Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

sabato 30 settembre 2017

Il Cavallone invenduto

Quando ero bimbo non mi immaginavo mai con un cavallo.
Pensavo ad altri animali, asino e capre su tutti, ma mai ad un cavallo.
Non so perchè, ma associavo il cavallo come ad un animale snob, da ricconi che andavano al maneggio a trascorrere domeniche all'aria aperta.
L'equitazione in generale la vedevo come qualcosa di "lontano" dall'Agricoltura, e quei caschetti e stivaletti neri proprio nulla c'entravano con la stalla delle vacche, o il castro dei maiali.
Ero un bimbo, con tanta immaginazione ma anche con tanti limiti.
Crescendo ho comunque avuto sempre una discreta "distanza" tra me ed il cavallo: MAI per paura, ma semplicemente perchè non ne ero interessato.
Piuttosto che cavalcare un Maremmano, da ragazzo avrei preferito una bella moto Husqvarna... magari a quattro tempi, e continuavo a non sentirmi vicino a chi trascorreva interi pomeriggi a perimetrare staccionate di legno, o a strigliare quegli animali tanto grandi.
Poi, quando si diventa uomo, molto cambia, ed ho accostato il cavallo al tiro: all'epoca non c'erano schiere di animalisti che demonizzavano questa cosa, ma piuttosto schiere di ambientalisti che auspicavano un ritorno al lavoro pulito (e quindi privo di trattori e macchinari agricoli).
Ecco che il cavallo entrò nei miei pensieri, e nel progetto del Podere era previsto questo grosso animale, sempre e comunque legato al lavoro del tiro (che si trattasse di un carretto, di un carro o di un aratro).
Poi, coinvolto dall'irrefrenabile passione di una mia cara parente, lasciai che fosse mia moglie ad appassionarsi per prima, e di lì a poco prendemmo la vecchia cavallina che ancora ci delizia con la sua simpatica mole ed il suo caratteruccio niente male.
Lei, mia moglie, amava cavalcare, ma presto si ritrovò in solitudine in questa attività poichè la giovane parente appassionata era divenuta ben più brava ed ambiziosa.
Cedetti, come spesso cede un Uomo, e mi lasciai convincere che era arrivato il momento per portare al podere anche un mio cavallo.
Uno bello grosso, s'intende che doveva reggere la mia stazza, e sopratutto essere pronto al "tiro".
Molti mesi passarono e spesso la ricerca ricadeva sui CAI TPR (Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido): ma il loro era un sangue freddo "a metà", e di tanto in tanto tendevano a matteggiare un poco, mentre io desideravo un cavallo stabile, molto stabile, che potesse essere imperturbabile e con il minimo libero arbitrio.
Immaginatevi un cavallone di 900kg che, mentre sei nella vigna a scavallare le viti, si fa prendere dalle "ruzze" e di estirpa mezzo filare...
Per me ci voleva un cavallo del nord Europa, e così riuscii a trovare.
Un bel cavallone francese, con uno zoccolo grande come la mia testa, posato, attento ai mie comandi, reattivo al momento giusto.
Portato al Podere, imparammo assieme a lavorare, e la sua forza era impressionante.
Lo sellai appena due volte, e solo per tragitti non superiori ai 100 metri: io preferivo stare accanto, o dietro, al cavallo, piuttosto che starci sopra.
Non sarei mai stato un cavaliere.
Sarei stato un Agricoltore che lavorava ANCHE con il suo cavallo da lavoro.
Ma gli impegni aumentarono, arrivarono le api, arrivarono più campi da lavorare, e la forza lavoro intorno a me si assottigliò in modo inversamente proporzionale.
Il cavallo, assieme alla vecchia e bisbetica cavalla, aveva il compito di tenere pulita l'uliveta, di mangiare il fieno buono, e di fare tanta cacca.
Quando passavo a salutarlo, questo s'allungava sempre oltre la staccionata a cercarmi la mano e a darmi una testata.
Poi è arrivato il 2017, l'anno della catarsi.
Durante questo anno ho dovuto rimettere in discussione tutto, più volte, e più volte mi sono peritato al fine di assicurare un qualche mantenimento alle mie abitudini ed a quelle del Podere.
Un giorno, mentre ero a lavoro nella vigna, sono svenuto sotto al sole cuocente, e nel riavermi ho provato un forte senso di solitudine: non potevo più sostenere tutto questo da solo, sopratutto in un'annata così avversa e complicata come quella in corso.
Ma come fare a ridurre il lavoro?
Ho fatto una lista, che poi ho rigorosamente cancellato, azzerato e ricreato di sana pianta, perlomeno 10 volte, e perlomeno per tutte quelle 10 volte c'era una voce con su scritto "Cavallo???".
Essere razionale troppo spesso fa a cazzotti con l'essere sentimentale, ed io quel cavallone non volevo proprio allontanarlo dal mio quotidiano.
Ma da qualche parte dovevo pur rifarmi: tolti i terreni in affitto, delegata la fienagione al terzista, turnati (ancor di più) i campi da lavorare...questo non bastava.
Un giorno, proprio parlando con la parente appassionata di cavalli, comunicai la decisione in famiglia, lasciando tristi molte persone (me per primo...).
Avrei venduto il cavallo.
Io, che avevo mercanteggiato un pò con tutto, che avesse zampe o ruote, un cavallo non lo avevo mai mercanteggiato.
La parente appassionata decise di aiutarmi, e puntualmente mi portò il primo potenziale cliente.
Lui, il potenziale cliente, era uno di quelli bravi, ed ancor di più era convinto di essere bravo, cosa assai complicata quando dall'altra parte c'è uno che come me di cavalli ci capisce poco.
Arrivò, a fatica un saluto, si fiondò nel recinto, scosse la testa, palpò il cavallo, scosse la testa, mi chiese una cavezza, poi una longhina, aprì il recinto, non gli guardò gli zoccoli, non gli guardò la bocca, ma mi disse che è sporco di fango (due giorni prima era piovuto).
Lì capii che forse lui, che certamente era più bravo di me i tema di cavalli, di quel cavallo avrebbe apprezzato ben poco, quindi non ci girai troppo intorno e gli chiesi una cifra importante: lui era disposto a darmi 1/5, magari anche facendomela cadere dall'alto.
Sorrisi, lui si fece serio, chiaramente la trattativa era terminata, lui mi disse che a quella cifra io non lo avrei mai venduto, io gli dissi che per meno di quella cifra non mi sarebbe pesato di continuare a tenerlo, lui se ne andò senza neanche una stretta di mano, sorrisi e comunque lo ringraziai.
La sua auto sfrecciò tra la polvere oltre il piazzale, io guardai il cavallone che a capo basso stava vaporizzando le erbette fresche attorno alla staccionata.
Da quel giorno quel bel cavallone continua sereno e felice la sua vita al Podere, continuando a mangiare fieno buono, a tenere pulita l'uliveta, ed a fare un mare di cacca.
Semmai dovessi cadere in disgrazia lo regalerei, ma mai lo svenderei a nessuno, mai.
...
C'è una morale in questa storia?
Io non lo so, ma so che continuo a non sapermi alleggerire nel lavoro.

venerdì 22 settembre 2017

Avrei potuto dirlo in tanti modi...

Avrei potuto dirlo in tanti modi...
...magari raccontandolo con un'altra storia, oppure affidando le mie parole alla cronaca, o magari inserendo 2000000 foto.
Avrei potuto scrivere questo post quasi un mese fa, oppure avrei potuto tacere per sempre su questo.
Avrei...
...ma io qui metto pensieri e vita dell'Agricoltore quale sono, e per come sono Pensieri e Vita cerco di raccontarli a modo mio.
Quindi, ecco: io sono Padre.
Io sono Padre, mia moglie è Madre, i miei genitori sono Nonni, e la mia Nonna è Bis Nonna...
...ed ancora, io sono Padre...
La mia Vita si è sdoppiata, in un istante, e s'è raddoppiato quel cuore che credevo mai avrebbe potuto/saputo/voluto amare un altra donna: ma nel momento che ho visto mia figlia, proprio in quell'esatto momento, cielo e terra si sono ribaltate, portandomi ad affogare le tristezze in una fonte di lacrime che esisteva da 38 lunghi anni.
Il bimbo e l'uomo si sono tenuti per mano, e l'Amore dei miei genitori s'è fatto di ferro e cristallo nelle mie mani.
Io non lo so spiegare a parole, ma è stato come morire e nascere per la prima volta, con un cuore nuovo che batte solo per Lei.
Mia moglie, bella oltre ogni bellezza, é rinata in un sorriso che sapeva di "sempre".
Il sapore della felicità e salato e dolce, e non si può spiegare se non con un palmo della mano che trema, la voce che scivola sotto le vesti, gli occhi che si aprono al nuovo, e la voglia di fare che si moltiplica.
Io sono Padre, ed è come comprendere qualcosa di incomprensibile che ti è sempre stato narrato, ma che non potrai mai narrare per quello che realmente è.