Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

giovedì 31 marzo 2016

Marzo pazzo, sino all'ultimo giorno

Iniziato all'insegna della pioggia.
Proseguito con temperature di molto sopra la media del periodo.
Poi evoluto in giornate di tramontana e sole fresco.
Poi caldo, improvviso.
Ed ecco anche la nebbia.
Una brinata.
Due brinate.
Ancora fresco e ventilato con venti provenienti da nord.
Poi assenza di vento, massime in aumento.
Poi sole.
Poi nuvoloso e scirocco, con umidità in aumento.
Poi variabile.
Freddo.
Molto freddo.
Neve sui monti intorno al podere.
Ed ancora fresco e sole.
Massime di nuovo in aumento.
E per oggi, giovedì 31 marzo, sono previste temperature massime tra i 22°C ed i...30°C

Marzo è pazzo...poc'altro da aggiungere.

mercoledì 23 marzo 2016

Le Mie Capre:la prima mungitura(2° parte)

Tre capretti, saltellanti, con una femmina destinata alla rimonta, e due maschi che avrebbero avuto destini distanti da quelli di Norma, così chiamai la capra robusta di Nilde... qui il resto della prima parte


...
Le settimane trascorsero veloci, mentre si allungavano le giornate ed il caldo tornava a padroneggiare.
Il primo capretto, quello di Iole, era divenuto un Becchetto assai vispo e determinato: a due mesi e mezzo già tentava di montare la madre, e seppur solo di un prematuro approccio si stesse trattando, dovetti presto separarlo dal resto del gregge.
Sin che son piccini e carini, poppano e belano, saltellano e zampettano possono stare con la madre, le altre femmine e gli altri maschietti, ma poi cambiano atteggiamento e da un giorno all'altro ci fanno capire che loro al mondo son venuti per fare i Becchi, e non i pupazzetti simpatici e coccolosi, e tutto cambia...
Parlerò di questo in futuro, e per adesso vorrei concentrarmi sulla madre ed il suo latte.
Una volta allontanato il figlio, la madre ha latte e necessità impellenti: la mammella deve essere svuotata.
Era la mia prima volta che "addomesticavo" una capra per essere munta, e non mi vergogno a dire che la Iole mi fece sudare sette camicie, e mi fece anche imprecare tantissimo dentro a quella stallina con poca luce.
Lei si lasciava avvicinare, toccare, accarezzare e mi aveva sempre permesso di starle intorno anche quando aveva il capretto...
...ma mungerla era tutt'altro che facile e scontato.

La prima volta.
Avevo allontanato il capretto al mattino, ed avvicinandosi l'imbrunire, entrai in stalla deciso, munito di sgabellino e secchio di metallo.  Lei scappava, come scapperebbe un bambino di fronte all'infermiera che vuole fargli una puntura.  Scappava, salvo poi rifermarsi, farmi accostare, e toccarle il bacino, le gambe, ma come sfioravo la mammella lei pareva avere l'argento vivo addosso.
Per prenderla dovetti usare la forza e l'inganno, e quei chicchi di mais nascosti nella mano mi aiutarono più di mille corde strette; ma ben presto il suo mangiare terminò, e quei due schizzi di latte (per giunta pure fuori dal secchio) non erano serviti ad altro che farla essere ancora più impaurita.
Mi sedetti, e ricordo perfettamente che lasciai che riprendesse fiato, mi si accostasse nuovamente a leccarmi il sudore (le capre impazziscono per il salato) e che riprendesse a mangiucolare un qualche chicco che mi era sfuggito dalla mano.
Come potevo CONVINCERLA senza spaventarla?
Come potevo farle comprendere che non volevo nuocerle ma solo darle sollievo?
Come potevo spingerla a fidarsi di me anche mentre le sfioravo la mammella tesa, gonfia e dolorante?
La spinsi con le braccia verso la parete della stalla, e con il mio fianco sinistro la tenni schiacciata e costretta in quella posizione.  Con una mano le presi la mammella, salvo poi ricevere il più grande calcione che un quattrozampe mi avesse mai dato sino ad allora.
Un calcio di capra non è certo un calcio di asino, né tanto meno di cavallo o di vitellone, ma è comunque un bel colpo, che se dato in posti strategici può rompere un braccio, fratturare le ossa della mano, far saltare i denti e...farvi cantare nel coro delle voci bianche.
Un calcio di capra fa male, ed io non me l'aspettavo così...doloroso (errore di valutazione).
Cadde il secchio, caddero i miei occhiali, caddi io, e la capra scappò dalla stalla: era tutto da rifare, mentre il mio torace aveva di che lamentarsi per le successive tre ore.
Son convinto che chi passò con l'auto nella strada asfaltata sotto casa, poté  udire e distinguere chiaramente tutte le imprecazioni che coniai appositamente per quel nuovo dolore.
Ma non mollai, e dopo cinque minuti ero di nuovo nella posizione di prima, con lei schiacciata al muro, ed io che la tenevo ferma.
Col cavolo che mi accostai con il viso, e questa volta il suo calcione fu lanciato a vuoto, come anche il terzo, il quarto e tutti gli altri trenta.
Aveva il fiatone.
Avevo il fiatone.
Nessuna tortura per lei: era in piedi, nella sua stalla, accostata alla parete e lì tenuta bloccata, ma libera di muovere testa, collo, zampe (quest'ultime sin troppo...appunto...).
La tortura la stavo subendo io, che mi vedevo soccombere contro una capra che DOVEVA ESSERE MUNTA, altrimenti avrebbe rischiato problemi.
Smettere repentinamente di mungere una capra può causare fastidiose, dolorose e spesso anche gravi forme di mastite, e tutto volevo meno che lei avesse dei problemi.
L'ultima poppata del suo figliolo, data circa dieci ore addietro, non era più sufficiente, e la mammella era bisognosa d'essere alleggerita.
Terminata le serie di calcioni, approfittai del suo riprendere fiato per agguantarle la mammella con la mano destra, mentre con la sinistra mi avvicinavo il secchio.
Mungere una capra era simile a mungere una pecora (disciplina che avevo imparato anni prima e che tanto mi riusciva), ma convincerla nella prima munta (lo ripeto) fu impresa assai ardua.
Uno zirlo (schizzo sibilante) di latte, un secondo, un terzo...e la Iole capì che non ero lì per nuocerla.
Mi concesse quasi un litro di latte, digrumando (ruminando) pacifica e mantenendo gli occhi sbarrati, ma comunque volle avere l'ultima parola...e serrando l'ultimo calcione della giornata mi scaraventò il secchio del latte dall'altra parte della stalla, lasciandomi letteralmente senza parole.
Avevo finito le imprecazioni, ed il frutto di tanta fatica era sulla parete ed il pavimento di quella stalla oramai buia.
Due ore mi ci vollero, per quel litro di latte.
La mungitura doveva essere effettuata due volte al giorno, e per una settimana e mezzo (una ventina di mungiture) non riuscii a portare in casa neanche una goccia di latte.
Vi lascio immaginare cosa volesse dire rientrare in casa, con il secchio vuoto, e la camicia fradicia, sapendo che il latte era stato versato in terra, o sporcato (regolarmente a fine mungitura) con la zampa posteriore, o oggetto di un'abbondante defecata, o scambiato per orinatoio.
Credo che fosse il suo modo per farmi dispetto, ma il suo essere tranquilla non appena io terminavo di mungerla, era disarmante: dispensava le solite attenzioni per me, e mi seguiva fedele senza lasciar intendere alcun tipo di rancore.
Poi un giorno decisi che era arrivato il momento di usare le maniere forti, e presi una fune seguendo i tanti consigli che i pastori della zone mi avevano dato: nella fretta di uscir di casa mi scordai il secchio, e presi un bricco di alluminio che avevo fuori dall'uscio di casa ad asciugare.
Entrai in stalla, la capra neanche vide la fune che mi spenzolava dalla sinistra, ed andò ad annusare quel bricco: mi si mise di fianco, immobile, come se la stessi costringendo, e posizionato il bricco non accennò alcun minimo nervosismo...e si lasciò mungere, come se stessi facendo la cosa più naturale e scontata del mondo.
Non commento...ma vi basti pensare che rientrando in casa avevo i lucciconi agli occhi tanta era la soddisfazione per aver trovato la soluzione giusta alla necessità (svuotarle la mammella) e l'opportunità (godere del suo latte).
Era bastato cambiare recipiente, e stupido io che non ci avevo pensato prima.
Mai legai quella capra, e mai legai le altre.

La mungitura è un momento delicato, intimo direi, tra l'animale che concede il suo latte e le mani del mungitore, che si fanno sensibile ed attente ai tanti segnali che la mammella lascia intendere.
La pressione, il movimento, il ritmo...tutto in un equilibrio che da capra a capra cambia, e che vien lasciato intendere.
Che sia un secchio, che sia una specifica posizione, che sia un suono: ogni capra ha la sua specifica richiesta.
La Nilde invece non aveva grandi pretese: per lei, oramai con la femmina sola da allattare (il maschio fu macellato), aveva molto latte da darle (dove prima poppavano in  due adesso poppava una sola), e non si curava delle mie mani: ogni tanto andavo ad accarezzarla, ed emettevo un suono con la bocca tanto da abituarla.
Un giorno, dopo svariati mesi, Norma si poteva dire svezzata, e quindi ne approfittai per separarla dalla madre ed iniziare a "sottrarle" quel latte che comunque non pareva più apprezzare molto.
Nilde faceva meno latte rispetto a Iole, ma a differenza di quest'ultima lei non era impaurita da un secchio ne tanto meno dai miei gesti: a lei bastava solo essere alleggerita.
Due capre da mungere, una nuova abitudine da prendere, e quel latte così profumato da utilizzare in qualche modo.
Per primi vennero gli yogur, e fu mia moglie a cimentarsi in questa fase, poi i primi formaggi a pasta molle, e poi la prima simil robiola.
Ma di questo ne parlerò in seguito.
Una delle prime mungiture di Iole





sabato 19 marzo 2016

La prima rondine dopo il "diversamente inverno"

Oggi venerdì 18 Marzo, la prima rondine.
Con 14 giorni di anticipo rispetto al 2015 (ne parlavo QUI ), con 21 giorni in anticipo rispetto al 2015(era l'8 di aprile), con 10 giorni di anticipo rispetto al 2014 (era il 28 di marzo), con 12 giorni di anticipo rispetto al 2013 (era il 28 di marzo), con 16 giorni di anticipo rispetto al 2012 (era il 3 di aprile)...
Rileggo nei miei appunti, impilati e stretti nelle agende degli anni passati, e tutto questo mi porta a riflettere su quanto questo "diversamente inverno" se ne sia ufficialmente andato via.
Proprio questa mattina, parlando con babbo delle semine, constatavo di quanto la Natura fosse in anticipo, e di come quest'ultima settimana trascorsa nel freddo avesse rallentato la folle corsa della Primavera.
"Gli pole avè ffatto solo bene!" (può avergli fatto soltanto del bene) la considerazione che regnava ogni sera chiudendo lo scuro e strappandolo al grecale che me lo inchiodava alla facciata del Podere.
Sette giorni senza pioggia...sette giorni con le minime anche al di sotto dello zero...sette giorni di asciuttore (tempo asciutto)...sette giorni di un Febbraio mai venuto.
Le constatazioni sulla luna che è in ritardo, e sulla Natura che è in anticipo...ed alzando gli occhi questa sera, mentre parlavo al telefono con Enne, l'ho vista,
"C'ho una monachella che mi ronza sul capo...si, si, sò arrivate in anticipo" mentre anche Enne faceva considerazioni su quanto quel freddo passato avesse potuto solo far del bene alle piante.
Quella che chiamo (sbagliando) monachella altri non è che la classica rondine dalla pancia e petto bianchi, ed è la rondine pioniere, che in solitudine arriva ogni anno al tramonto, a raccontarmi dell'arrivo delle sue sorelle.
Poco prima dell'imbrunire ho ascoltato a lungo il merlo, che "cantava a caldo", ossia aveva i classici e lunghi canti della bella stagione.
Tra non molto dovrò seriamente pensare di ripulire l'orto da quell'erba così grassa ed alta, e girar la terra per le semine ed i trapianti.
Ma il camino è ancora acceso, mentre la stufa tace oramai da 5 giorni.
Oggi le capre al pascolo parevano matte, mentre due api mi ronzavano intorno in cerca di fiori buoni.
Nell'aria c'è un profumo dolce di fiore bianco, ed i petali trasportati dal vento mi dicono che è iniziata l'allegagione dei susini mirabolano sotto la vigna.
E' primavera, c'è poco da aggiungere.

mercoledì 16 marzo 2016

Problema: Commenti NON PUBBLICATI in automatico sul Blog

Da circa una settimana sto riscontrando dei problemi su questo Blog.

Ricevo sulla mia posta elettronica (come da me impostato) l'avviso di ognuno dei vostri Commenti, ma a quanto pare alcuni NON vengono pubblicati.

Qualcuno di voi ha riscontrato il medesimo problema?
Avete consigli su come ovviare a tale problema?
...devo arrabbiarmi?

venerdì 11 marzo 2016

Le Mie Capre: il Mio Inizio (1° parte)

Come è già accaduto per i polli (I Miei Polli: l'inizio), nella mia vita di Agricoltore (ed Allevatore) altri animali hanno avuto (ed hanno tutt'oggi) tanta importanza ed attenzione.
Senza dubbio Le Capre sono, senza nulla togliere ai Polli, gli animali che allevo con maggiore passione ed impegno.
Allevare una capra è senza dubbio assai più impegnativo dell'allevare dei polli, seppur di animale con spiccata rusticità si stia parlando: questo, come tante altre ovvie questioni che eviterò di annoverare, mi ha impedito di iniziare questo percorso in età adolescenziale, quando ancora per denaro, logistica e possibilità dipendevo dai miei genitori.
"Una Capra non è un cane", e la frase dettami dal mio babbo la diceva lunga sulle concrete possibilità di allevare questo ruminante, visto che neppure il cane mi era stato concesso.
Nella mia adolescenza di "futuro Agricoltore" non c'erano ne spazio ne tanto meno gli altri presupposti per imbarcarsi in questa avventura, e come per tante altre cose avevo semplicemente deciso di...aspettare, e sapermi accontentare di quanto già avevo.
Ma ogni volta che vedevo una capra in televisione (o ancor di più dal vivo) sentivo quel tuffo al cuore tipico di chi Ama incondizionatamente qualcosa che non può avere, e trascorrevo pomeriggi interi a fantasticare su come sarebbe stato se io avessi avuto "spazio e presupposti" per poterne allevare almeno una.
A scuola, durante le ore di zootecnia, facevo molte domande sulla questione alimentare, e mi interessavo delle razze e delle loro caratteristiche fisiche e produttive: ricordo con divertimento le tante volte in cui il professore faceva dell'ironia su questa mia passione, dicendo che prima o poi sarebbe arrivata l'inevitabile domanda sulle Capre da parte del sottoscritto.
Durante gli anni dell'Università questa mia Passione pareva essersi sopita, e non sentivo più così evidente la scelta di allevare Capre nella mia "futura Azienda": il non trovare una razza autoctona pareva essere l'impedimento maggiore, e stavo mollando quel desiderio che da tanto mi tiravo dietro.
Ma poi arrivò il Podere, ed arrivarono le possibilità: spazio, tempo, capacità erano a mia disposizione, e le prime due capre presto si aggiunsero ai tanti polli bianchi e all'orto che faceva da cornice alla casa.
Ma quale razza?
Impossibile reperirne una autoctona, in quanto non esisteva una razza autoctona della mia zona.
Impossibile reperire una razza autoctona di zone limitrofe, in quanto neanche in questo caso ne esisteva una.
Pareva (ed effettivamente è così) che non ci fosse stata una selezione (o adattamento) tanto nella storia quanto nella tradizione agricola, da parte di questo stupendo animale.
Le capre c'erano sempre state, ma solo di passaggio (con le transumanze dalle montagne verso alle pianure del mare), o allevate in numero esiguo per fare il latte di casa (in sostituzione del latte vaccino): la pecora aveva così tanto spazio nella storia agreste che forse aveva offuscato la capra ed un suo possibile sviluppo.
Minare la mia convinzione che "la saggezza dei vecchi era imprescindibile" stava divenendo una consuetudine quando parlavo di questo animale, ed il "non trovare un valido motivo per cui non avrei dovuto allevare Capre" era in forte contrasto con la mia convinzione.
Semplicemente...me ne fregai, e decisi che Rusticità e Reperibilità nella zona sarebbero state le Regole da seguire nella scelta delle Capre da allevare.
Le Saanen, le maggiori produttrici di latte allevate in ogni angolo d'Italia, bianche e con quelle mammellone così generose, non mi piacevano: le vedevo troppo delicate e forse più adatte ad una stabulazione fissa o a pascoli meno accidentati dei miei.
La mammella che strusciava quasi a terra si sarebbe certamente rovinata con i tanti pruni, arbusti e sassi che avevo di contorno ai pascoli ed al bosco; e sinceramente non mi interessavano quelle quantità di latte, ma puntavo piuttosto alla concentrazione delle sostanze che avrebbero reso (a mio avviso) un formaggio assai più saporito e gustoso.
Le Maltesi, tenere dagli orecchi ad "olandesina", riuscivo a trovarle in zona, ma sempre in allevamenti a stabulazione fissa, ed oltretutto male si adattavano ai freddi inverni che all'epoca regnavano al Podere.
La Ionica, capra più robusta delle precedenti, dal lungo pelo e senza corna, poteva fare al caso mio, ma non era molto reperibile sulle colline, e trovavo pastori disposti a venderne solo di vecchissime ed oramai a fine carriera.
Nessuna razza Pura per me, e quindi ripiegare sulle meticce fu l'unica scelta possibile.
Iole e Nilde arrivarono in un freddo pomeriggio di Gennaio.
Iole, divenuta ben presto la capobranco, era  una meticcia con sangue di Girgentana, Saanen e chissà cos'altro, alta e snella, zucca (senza corna) e dal temperamento assai caparbio, bianca con macchie grigie, ed una curiosa strisciolina marrone sulla testa.
Nilde, una gregaria e madre perfetta, era una meticcia con prevalenza di sangue Camosciata delle Alpi, alta e zucca, con temperamento più mite rispetto alla sua compagna, meno famelica e più silenziosa.
Queste due furono il Mio Inizio.
Una stallina ricavata in un angolo riparato sotto ai cipressi, tavole, pali e bandoni, con un cortiletto tutto per loro e la possibilità di entrare e di uscire quando più lo desideravano.
Tanto fieno a loro disposizione, un pascolo occasionale improvvisato attorno alla casa, e tutta la mia esperienza teorica ed inesperienza pratica.
Quelle due capre erano state acquistate per pascolare, riprodursi, fare latte e regalarmi quella montagna di cacca di cui tanto necessitavo.
Il letame di Capra, da molti bistrattato, se maturato a dovere è un ottimo ammendante per la vigna, gli olivi e l'orto: era fondamentale per me, e sopratutto in quel momento necessitavo di una certa "quantità di qualità".
L'impegno iniziale era piuttosto limitato: alla mattina la visita in stalla, l'apertura del "cancellino" (deputato a separare la parte notte dal recinto attorno alla stalla), un breve controllo per vedere se tutto era apposto, la pulizia o sostituzione della lettiera (fatta rigorosamente di paglia d'orzo o di fieno scadente), il ricambio dell'acqua, il governo con il fieno; alla sera ancora fieno, occasionalmente quel pugno d'orzo (in chicchi), la chiusura del cancellino...
...e così via, di giorno in giorno, sino a che ci fu la prima nascita.
Era un sabato pomeriggio, e le mani fredde non trovavano pace in quel loro sfregarsi a vicenda.
Sentii Nilde belare, e la cosa da subito mi parve assai strana, visto che Nilde aveva belato solo il giorno che entrò nella sua nuova casa: avvicinandomi alla stalla sentivo di sottofondo il respirare affannato di una delle due, ed i richiami che Nilde mi mandava erano una chiara richiesta di assistenza per Iole.
Entrai nella stalla, mi tirai su le maniche, e mi accovacciai accanto a Iole che non pareva affatto disturbata dalla mia presenza, ma che respirava affannosamente: Nilde le stava di fronte, specularmente, ed emetteva dei piccoli e brevi belati, come a scadenzare il ritmo della respirazione della sua compagna partoriente.
Iole spinse non appena mi accostai, e quanto doveva uscire pareva essere bloccato.
Non mi feci troppi problemi, e quello che avevo solo letto e riletto divenne semplicemente automatico per me.
Senza esitare aiutai quel capretto ad uscire: il caldo del suo corpicino fumante, quell'odore di ferro e viscere, le mie mani insanguinate, e la madre che si girava da subito a leccarlo, mentre Nilde assisteva adesso silente.
Quel momento, esattamente quel momento, è e rimarrà indelebile nella mia mente: avevo fatto nascere il mio primo capretto.
Era un maschio, molto più grande di quanto mi aspettassi, e messo a terra si lasciò annusare da entrambe le capre.
Iole mi belò, con un belato lungo quasi come fosse un sospiro, ed appoggiatomi il muso sulla mano insanguinata, mi annusò ripetutamente e poi prese a leccarmi.
Appoggiare quella mia mano sul corpicino unto del capretto appena nato, servì a farla concentrare su chi doveva essere ripulito ed accudito, mentre la fedele Nilde pareva scaldarlo con il fiato.
Rimasi lì, con quelle lacrime di bimbo che salate andavano a perdersi nella barba, mentre quel momento diveniva indelebile nel mio cuore.
La placenta fu espulsa quasi subito, e tutto trionfante me ne uscii dalla stalla con quel budello tra le mani, pronto per portarlo nella concimaia.
Era nato il primo capretto, ed io lo avevo fatto nascere.
Nel suo futuro vedevo un possibile scambio con un amico allevatore, che lo avrebbe accolto nel suo gregge per farlo divenire Becco, e che in cambio mi avrebbe dato una terza capra femmina per il mio gregge.
Pochi giorni trascorsero, scadenzati da ripetute visite in stalla (anche e sopratutto di notte), preoccupato dalla tramontana che sbatteva forte su quei bandoni.
Pochi giorni trascorsero, e mentre quel capretto cresceva robustissimo, fu Nilde (sempre di sabato pomeriggio) a chiamarmi dalla stalla mentre stavo entrando in casa.
Belati lunghi e robusti, accompagnati dai frequenti di Iole e del Caprettino.
Una corsa ed entrando trovai Nilde stesa su di un fianco: si tirò su, ponendomi il suo posteriore, quasi come sapesse cosa lei ed io avremmo fatto di lì a poco.
Una coppia di zampette nere, il musino tondo, e senza toccare la madre mi nacque tra le mani.
Adagiai il piccolo senza curarmi minimamente di scoprirne il sesso, e subito la partoriente iniziò a spingere nuovamente: ben presto due altre zampine accoppiate spuntarono tra quel sangue, e con minor sforzo da parte mia uscì un secondo caprettino, di poco più grande rispetto al primo.
Nilde a quel punto si girò, e nell'annusare prima e leccare dopo entrambi i capretti, dispensò attenzioni anche per me e le mie mani: Iole assistette in silenzio a quella pulizia, andando subito a scaldare col fiato quei due frugoletti scuri, mentre il suo Capretto s'era accoccolato accanto ai due, e li osservava incuriosito.
La notte non chiusi occhio tanta l'adrenalina e la gioia mi avevano fatto visita: erano una femmina ed un maschio, e non ero affatto dispiaciuto da questa opportunità.  Una femmina (la più grande) da allevare ed il maschio da cedere o macellare (visto che già un maschio era presente nella stalla).
Ancora una volta, associare la nascita alla morte, tornava ad essere la Costante della mia vita di Agricoltore, condita di consapevolezza, sena alcun rimorso per questo.
Ancora una volta sapevo che la Natura mi aveva regalato la possibilità di avere due percorsi diversi: da una parte una capra che sarebbe cresciuta con la madre, poppandone il latte sino a sei mesi di vita (tanto per una capra...tanto), imparando da subito le regole del pascolo, e divenendo magari una brava madre a sua volta; dall'altra parte un maschio, che non potevo allevare per ovvie questioni di consanguineità, che doveva recuperare forze e peso per essere destinato alla vendita per vita o per macellazione.
La Vita, seppur continui ad apparire ingiusta e sbagliata per molti, è anche questo: consapevolezza, equilibrio tra la morte e la nascita, responsabilità, attenzione.
Tre capretti, saltellanti, con una femmina destinata alla rimonta, e due maschi che avrebbero avuto destini distanti da quelli di Norma, così chiamai la capra robusta di Nilde.
In quei giorni imparai molto, e quanto appresi mi fu insegnato da due capre, Iole e Nilde, e dal loro modo di comunicare senza usare parole, e di fidarsi ed affidarsi alle mie cure ed attenzioni.
Questo fu l'inizio di una storia che non terminerà certo tanto presto.

Il Mio Inizio, durante una calda giornata di fine Marzo


martedì 8 marzo 2016

8 Marzo: la Festa della Donna e la mimosa sfiorita

Il giorno 8 Marzo si festeggia la Giornata Internazionale della Donna.
Come simbolo fu scelto un fiore che sbocciava proprio in quei giorni: la mimosa.
Era il 1946, e mentre l'Italia era finalmente uscita dalla guerra, i primi giorni di marzo si tingevano di giallo.

Settant'anni dopo, l'8 Marzo del 2016, le mimose sono oramai sfiorite da quasi un mese.

Un augurio alle Donne.
Un augurio per tutti noi: o cambiamo il simbolo con un altro fiore, o forse dovremo realmente preoccuparci anche di questo (ennesimo) segnale.