad ascoltarle in quel loro mugolare di piacere, mentre con le bocche piene di fieno buono, parevano sottolineare quanto piacesse loro quella colazione così abbondante e saporita.
Era poi la volta della cagna nera, che saltellante intorno all'uomo, non lo aveva mai abbandonato un attimo: quel tozzo di pane secco era il premio mattutino per essergli stata accanto senza far danni, ed al momento che lo riceveva guaiva abbassando il capo in un gesto di profonda gratitudine.
I gatti, immancabili anche loro nell'aia al momento dell'uscita dall'uscio di casa, seguivano assai in disparte l'Agricoltore, salvo avvicinarsi solo al momento delle coccole alla cagna nera, accennando un tentennio di fusa, e qualche miagolio discreto di accompagnamento.
Dalla grandezza delle loro pance l'Agricoltore poteva intendere se avessero fatto una buona caccia notturna, o se fosse necessario integrare con qualche bocconcino preso dal rimasuglio della cena precedente.
Era così che avveniva, più o meno tutte le mattine, oramai da tanto tempo, e quei suoni, quei rumori, e quelle musiche condivano le ore dell'Agricoltore durante il suo lavorare.
Alla sera poi si ripeteva un nuovo rituale, fatto di movimenti, percorsi, suoni.
Prima del tramonto, qualche che fosse il periodo dell'anno, l'Agricoltore aveva da percorrere il medesimo lavoro della mattina.
Nella stalla delle capre, offrendo loro l'ultimo pascolo, mentre riempiva le loro mangiatoie per la notte.
I secchi d'acqua da ricolmare, le chiusure da controllare, e poi quei fischi bitonali, che facevano drizzare le orecchie alle capre, e davano loro l'avvio al rientro nella piccola stalla di legno.
I bubboli che dondolanti scampanellavano, segnavano l'avvicinamento degli animali che, sempre in fila indiana, e sempre secondo le proprie gerarchie, rientravano in stalla per il pasto serale.
Salvo i periodi di mungitura, in cui si sommavano i mugolii delle femmine durante la munta, erano ancora le capre al desinare a mugolare compiaciute per quel buon fieno che anche alla sera avevano trovato in stalla.
Di lì a poco solo qualche scampanellio avrebbe rotto il silenzio della notte, magari durante una grattata o le coccole di una madre ai piccoli.
Le galline, asserragliate di fronte alla porta del recinto, fissavano ogni movimento dell'Agricoltore in quell'intercedere durante l'avvicinamento a loro, e lasciavano dondolare le proprie teste sul ritmo del dondolio del secchio tenuto serrato nella sua mano. Lì dentro infatti c'erano le granaglie ed il pastone che costituivano il pasto unico della giornata, tanto ambito sopratutto nei periodi di magra al pascolo.
Un silenzio di tomba, tutte fisse come a sbarragli la strada qualora il secchio fosse rimasto fuori dal recinto durante il suo passaggio, ma non appena l'Agricoltore se lo tirava dietro, queste lasciavano lui il giusto passaggio per potersi recare dentro al pollaio.
Prima i pulcini, che saltellavano ovunque, pigolando a squarciagola mentre la chioccia ripeteva il suo richiamo a favore del trogolino oramai colmo di semi e semini.
Per secondi i piccioni, tutti sui trespoli, a fissarlo mentre lui cambiava loro l'acqua da bere e riempiva i trogolini. Nemmeno un sussurro, impietriti quasi da quei movimenti che erano preludio del loro desinare.
E poi l'attenzione quella sera cadde sulla solita nana muta, ancora accovacciata ed ancora attenta a segnalare la propria presenza.
L'Agricoltore si inginocchiò di fronte a lei, rassicurandola con un richiamo sussurrato, ed avvicinando lentamente la propria mano a favore del dorso bianco.
Lei, perchè si trattava di una femmina, viveva con l'Agricoltore oramai da molti anni, sette per l'esattezza, ed aveva una storia triste che l'Agricoltore non mancava mai di raccontare.
Ricevuta in regalo assieme ad un maschio, ed ad una coppia di quelle due papere bianche che mai si chetavano, questo regalo era stato destinato al pollaio assieme agli altri pennuti, vista l'abbondanza di spazio e pascolo a loro disposizione.
La coppia di nane mute (Il Nanone e la Nana) viveva piuttosto in disparte, ed aveva i propri angoli preferiti sotto ad un grande lauro o ad un pero selvatico.
Sempre lui avanti, a proteggerla da tutto e tutti, e lei a seguirlo, col capo chino ed obbediente compagna.
Lui, negli anni, aveva dovuto gestire l'audacia dei galletti che, nel loro farsi galli, volevano primeggiare su tutti; aveva fronteggiato, e sempre vinto, contro i ripetuti attacchi del papero bianco che, tra una chiacchierata e l'altra, tentava di corteggiare la Nana; aveva anche tenuto testa, sotto gli occhi increduli dell'Agricoltore, ad una faina che tante botte prese quel giorno dal bravo Nanone.
Tanto fu che l'Agricoltore decise di togliere la coppia di nane mute dal pollaio per dedicare loro uno spazio più ristretto ma ugualmente riparato, dove potessero vivere più tranquillamente il loro essere coppia.
Infatti, nel giro di poco tempo, la Nana depose le uova per la prima volta, e si mise a covare: avevano proprio bisogno di tranquillità, e per due anni ne ebbero molta a loro disposizione.
Ma la cova non andava mai a buon fine: nonostante il soffice giaciglio di piumetto, la cova costante ed accurata della Nana, e la guardia incessante del Nanone, le uova non si dischiudevano mai.
Neanche l'incubatrice dell'Agricoltore seppe dare loro un aiuto.
Un giorno, recandosi dall'amico e vicino contadino, l'Agricoltore propose a lui uno scambio: Baleno, il suo gallo incrocio di Livorno e Ovaiola Rossa, per una nana muta.
L'amico contadino accolse la proposta, e l'Agricoltore tornò al Podere con una nuova femmina da aggiungere alla coppia.
La nuova femmina si integrò da subito, ed il Nanone fece il suo dovere sin dal primo momento, tanto fu che entro un mese la nuova nana iniziò a depositare le uova.
La Nana non fu da meno, e due furono le cove, vicine tra loro, mentre il Nanone vegliava attento.
Ma una mattina, al ritorno da un breve viaggio, l'Agricoltore fece l'amara scoperta: la volpe aveva approfittato di un passaggio nella rete, un taglio che l'Agricoltore non aveva visto, e aveva preso ed ucciso la nuova nana proprio mentre questa covava: le uova rotte erano testimoni di tutto questo, mentre il Nanone c'aveva rimesso la coda e sie era rotto una zampa ed un'ala.
Passato il momento dello sgomento, l'Agricoltore vide che la Nana tendeva il proprio collo verso quelle uova rotte, e ne fissava tre ancora integre: seppur sapesse che erano raffreddate, e che da troppe ore queste non erano state covate, l'Agricoltore le prese, le pulì col lembo della camicia, e le mise sotto alla Nana che alzò l'ala capendo perfettamente quanto stesse accadendo.
Ricucito lo strappo nella rete del recinto, mise la cagna nera a guardia di quella cova, e sperò che la volpe non si ripresentasse di nuovo.
Ma anche quella volta le uova non si schiusero.
Il Nanone e la Nana fissavano quelle tante uova, parlottando tra loro, quasi come non sapessero darsi pace.
Anche il Nanone tentò di covarle per qualche ora, ma alla fine la Nana le discostò col becco dal giaciglio e si raccomandò all'Agricoltore: lui le tolse, una ad una, sotto lo sguardo attento della nana, mentre il Nanone buttava altrove il proprio sguardo.
Erano passati due anni, e l'Agricoltore decise di rinunciare a far covare questi due animali, e li rimise nel pollaio assieme a tutti gli altri pennuti.
Ed i giorni passarono, sempre accompagnati da quell'armonia di rumori e discorsi.
Ma fu un giorno di aprile che, in piena giornata, la volpe volle ritornare al pollaio, proprio mentre tutti gli animali pascolavano tranquilli.
Sorprese tutti, sopratutto la cagna nera che dormiva di fronte all'uscio di casa, e l'Agricoltore che era sul trattore a lavorare.
Le tante piume a terra raccontarono all'Agricoltore di una lotta serrata, e certamente il Nanone riuscì a tenere testa alla volpe ed a proteggere la propria compagna.
Quel giorno il gallo Mastro ci rimise una zampa ed un occhio, e fu seminato il terrore nel pollaio per molte ore.
Ma la Nana, silenziosa ed in disparte, rimase tutta la notte a vegliare alla rete per giaciglio notturno, attendendo il ritorno del suo compagno.
Ma il Nanone non tornò più.
La Nana continuò la propria vita, aggregandosi alle due papere, e sottomettendosi al volere di quel maschio, ma ogni sera ed ogni mattina accoglieva l'Agricoltore con quel suo scodinzolare e pigolare afono, e spesso lui le grattava la testa, o la governava in disparte osservandola.
Capitava che l'Agricoltore, una volta svuotato il secchio delle granaglie, si sedesse su questo, fumando un pò della sua buon pipa, e guardando proprio quella cara Nana che si era adattata alla sua nuova vita, vivendo sempre ai margini, e tentando di covare le uova che le galline deponevano a terra.
Già, perchè la Nana non seppe mai rassegnarsi, ed ogni occasione era buona per lei per tentare con la cova.   Cova che sapientemente l'Agricoltore interrompeva, rubandole l'ovetto di sotto alla pancia, ricevendo un beccotto sulla mano.
Sapeva che l'uovo di un giorno, presto sarebbero diventate quindici uova in tre giorni, e poi trenta in cinque giorni, e che poi le uova si sarebbero rotte (perchè troppe) e che le galline sarebbero impazzite cercando di beccare sotto alla pancia della Nana, certamente rischiando di farle male.
L'Agricoltore aveva accettato quella cosa, e col cuore piccino ogni volta le rubava le uova da sotto quel corpo tanto caldo e morbido.
Ecco che appunto, quella sera, la Nana rimaneva attaccata al terreno raccomandandosi di non disturbarla, ma l'Agricoltore, che già dalla mattina aveva notato tutto questo, decise di metterle la mano sotto per prenderle quello che sicuramente sarebbe stato un uovo di gallina.
Mentre le galline aspettavano di entrare nel pollaio per guadagnare il pasto, l'Agricoltore fece una strana scoperta: la Nana stava si covando si un uovo, ma questo uovo era marrone.
Un uovo marrone?
Come poteva essere?
Nessuna delle galline poteva fare uova marroni, e neanche la tacchina, le papere o la nana stessa.
La Nana lo becco forte, e si alzo su di un fianco, lasciando che l'Agricoltore riponesse quello strano uovo sotto la sua pancia.
Lui eseguì basito.
Entrarono le galline, e la porta del pollaio fu serrata.
L'agricoltore non disse nulla alla moglie, e tanta era la voglia di venirne a capo che trascorse tutta la notte a leggere e rileggere libri ed articoli di giornale, senza capire di quale uovo si trattasse.
L'indomani, alla solita ora, il solito rituale, e dopo aver aperto il pollaio vide che la nana era ancora lì, immobile.
Lui la scostò appena, e vide che ancora quell'ovetto era ben covato.
Lui non capiva...e trascorsero almeno tre giorni prima che riuscisse a venirne a capo.
Si confrontò con l'omino del negozio dei mangimi, con il vicino contadino, e chiese pure per telefono all'amico fattore: nulla.
Quell'ovetto marrone proprio non capiva da cosa fosse venuto fuori.
E poi l'illuminazione...
La moglie dell'agricoltore, qualche giorno prima, come sovente faceva, cucinando aveva tentato di "insegnare" all'Agricoltore ad apprezzare anche gusti che non fossero propri della sua terra e delle sue tradizioni.
Lui, stoico ed ottuso, rimaneva sempre convinto che le ricette storiche e tradizionali fossero le migliori, ma poi cedeva sotto quegli occhi amorevoli e curiosi della moglie, e si prestava all'assaggio di cibi provenienti da altre culture ed altri paesi.
Nel tempo aveva scoperto il curry, il riso basmati, il cumino, lo tzatziki, il mango, lo zenzero, il wasabi, il guacamole...
...e proprio pensando al guacamole di qualche sera prima, arrivò l'illuminazione.
Nel frigo ricordava di avere scorto quelle specie di "pere verdi lustre", che un paiod i volte all'anno comprava la moglie per fare il guacamole.
Queste strane pere si chiamavano Avocado, ed al centro avevano un grosso semone...proprio a forma di ovetto.
La moglie, come di norma, metteva gli scarti della frutta e della verdura in un secchio tenuto sotto all'acquaio, e certamente aveva messo anche quel grosso semone in quello che il giorno seguente divenne il pastone serale dei polli.
Scansato dai becchi delle galline, questo semone era rotolato chissà dove, e la Nana lo aveva chissà come portato nel pollaio, e messo in un giaciglio da lei costruito.
La Nana covava il semone dell'Avvocado.
L'Agricoltore dapprima si mise a ridere, ma poi fu preso da un grande senso d'affetto verso quella nana muta che ostinatamente continuava voler covare, e si precipitò di buon mattino a farle visita.
Appurato che la sua intuizione era stata giusta, decise di lasciare a lei quel semone, e di vedere se e come si sarebbe comportata nel tempo.
Trascorsero i giorni, le settimane, e dopo due mesi e mezzo il quadro fu chiaro.
Con ciclicità la Nana covava quel semone, salvo poi sotterrarlo in un angolo del pollaio per qualche giorno di tregua dove guadagnava il pascolo, e per poi dissotterrarlo e rimettersi a covarlo di nuovo.
All'Agricoltore tornò in mente quando era bimbo, e ciclicamente dormiva con quell'amata scimmia di peluche, salvo poi metterla nell'armadio per un periodo, e poi ritirarla fuori per altri sonni assieme a lei: sonni di affetto e di coccole.
Lasciò che le cose continuassero così, promettendo a se stesso ed alla nana che presto avrebbe preso per lei un nuovo compagno, ordinandolo dall'omino del negozio dei mangimi, nella speranza che questa volta potesse essere la volta buona."



mercoledì 2 agosto 2017

Sognando il fresco, il caldo schiaccia tutto

In trentotto anni di Vita, mai vista una siccità del genere.
Neanche più la polvere: tutto pare bloccato, solidificato, immobile...come schiacciato da questo forte caldo.
Nell'orto, un problema all'impianto a goccia che ha diminuito la portata d'acqua alle verdure, ha quasi compromesso tutto il raccolto: in poche ore le piante sono avvizzite, i loro frutti avvizziti, e gli steli accasciati.
Per fortuna, compresa la causa di questo problema, questa sera l'orto si è beccato una razione tripla di acqua.
Oggi, per la prima volta da quando abito al Podere, abbiamo toccato i 37°C nell'aia, ed i 26°C dentro la casa.
E' così caldo che le galline neanche più escono dal pollaio.
E' così caldo che le capre si sdraiano sotto la mangiatoia nella ricerca di un pò di frescura.
E' così caldo che le cavalle indietreggiano di fronte all'uscio aperto del loro box.
Nemmeno le cicale cantano.
...
Io guardo il camino, spento, e lo desidero acceso, con fuori dall'uscio una nevicata di almeno mezzo metro.
Apro il frigo, e penso alla brezza tesa del mattino in gennaio, quando la tramontanina ti affetta gli zigomi.
Prendo in mano un maglione di lana, e penso a quando mi ci ne vogliono due per riuscire ad uscire di casa senza "rimanerci fregato" in un attimo.
E' caldo, da fare schifo anche a chi il caldo lo ama.