Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

martedì 13 agosto 2024

Irma che rincorreva le lucciole: capitolo 1

C'era sempre tanto silenzio nelle notti in campagna.
Era la prima cosa che la piccola Irma notava quando andava a trascorrere l'estate dai nonni, lassù tra prati e montagna.
I genitori di Irma lavoravano entrambi, correndo sempre tra i loro mille "impegni da grandi", e seppur la bambina non ne capisse il senso, non poteva fare altro che accettarli quegli impegni che la sottraevano alle attenzioni dei suoi amati genitori.
Al tempo non c'erano ancora i telefonini, ed il computer era una cosa da ricchi, ma Irma ricordava le notti dondolate dallo sbattere sui tasti della macchina da scrivere del padre, rinchiuso in quello studio nel quale lei non poteva mai entrare a curiosare.
La notte era scandita da interminabili ore di lavoro, e chissà quante ancora ne consumava il padre, in quel misterioso tempo rinchiuso in quel regno a lei così ignoto.
Scriveva per un giornale, e lei erroneamente diceva che suo padre scriveva "della vita di altre vite", curandosi poco della sua.
La madre invece era impegnata nell'ospedale della città: aiutava i malati, cambiando loro bende e fornendo loro tanti tipi diversi di assistenza, ma al rientro in casa odorava sempre di disinfettante ed aveva gli occhi gonfi per la stanchezza.
Spesso la madre crollava nel letto, senza neanche mettersi la vestaglia da notte, ed era la piccola Irma che le rimboccava il plaid colorato e che le spengeva la luce del comodino.
Irma era una bimba brava, forse troppo silenziosa a dire di alcuni adulti, ma aveva occhi avidi di conoscenza, e ricordava sempre tutti i dettagli.
Le notti erano sempre così uggiose per lei, desiderosa di idee e ponti fatti di fantasia, ma trattenuta in una vita che le faceva mancare molto di quanto avrebbe desiderato.
lei non sapeva  come dirlo, ma sentiva che i suoi genitori lo capivano.

L'appartamento in cui vivevano era piuttosto piccolo, e la sua cameretta era poco più che uno sgabuzzino, ma i genitori ripetevano sempre che erano fortunati a vivere in centro, così vicini all'ospedale, così vicini alla redazione del giornale, e così vicini alla scuola di Irma.
Ma la bambina non comprendeva quella fortuna: il parco giochi era sempre troppo lontano, ogni volta, per tutto, e non poteva giocare per la strada poichè erano troppi quei "vagabondi strani" che colonizzavano le vie ad ogni ora.
Ma Babbo Natale le aveva portato uno strano ed inaspettato regalo un anno prima: una piccola televisione, con una radio incorporata, corredata di una lunga antenna con cui sintonizzare meglio il segnale dei pochi canali.
Ma a lei quel regalo interessava solo per la radio che faceva da contorno ai suoi lunghi pomeriggi rinchiusa in quella piccola cameretta.
Aveva trovato una stazione radio che trasmetteva musica classica e musica lirica, di cui tanto era appassionata, e che tanto la faceva apparire strana agli occhi dei coetanei.
E così passavano i giorni, le settimane, ed i mesi, in una malinconia che sapeva di abitudine, dove le parole parevano esser pesanti nell'uscirle dalla bocca, e dove gli stimoli migliori erano affidati proprio a quelle sinfonie e grandi arie che la prendevano per mano facendola sognare e dondolare ogni volta.
Doninzetti, Rossini, Mascagni, Verdi, Leoncavallo, Rossini...non importava chi le portasse note e parole, ma per lei la necessità era quella di intendere quel modo di portare emozioni, che le faceva venire gli occhi lustri e la pelle d'oca.
Il dottore, un anziano trombone con baffoni bianchi e voce baritonale, le diceva che le faceva bene ascoltare quella musica elegante, ed i genitori non la frenavano mai, consapevoli che esistesse un modo per farla essere più felice, proprio grazie alla musica.
Ma lei, oltre alla musica, poco o nulla aveva a portarle felicità quotidiana.
Ma tutto cambiava quando terminava la scuola: i suoi genitori la portavano sempre dai nonni, in campagna, e lì rimaneva per un mese almeno, sino al giorno del suo compleanno negli ultimi giorni di luglio.
Appeso dietro la porta della sua cameretta, Irma aveva un calendario in cui faceva il conto alla rovescia, con crocette colorate e divertenti faccine disegnate che dal triste mutavano, giorno dopo giorno, nel più grande dei sorrisi.

Ed anche quella domenica arrivò il felice momento, in cui il padre caricò la stationwagon verde pallido, ed assieme alla madre guidarono per mezza giornata, solcando la lunga autostrada sino a tuffarsi in quel dedalo di curve e stradine che l'avrebbe portati a destinazione.
C'era una curva, tra gli alberi, da cui era possibile scorgere la casa dei nonni, ed anno dopo anno Irma compiva quel piccolo rito in cui tratteneva il fiato per qualche secondo sino a che, al termine della curva, sarebbe apparsa la casa contornata dei verdi pascoli.
Quell'emozione le dava una grande voglia di parlare, quasi come si fosse ricordata all'istante come si facesse, ed iniziava a canticchiare qualche canzone rubata qua e là, e reinterpretata in modo divertente, dai tanti brani che ascoltava sempre alla radio.
La madre anche quella volta pronunciò la frase, ormai storica, sorridendo: "Ci vogliono trecento chilometri per farti sciogliere la lingua".
Ed il padre, concentrato nella sua guida, scoppiava a ridere cercando di capire da quale grande aria lirica sua figlia stesse compiendo quell'infausto plagio.
Ridevano, ed era proprio così che andava: le ultime curve prima di arrivare alla casa dei nonni erano tra le risate e le parole sparate a mitraglietta dalla bambina.
La strada terminava proprio in quel piazzale fatto di grosse lastre di pietra lisciata dal tempo e logorata da carri e bestiame.
Il colpo di clacson, ed i nonni che sbucavano dalla porta di casa (lei sempre con l'immancabile grembiule chiaro e la croccia nei capelli grigi) e dalla stalla (lui con la solita barba bianca e qualche attrezzo tra le mani).
Un secondo colpo di clacson ed arrivavano Fulmine e Saetta, i due grandi e pulciosisssimi cani da pastore che erano sempre con il bestiame del nonno, scodinzolanti e seguiti dalle mosche affannose di posarsi sul cofano caldo della stationwagon.
Quanto affetto in quegli abbracci, poche le parole, occhi umidi per l'emozione, e la nonna che subito diceva loro di sbrigarsi perchè il pranzo era pronto.
Ma come faceva la nonna ad essere sempre pronta ad ogni loro arrivo?
Se lo chiedeva Irma, correndo nella vecchia casa, ed andando subito nella sua camera.
Già perchè, a differenza dell'appartamento di città, qui aveva una camera degna di tale nome, grande, con un lettone grande, di quelli alti alti, morbidissimo, che odorava di "casa dei nonni", con la coperta di lana bordò ripiegata ai piedi del letto, e le lenzuola di flanella morbide morbide.
Ci immergeva la sua faccia in quel letto, sorridendo così tanto sino a sentir dolore nella faccia, e poi via di corsa nel bagno dove non c'era l'acqua corrente, ma una grande brocca di metallo appoggiata sul lavabo, e  dove c'era sempre tanto odore di pulito e di ordinato.
La cucina poi era la stanza migliore perchè era lì che si consumavano le ore di veglia, tra pasti deliziosi, chiacchere di fronte alla grande stufa, e racconti fatti dai nonni.
Quanto le mancavano le calde minestre della nonna, ottime per il fresco della sera, oppure quelle verdure fatte in mille modi diversi, così piene di sapori e colori.
E dietro a quei barattoli di vetro, contraddistinti da etichette scritte a mano, e tra quei tanti recipienti diversi, di rame e  di ferro, dalle forme più disparate: quanti profumi e colori da scoprire.
Si accomodarono, ognuno nel proprio posto di sempre, e pranzarono tra aneddoti di mucche svogliate, maiali timidi e galline chiacchierone.
Il nonno era un grande oratore, ed appena terminava il proprio desinare esso cavava fuori la vecchia pipa scura e lucida, e la caricava ben bene di tabacco preso da una qualche taschina del suo gilet verde.
Non esisteva musica al mondo che sapesse rapirla come i racconti del nonno: si lasciava dondolare dalle sue parole, immaginando altrettante storie fantastiche di fate e gnomi di bosco, e dove lei era la protagonista.

Dopo il pranzo fecero la passeggiata.
Nonostante fosse estate l'aria era fresca, e lungo il crino dei pascoli era un piacere vedere quelle mucche grigie intente a prender musate di erba fresca, mentre Fulmine e Saetta si sinceravano che nessuno oltre loro fosse salito a guardare gli animali pascolare.
Il padre e la madre di Irma si tenevano per mano, e lo facevano sempre quando erano dai nonni, mentre talvolta il padre sussurrava qualcosa di divertente all'orecchio della madre, e questa rideva o arrossiva, sembrando assai più giovane dell'età che l'anagrafe dichiarava.
Ma la sera arrivò presto, e prima di cena i genitori salutarono tutti, facendo le dovute raccomandazioni alla bambina, e pregandola di non far stancare troppo i nonni, ma di coinvolgerli e di lasciarsi coinvolgere.
Le luci rosse degli stop dell'auto erano a segnalare le prime curve sotto alla casa, e Irma pensava che la notte presto avrebbe ingoiato tutta la vallata, e che sarebbe arrivato il momento magico, che nella sua città mai si sarebbe sognata di poter vivere.
Le lucciole, a centinaia e centinaia, riempirono la vista, tutto attorno alla casa, sino ai freschi pascoli che costeggiavano la montagna.
Ognuna di esse pareva aver una meta ben precisa, eppure in quell'intermittenza era complicato riuscire a mantenersi concentrati solo sul volo di un singolo insetto.
Forse in una danza o in una sorta di estasi, pullulavano nel buio tentando di annientarlo e di esaltarlo, mentre gli occhi increduli ed affamati della bambina brillavano al suono di quella magia sorda ed inarrestabile.
Lei si innamorava, ogni volta, pensando che tutto quello fosse un sogno, anzi...che fosse il sogno più bello che potesse mai fare.
Rimaneva lì, quasi respirando a stento, mentre cuore ed anima danzavano all'unisono correndo dietro ad ognuna di quelle singole lucciole.
C'era sempre tanto silenzio nelle notti di campagna, così distante da quelle vissute nella sua cameretta di città dove i clacson e le frenate marcavano il sonno, tra sirene di ambulanze lontane, sirene della polizia, sirene di allarmi.
C'era sempre tanto silenzio nelle notti di campagna, così che potesse sentirsi respirare durante i propri sogni.
C'era sempre tanto silenzio nelle notti di campagna, ed era come immergersi in un liquido denso, come a venirne risucchiati nel più piacevole dei salti.
Si addormentava così, tra silenzio e sogni, pensando a quanto avrebbe potuto e saputo osservare questo spettacolo, e vedendo correre se stessa dietro a quelle lucciole infinite, che dai pascoli alti scendevano sino alla valle sotto la casa dei nonni.
Irma era felice.

(continua)



martedì 25 giugno 2024

Citazione n°5

"Se tu ci mettessi anche la faccia, oltre al cuore ed il cervello, sai quante soddisfazioni ti leveresti?
Magari ti troncheresti meno la schiena, avresti più quattrini in tasca e sai quanta soddisfazione in più...Mica ti dico di fare cose diverse.
Ma te no.
A te non ti garba farti vedere che sei bravo nelle cose in cui sei bravo davvero.
A te ti garba stare nell'ombra, ed essere anonimo e anacronistico.
Ma sarai fatto strano?!"

Ilmibabbo

martedì 16 aprile 2024

Dormi

Dormi,
ed in questo tuo dondolarti nel sonno, io sento la Serenità di un padre accompagnato dai tanti sogni colorati che starai facendo.
C'è odore di legno nella tua stanza, di castagno, di larice ed olio di lino, di lavanda, dei panni lavati di fresco ed appena piegati sul cassettone.
C'è il silenzio musicale che amo ascoltare, ogni notte, quando entro trattenendo il respiro, sino a sedermi accanto a te, sfiorandoti la mano, e cercando di dimenticarmi del tempo.
E cercando poi di farmi piccino, accucciato appena, per poterti stare vicino sul cuscino...e gigante per poterti proteggere oltre il soffitto.
Dormi, oltre l'ultimo pianto, risata, bizza e domanda che mi hai fatto.
Dormi, indifesa e forte, mentre la pelle si fa più chiara, e quasi la vedo nel buio della tua camerina.
Fuori soffia il maestrale, che corre sulle tegole per poi tuffarsi nell'aia di casa a pettinare il prato dove tanto hai giocato quest'oggi.
La legna che brucia ti scalda le gote, le dita scoperte, la fronte.
Tra i pupazzi ti nascondi, un pò animalino, un pò donna.
Con questi attimi il mio cuore si gonfia.
Dormi, e non aver fretta di crescere. 

venerdì 5 aprile 2024

Cronache (brevi) della (nuova) primavera

Dopo un marzo pazzo, piovoso fino al midollo, con qualche ritorno di freddo, e molti giorni di caldo, Aprile è iniziato così: pioggia, pioggia, veno, vento, caldo, caldo.
Ma aprile è iniziato solo da 6 giorni, giusto?
Ebbene, vai a capirci qualcosa, ma guai a lamentarsi troppo, con la terra da lavorare, e l'erba già da tagliare, e la legna da bruciare, ed il maglione peso da sfilare, ma la berretta di lana da indossare.
Qualche primavera l'ho vista in vita mia, ma ogni anno è una sfida nuova, giusto?
Intanto, le fioriture sono tutte anticipate, e verrebbe voglia di pensare all'orto, seminare tutto in abbondanza, vendersi pure la camicia per avere chances, ma penso che i soldi meglio spesi saranno quelli per una piccola serra e tanto (ma tanto) telo antigrandine.
Non si tratta di pessimismo, ma bisogna saper fare tesoro delle batoste passate: non strafare, e piuttosto assicurarsi il minimo.
Questo è divenuto il mio lavoro...la mia Vita, questo: contenere i danni e sperar di farci pari.
Non a caso ho fatto una pausa dopo l'ultimo post e non a caso i problemi non arrivano mai da soli.
Le rimostranze han sollevato la questione degli Agricoltori, in generale, ma hanno preso (spesso) una piega che (secondo me) è stata piuttosto fuorviante, canalizzando le attenzioni più verso una protesta anti-green invece di rimanere sul problema agricoltura a 360°.
Mi è capitato di dovermi dissociare da certe prese di posizione, e questo mi ha fatto riflettere su quell'anima Anacronistica che ancora una volta mi porto appresso.
Ho ulteriormente abbassato il profilo, quasi come fosse possibile farlo...ancora, e mi son detto che debbo pensare alle tante magagne che già ho, come piccolo....piccolissimo...minuscolo agricoltore di montagna: ho un gigante con cui debbo scontrarmi ogni giorno, e non ci son chimiconi che reggano contro un meteo contrario ed un clima impazzito.
Quindi, serra e telo antigrandine, poche piantine, passo dopo passo, e annotare tutto, osservare tutto, ricordare tutto: cogliere tutti quei segnali che evidentemente la natura ci sta lanciando, ma spesso tutti noi (me compreso) siamo troppo ottusi per non vederli.
Il cuculo quest'anno ha cantato il giorno 2 aprile, durante una pausa dalla pioggia.
Era dal 2020 che non anticipava così il suo canto.
Nel 2020 ci fu una prima parte della primavera con temperature miti e sopra la media del periodo, ma tra maggio ed inizio giugno ci furono acquazzoni pesantissimi e (se non ricordo male) sette grandinate che decimarono il raccolto e fecero danni che ancor oggi ricordo bene, con relativa moria delle api, e malattie fungine con i muscoli.
Allora...serra e telo antigrandine, ortica pronta per i macerati, scorte di miele per le api, e poco alla volta.
In tutto questo c'è tempo e motivo per sorridere alla primavera, dopo che il lungo autunno è terminato senza darci l'inverno.
C'è un bel profumo di vita nei prati.


venerdì 2 febbraio 2024

La Protesta degli Agricoltori: chi ci guadagna ad affamare gli agricoltori?

Io sono un Agricoltore.
Io sono un Coltivatore Diretto.
Io vivo nel luogo dove lavoro.
Io non faccio altri lavori se non quelli legati alla mia Azienda Agricola.
Io pago le tasse, INPS ed INAIL.
Io vivo e lavoro in una zona montana, quindi svantaggiata.
Io non sono più un "giovane" Agricoltore.
Io non sono in pensione.
Io non ho ereditato un'Azienda da mandare avanti.
Io ho fondato la mia Azienda partendo da zero.
Io non ho mai ricevuto alcun contributo o sgravio fiscale per iniziare la mia attività.
Io non usufruisco del Gasolio Agricolo.
Io ricevo un irrisorio premio PAC, ammontabile a poche centinaia di euro all'anno.
Io sono in conversione Bio, ed il premio annuale che ricevo serve a coprire le spese per la burocrazia legata al Bio.
Ho forse diritto di dire la mia?

Si, ne ho diritto.
In una politica comunitaria dove il soldi destinati all'agricoltura (soldi che ci sono) non si capisce che strano giro facciano, visto che sempre meno toccano agli agricoltori, la domanda nasce spontanea.
Chi ci guadagna ad affamare gli agricoltori?
Non ho altre domande a tal proposito.
Solo questa, e la ripeto, tanto volte non fosse stato chiaro: Chi ci guadagna ad affamare gli agricoltori?

Non si tratta di fare una filippica infinita su tutti i punti in cui gli agricoltori si sentano presi per i fondelli oramai da decenni.
Non si tratta nemmeno di rivendicare un diritto sacrosanto di tutelare chi porta il cibo nelle tavole di tutti (bene primario, non dimentichiamocelo).
Non si tratta neanche di fare un pippone contro i politici ed i politicanti, dell'UE o della nostra cara Italia, indipendentemente dalla casacca o dal color delle braghe.
La mia domanda l'ho posta.

Un giorno gli Agricoltori si arrabbieranno davvero.
La fregatura sarà che loro mangeranno i prodotti che producono, ed ad gli altri toccherà la farina di grillo, i prodotti extracomunitari e la carne sintetica.
Io fossi in voi qualche domandina me la porrei, e mi soffermerei ad ascoltar le ragioni di quei disgraziati che stan facendo dimostrazioni in tutt'Europa.
Forse avranno rallentato il vostro ingresso in autostrada, o avran fatto confusione col traffico delle vostre città, ma "una vacca senza latte non la si può continuare a mungere", e far confusione è la prima dimostrazione che gli agricoltori hanno.
Ricordate e meditate. 

Pensiamo a quanto telegiornali e quotidiani dedicano spazio da ANNI ED ANNI all'importanza di salvare la compagnia di bandiera che porta gli italiani (e non) in volo.
Pensiamo alle acciaierie italiane, ed a quel lento e doloroso processo di eutanasia a cui son state sottoposte.
Pensiamo a quanto si disquisisce sul fare un ponte che unisca la punta del nostro stivale.
Quanta attenzione.
Quanti soldi.
Tanti soldi.
Ma mentre guardiamo il telegiornale siamo a colazione, pranzo o cena, giusto?
E che c'avete nelle vostre tavole?
E chi vi ce l'ha portato, tutti i giorni quel che mangiate?
Non giratevi dall'altra parte, o anche voi continuerete a mungere una vacca senza latte.

Io son solo un piccolo, minuscolo Agricoltore.
Non ho trattoroni, non ho ettaraggi degni di tale nota, non ho numeri che mi diano credibilità (sempre secondo l'UE e la cara Italia), e se vado a gambe ritte ci va solo la mia famiglia, ed il tonfo non lo sentirà nessuno, e a nessuno importerà nulla di tre minuscoli montanari che lavora la terra con la zappa.
Ma se il tonfo lo fanno la maggior parte degli agricoltori, allora sarà un boato, un frastuono che vi priverà di quel mangiare da cui tanto dipendete e che tanto date per scontato.
E non vado oltre.

Mi scuso se questa volta la poesia ed i racconti di podere li ho trascurati.
So già che questo post non incontrerà la vostra soddisfazione, ma apprezzerò molto chi avrà voglia di dedicare un minuto a lasciare un commento.
Per primo non sono d'accordo con alcune delle contestazioni che molti miei colleghi stanno facendo, e se mi leggete sapete quanto a cuore io abbia l'Ambiente, la Natura tutta e quanto questo sia alla base di ogni mia scelta agricola.
Ma quello che vi chiedo è di informarvi, di essere curiosi e critici, e di essere anche preoccupati per quanto stia accadendo.
L'Agricoltura, anche se fatta soltanto da alcuni, è di TUTTI.
Ricordate e meditate.