Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

martedì 12 giugno 2018

Storia di un giorno qualunque in un giugno storto

La sveglia del telefono ha un suono così...uggioso.
La sveglia del telefono però mi permette di alzarmi senza svegliare "le mie donne".
La sveglia del telefono mi ricorda che una giornata è appena cominciata, e che già devo sbrigarmi.
La faccia lavata con l'acqua fredda, la finestra del bagno aperta mentre fuori fa appena luce, il gallo che canta, il gallo "in seconda" che gli fa controcanto, i merli che si sgolano nei canti del mattino, il solito gatto che miagola alla finestra elemosinando chissà cosa.
La colazione è fatta velocemente, mentre abbottono la camicia, e serro la cintura dei pantaloni: una tazza d'acqua, tre o quattro biscotti, e via verso l'uscio di casa.
Il cappello di paglia ben calzato, il moschettone con le chiavi agganciato ai pantaloni, il coltello nella tasca destra, un cordino nella sinistra, l'accendino stretto in una mano.
Esco.
Aria frizzante, aria che si sente nel petto, è fresco, rientro e metto una felpa.
La cagna che scodinzola e si guadagna le solite carezze, mentre dei micini giocano dentro uno dei miei stivali.
Dai polli: apro il primo cancello, poi il secondo, e lascio che guadagnino l'ambito pascolo, mentre i billi (tacchini) giocano tra loro per stabilire chi sarà il capo per quella giornata.
La stalla, tra fieno e paglia, mentre la rondine lavora al nido, mentre il becco mi ricorda che è lui a voler uscire per primo.
La carretta dello sterco, i secchi con l'acqua buona, fieno in rastrelliera, capre da mungere, la schiena curva, il cappello che scivola in avanti, il secchio con il latte.
Passo dall'orto, gli zucchini crescono, le patate svettano, l'umidità copre il verde.
Spunta il sole dal poggio dietro casa.
Sento il caldo sulla faccia, tolgo la felpa.
Torno in casa, mia moglie che in vestaglia si appresta a pastorizzare il latte appena munto per la bimba. Un bacio, uno sguardo alla bimba che ancora dorme.
Ed ecco...è a questo punto che inizia la mia giornata.
Lunga giornata, fatta di sedici ore di luce: ore che adesso vanno lavorate tutte.
L'erba da trinciare, gli attrezzi da accomodare, il trattore nel campo, il fieno, la vigna, la vigna, ed ancora la vigna.
Oggi pioverà?
Oggi pioverà, devo sbrigarmi.
Cammino nella vigna, e la peronospora continua a riproporsi: due settimane che tento di contrastarla, due settimane che vince lei, mentre anche i grappoli sono stati attaccati.
Lo sgomento dura poco, le imprecazioni durano di più, mentre stringo i pugni e tiro su col naso.
Come faccio?
Non mi sgomento più, ma una soluzione devo trovarla.
Guardo la vigna, ed è lei a raccontarmi di un'annata (l'ennesima) storta: quel caldo assassino in aprile, poi tre grandinate, ventitre giorni di pioggia consecutivi, la vigna allagata, l'erba che si mangia le viti, l'allegagione scarsa, le foglie martoriate, le pozzanghere perenni sotto ai filari.
Cammino nella vigna, e penso che oggi sarà una giornata migliore.
Prendo il trattore, preparo la botte, e scelgo come intervenire contro quelle macchie d'olio sulle foglie, contro questa avversità così bastarda e forte.
Anno di peronospora, mi dico, ed è come convivere con una gamba più corta: credi di abituartici, ma ogni volta che ti ci abitui poi ti ricordi che hai una gamba più corta, e non ne sei felice.
Anno di peronospora, con un vento caldo che porta oidio, ma domani raffresca e mette temporali, perfetto per la grandine.
E se grandina? Ho abbastanza propoli per le viti?
Guai a sgomentarsi, guai a fermarsi: testa bassa, e tacchi che sbattono sulle natiche: mica sono qui a passare il tempo io, forza.
Trattamento con rame, caolino, macerato d'ortica.
Ore di trattore, ore in una tuta che asfissia il mio corpo, salvo poi volerlo proteggere.
Il sole pigia sulla testa: possibile che ancora non mi sia deciso a mettere una tettoia a questo trattore?
Il verde slavato aumenta, le piante stentano, rischiano di soffocare se non taglio l'erba.
Ma si affonda con il trattore, e penso che per limitare un danno ne farò altrettanti.
Esco dalla vigna, son solo, un panino e venti minuti di ombra, salvo poi riprendere, ancora, ed ancora sentire quel sole che pesa sempre di più sulla testa.
Finisco il trattamento, è pomeriggio, ed anche oggi non ho digerito quel panino.
Mi lavo le mani, e mi tolgo quella tuta che puzza di mucido (umidità e muffa).
Le mani odorano di mucido: le lavo ancora, lavo la faccia, lavo gli occhi ancor meglio.
Bevo acqua fresca.
Rabbuia: son nuvoloni di pioggia questi, ma doveva darmi maggiore tregua oggi.
Un tuono rompe il silenzio.
Una mia imprecazione lo rompe di nuovo.
Ancora un tuono, il vento si raffresca davvero, inizia a gocciolare.
Si, ma non farà niente.
Stoico io? Ma no, è solo una nuvola.
Ma quando passa questa nuvola?
La nuvola non passa, e piove, lavando via tutto il trattamento, lavando via tutto il lavoro, anche oggi: gasolio bruciato per niente, rame nel terreno per niente, e la peronospora ringrazia.
Piove ancora: almeno non ci sarà l'orto da annaffiare.
Si, ma quanto piove? Sono due ore che va avanti...
Smette, e mentre spiove un arcobaleno spunta a prendermi per i fondelli.
E' subito caldo, è subito nebbiolina nella vigna: maledetta quella miseria ladra, è come governare la peronospora.
Giro le spalle alla vigna, e mi porto in un altro lavoro.
Tra aia, officina, trattore, motosega, animali, trapano, arrivo alla sera: ma ci sono gli animali da fare, ancora.
Ripeto, all'incontrario, quanto ho fatto al mattino presto, oramai non so quanta vita pare essere passata da quel risveglio.
Sono stanco. Babbo arriva per...annaffiare l'orto, e sorrido pensando a quante scuse possa inventarsi un nonno per vedere la propria nipote.
La bimba urla e fa eco nel bosco davanti casa.
La cagna è in calore, ed il maschio è serrato dentro casa: il cane ulula, la bimba le fa eco, l'eco di entrambi nel bosco di fronte casa.
Mi fa male la testa: troppo sole, troppa pioggia, troppo caldo, troppe arrabbiature.
Inizia a scurire la luce: ancora orto, ancora animali, altro latte, altro fieno, altro sterco.
Mi devo fare la doccia.
E' quasi buio, e lo stomaco brontola reclamando qualcosa in più di un panino mal digerito.
La bimba ha cenato, la mamma la porta in bagno per cambiarla: sento che giocano, mentre ancora non sono rincasato.
Sedici ore fuori casa, una bimba che sta andando a letto: mi lavo ancora, mi cambio, la prendo in collo per poi metterla a dormire.
Mi stringe un dito, mi tiene a se, mentre la guardo beata in uno dei suoi tanti sonni: mi batte forte il cuore.
Mi sento in colpa perchè non riesco a stare di più con lei, mentre i giorni corrono, e di lei mi sto perdendo troppo.Mia moglie mi chiama: si cena, e ci si raccontano le giornate.
Gli occhi si socchiudono, ma la schiena duole troppo per andare a letto.
Traccheggio, mi trastullo davanti al camino spento, ascolto il cane che ha finalmente guadagnato sonno e pace.
Accendo il computer, e scrivo sul blog.
Tra quattro ore devo alzarmi, buona notte.