Ho deciso di condividere questo "problema" che con fatica sto tentando di affrontare.
Non ho mai nascosto la mia passione per le Capre: animali ECCEZIONALI, spesso sottovalutati, ricordati per epiteti offensivi, accostati alla simpatica protagonista del libro di Johanna Spyri, sempre presenti nelle immagini bucoliche che ognuno di noi ha fissate nella mente.
Animale controverso, a tratti simpatico ed affettuoso, a tratti schivo e pericoloso, che da sempre accompagna gli Allevatori in ogni parte del mondo.
Le Capre, animali tra i miei preferiti, che da sette anni allevo con dedizione, attenzione, premura.
Un piccolo allevamento, giustificato per il consumo di latte della famiglia; giustificato per la produzione di caprino per autoconsumo; giustificato per la vendita dei (pochi) capretti; giustificato per la produzione del letame; giustificato per il mantenimento della vigna in inverno...
Giustificabile per il piacere che traggo nell'allevare questo animale che ripeto io Amo.
Nel settembre 2014 il mio becco si apprestava a compiere la sua prima stagione dei calori: aveva un'anno compiuto, e non vedeva l'ora di darsi da fare con tutte quelle femmine.
Le "coprì" una ad una, e per tre mesi non dette loro tregua: mai aggressivo, investito del ruolo più importante, imparava a gestirle, e ad essere autoritario.
Loro, che l'avevano visto crescere, adesso lo osservavano con riverenza, fissandolo in quella sua barba sempre più lunga ed in quelle corna che si facevano maestose.
Le pance crescevano, e nel dicembre successivo le femmine si presentavano tutte gravide.
Il becco invece era divenuto irrequieto, infastidito magari da quell'attività oramai terminata, e talvolta appariva perfino manesco con quelle due lunghe corna agitate al vento quasi come a volerle brandire con violenza. Quasi come a voler intimidire il mondo intorno a lui.
Proprio in quei giorni mi presi la mia prima incornata, totalmente sprovvisto di attenzione e difesa ne subii le conseguenze: quel livido sul fianco mi rimarrà impresso per molto tempo, come un tatuaggio fatto male.
Entrare nella stalla, e sopratutto nel recinto, era diventato addirittura pericoloso, ed a poco potevano i miei (almeno un tempo lo erano stati) movimenti e richiami rassicuranti.
Nulla, lui non voleva saperne, e quella era divenuta una guerra al testosterone poichè oltretutto non accettava che io accarezzassi le pance delle oramai SUE concubine, che tanto dimostravano soddisfazione in quei miei gesti colmi di premure.
Una sera, mentre entravo nella stalla con il consueto forcone di fieno, non accettò la mia presenza, ed a tradimento scaricò su di me chissà quale diniego o affermazione.
Le cornate fanno male, ma il dolore più grosso l'ebbi nell'orgoglio, visto che mi ero fatto trovare impreparato.
Caddi, franando rovinosamente tra le femmine, e lì lui decise di terminare quel suo gioco d'affermazione, puntandomi prima e tentando di colpirmi nuovamente mentre inerme cercavo di riprendermi.
Per fortuna la Capobranco si mise tra me e lui: lei, che è stata la mia prima capra, che è la Preferita e che tengo "appesa in una foto" nel muro di sala, seppe proteggermi incassando un fragoroso (e certamente doloroso) colpo nel ventre.
Cadde ai miei piedi, per fortuna non esanime, ma lamentandosi per la tanta violenza ricevuta.
Mi rialzai, e come un moderno Teseo lo affrontai, scaricandogli addosso un urlo che lo investì come cento cornate: non cedere mai deve essere la regola, altrimenti si soccombe per sempre.
Arretrò, scuotendo la testa, infastidito dal lungo e baritonale richiamo all'ordine, sicuramente scosso da quel suono così testosteronico ed inaspettato.
Arretrò, scuotendo la testa e percuotendo una povera malcapitata che gli si era avvicinata quasi come a richiamare la sua attenzione.
Maschio e bastardo, quella sera avrebbe demolito il Mondo intero se ne avesse avuto l'opportunità.
Da quel momento iniziò un periodo di osservazione reciproca: io entravo nella stalla (spesso con un bastone a portata di mano), e lui scalciava come un toro nella corrida, mantenendo la distanza da divaricando le narici.
Non si azzardava a colpirmi, ma s'impennava come chissà quale puledro, e scuoteva la testa come ad avvisarmi dell'inevitabile.
Soltanto un'altra volta tentò di avvicinarsi, superando quel limite che implicitamente gli avevo imposto, e scontrando le proprie corna con quel mio bastone.
Una rintronata che lo fece desistere dal riprovarci, ma che non lo fece smettere di essere comunque agitato.
Ed ecco che una mattina, al momento di pulire la stalla, proprio mentre lui mi fissava nel buio di un angolo lontano, la scoperta di un feto morto nella paglia mi fece pensare a quel becco ed alla sua irruenza.
Sbagliando, giustificai tale aborto come conseguenza di una sua cornata, e non provvidi a contattare il mio veterinario.
Maledissi quella sua veemenza e la mia stupida disattenzione.
La madre che lo aveva perso non era primipara, ed anche questo contribuì a non destare dubbi in me: era palesemente stato il maschio, che aveva scaricato anche su di lei tanta furia.
Un Allevatore ha il dovere e la responsabilità per i propri animali, e da lì decisi di separarlo dal resto del branco, mettendolo in un reparto a lui dedicato dove poteva vedere le sue femmine adorate, ma non poteva nuocerle in alcun modo: aveva spazio, acqua, pagliericcio, fieno e riparo a volontà, ed a "targhe alterne" lo facevo uscire, mettendo prima al riparo il gregge.
Poteva quindi continuare il pascolo, ma in solitudine e marcato a vista dal sottoscritto e dalla fedele cagna nera.
Alla mattina non era più il gallo a svegliarci, ma il becco che si dilettava a tirar cornate nelle colonne di castagno che sorreggevano la stalla stessa.
Pochi giorni trascorsero, quando trovai il secondo aborto...più o meno al terzo dei cinque mesi della gestazione, e questo mi fece preoccupare poichè questa volta la madre non era una primipara ma una secondipara che l'anno precedente aveva fatto una bellissima femmina (che tutt'oggi vive nel gregge).
Pensai agli effetti di una vecchia cornata, ma la teoria iniziava a vacillare.
Contattai quindi il mio veterinario, e assieme pensammo alla Clamidiosi, una malattia abortigena che si trasmette con un batterio chiamato Chlamydia abortus: piuttosto diffusa nella mia zona, questa malattia affliggeva molti allevamenti.
Prima di effettuare un qualsiasi tipo di trattamento decidemmo di fare un prelievo ematico alle due madri che avevano abortito, e nel giro di due giorni avemmo la risposta.
Si trattava infatti della Toxoplasmosi, malattia veramente subdola che si prospettava come una delle più rognose da affrontare.
La sera stessa, mentre chiudevo la stalla, scorsi altri due feti partoriti pochi attimi prima: le madri vegliavano su di loro, mentre la femmina capobranco (la mia adorata e fedele) mi si raccomandava con belati strazianti.
La telefonata con il veterinario fu perentoria, e l'indomani portai i due feti all'Istituto Zooprofilattico della mia provincia per le analisi...ma, nonostante la loro puntuale e celere risposta, nulla pareva poterci chiarire la situazione.
Quei due feti non avevano Toxoplasmosi...e da quel momento iniziò un vero e proprio pellegrinaggio presso l'Istituto: facemmo un'analisi del sangue a tappeto (perfino il maschio ne fu coinvolto) per capire se e cosa stesse realmente accadendo agli animali.
Ebbene, oltre il 75% del branco era contaminato da Toxoplasma gondii e di fatto mi ritrovavo l'allevamento con Toxoplasmosi.
Seguirono numerosi aborti, e soltanto una capra (che comunque risultava malata) riuscì a dare alla luce una capretta (sana al momento della nascita).
...
Non voglio tediare nessuno spiegando cosa sia questa malattia, ma mi permetto di sottolineare che è subdola, complicata e assolutamente impossibile da curare.
Le capre si immunizzano dopo il primo aborto, che generalmente avviene successivamente a quando viene contratta la malattia, e non hanno più problemi in gravidanza, seppur rimangano malate a vita.
Tra di loro la Toxoplasmosi si trasmette tanto al pascolo (con le feci contaminate), quando per mezzo di saliva, mucosa vaginale, liquido amniotico, etc.
Seppur il parassita sia il medesimo, a quanto mi è stato spiegato questo non è direttamente trasmissibile all'uomo: pare che siano soltanto i gatti (e c'è chi parla anche dei topi) i vettori della malattia per gli esseri umani, in quanto le ovocisti di questo protozoo possono essere presenti nelle feci dei gatti, che contaminano sopratutto il terreno (e quindi le verdure).
Pare quindi che dalle feci delle capre non ci sia trasmissibilità all'uomo poichè non sono presenti ovocisti: questo protozoo ha un ciclo "a metà" nei caprini, e non dovrebbe essere trasmissibile per l'essere umano se non che per il consumo di carne cruda e/o di ingestione del sangue.
Da qui un anno di rassicurazioni, e di indicazioni da seguire: il mio allevamento era infetto ma non dannoso per noi umani, però inevitabilmente compromesso.
Un Veterinario specializzato di offrì due opzioni: eliminare tutte le capre, bruciando la stalla, interdicendo il pascolo ad ogni erbivoro da me allevato (per almeno tre anni)....oppure, semplicemente fregarmene e convivere con questo problema, consapevole di non poter vendere "da vita" i miei animali, ma libero di poterne usare carni e latte.
Ricordo nitidamente quella notte in cui presi la drastica decisione, ed accettai il compromesso con la sorte, mantenendo in vita i miei amati...e malati animali.
Nel 2015 feci molte ricerche, leggendo su testi stranieri e specifici, consultandomi con altri veterinari, e perfino contattando il ministero della salute per avere ulteriori conferme.
A fine 2015 ed inizio 2016 ci fu la stagione dei parti (la seconda con il branco infetto), e ci furono molti altri aborti, ma le capre che avevano avuto il medesimo problema l'anno precedente, iniziarono a partorire regolarmente.
Il becco iniziò a placare i suoi animi, vivendo da giugno a dicembre sempre con le sue amate concubine, e nei miei confronti iniziò a dimostrare una discreta tolleranza.
Io ero sempre in guardia, ma poco a poco quel legno lo dimenticavo volutamente fuori dal recinto, e bastava una mezza occhiataccia per sedare subito l'animo ribelle di quel maschio di oltre 70kg.
Molte capre comunque non rimasero gravide, e la medesima cosa è accaduta anche in questa stagione dei parti: sempre parti singoli (mai un gemellare da tre anni a questa parte), il medesimo prblema che si ripete di anno in anno, con primipare che abortiscono, e le altre che a turno non rimangono gravide o rimangono gravide di un unico capretto.
Il becco continua a risultare sano alla malattia, e le caprette continuano a risultare sane al momento della nascita: questo dimostra che il maschio ha una sorta di schermatura non ben chiara, e che la trasmissione della malattia alle capre non è di tipo connatale ma viene acquisita successivamente.
Ho pensato più volte all'idea di eliminare tutte le capre, a quella di bruciare la stalla, interdire il pascolo, e magari chissà cosa...ma sono CERTO che il primo topo o il primo gatto che defecherebbe potrebbe riportare la malattia nel mio prossimo allevamento, o magari anche negli altri di diversa specie.
Infatti tutti gli animali, dal coniglio al cavallo, passando per il cane e per i suini, possono ammalarsi di toxoplasmosi, con sintomi comuni o differenti, e risoluzioni più o meno importanti.
I veterinari della mia Asl non hanno mai storto la bocca nei riguardi di questa decisione, e sinchè non deciderò di acquistare nuovi capi, e/o avrò la necessità di cederne dei miei, non mi porrò alcuna limitazione.
Le capre sono al pascolo, mangiano serene l'erba grassa e verde che ricopre il terreno; i capretti giocano a rincorrersi, mentre la cagna nera li osserva tremando di smania per la voglia di acchiapparli. il latte è ottimo, e presto inizierò a mungerlo per farci i formaggi.
Non riesco a pensare che, qualcosa che io non ho saputo arginare, oggi o domani possa essere deriva di chissà quali e quanti problemi: in famiglia siamo tutti sani, e nessuno ha contratto mai la Toxoplasmosi, il mio allevamento è monitorato da persone capaci ed attente, l'economia (perlomeno quella domestica) del Podere si basa anche su questo allevamento, e per adesso va bene così...
tra autarchia e visionarietà, stoicismo e pragmatismo: una raccolta di tradizioni, quotidianità e progetti di un amante della campagna che vede nella Naturalità l'unica via
Taglio dell'erba per gli animali del podere
sabato 25 marzo 2017
sabato 18 marzo 2017
La carica dei...brutti anatroccoli
Spero non venga inteso come un gesto narcisistico, perchè proprio NON lo è!
Semplicemente, complice una mezza bronchite che mi ha (finalmente?) messo a riposo per un paio di giorni, mi sono dilettato con le statistiche di Blogger.
Ho visto che, in sei anni di blog, e dopo tante parole dette, ci sono dei post che sono risultati meno "interessanti".
Post forse usciti in momenti sbagliati, post forse uggiosi per chi poteva leggerli, post scritti particolarmente male, post magari superflui per alcuni, o scomodi per altri: ecco, da buon bastian contrario, mi permetto di riproporveli.
Non un'operazione nostalgia, badate bene, e nemmeno il desiderio di forzarvi alla lettura di quanto non vi potrebbe piacere, ma solo il desiderio di dare nuova luce a qualcosa di mio che non ha scaturito il confronto che desideravo.
Solo questo, e se vorrete "buona lettura".
Il primo post che mi salta all'occhio è proprio quello che maggiormente mi ha sorpreso, poichè credevo (e speravo) che suscitasse un dibattito fra di noi.
VINO NON CONVENZIONALE...e quindi Vino Biologico, Biodinamico e vino Naturale.
Il Vino, inteso come alimento e non come bevanda, è sempre più sotto l'occhio dei consumatori, dei burocrati, dei politici, e negli interessi di chissà quale lobby.
Il Vino non convenzionale, argomento che gode di una grande visibilità (mediatica e non) e che pò essere portatore di alternativa all'Agricoltura convenzionale, di matrice industriale e dai grandi numeri.
Occasioni di confronto in una Fiera di Vino non convenzionale
Era il lontano ottobre 2011, e questo blog muoveva i suoi primi passi.
Fu questo il primo post "tecnico", ed in assoluto uno dei più ignorati.
Non importa essere Agricoltori per aver qualcosa da dire su questa (vecchia?) notizia a mio avviso inquietante ed agghiacciante.
Nel 2010 il reddito agricolo italiano in calo di -3,3%
Questo invece era, sempre del 2011, il primissimo post di "aggiornamento" nella vita al Podere.
Raccontando di raccolto, lavoro, stagione, iniziavo a raccontare di un quotidiano che mai abbandonerà questo blog.
All'epoca ero più bravo ed inserivo perfino delle foto (ma c'era chi mi aiutava in questo...).
Vendemmia, aratura e l'orto a fine ciclo
E' nello scorso Novembre, nella fase "leone in gabbia" che ho scritto uno dei mie tanti post lamentosi.
Un post scritto, e solamente questo pomeriggio riletto...per la prima volta.
Non era mai accaduto, e forse quello è stato un post profondamente ricco di preoccupazione e tristezza, testimone di un momento (assieme all'interminabile stagione delle piogge del 2014).
Come un messaggio scritto ed affidato al mare in una bottiglia, questo post dice molto (forse fra le righe) della difficoltà dell'essere Agricoltore.
Mi scuso con chi ha avuto la gentilezza di scrivere dei commenti, e spero possa essere tollerata questa mia licenza del silenzio.
E tra un mese sarà Natale
Ed infine, lo confesso: uno dei post a me più cari.
Non scrivevo ancora in prima persona, ma ero io ad esprimere concetti e ad avere voglia di comunicare.
Io, Anacronistico per antonomasia, da sempre, altamente incurante delle tendenze, delle mode, della massa e compagnia bella, nel 2011 raccoglievo per la prima volta le mie idee ed iniziavo a comunicarle.
Nessun familiare sapeva di questo angolo, nessun parente o amico...nessuno: solo gli avventori che chissà come inciampavano in questo angolo di internet.
Ebbene, questo post ve lo ripropongo, spero non come una minestra riscaldata, visto che diceva molto di quello che ero e di quello che ostinatamente sarei stato.
"Io Amo il mio essere Anacronistico, ma sarai ben felice di smettere di esserlo se altri potessero condividere i miei pensieri": lo dicevo quando avevo 14 anni.
Non aver un tempo non significa non avere un'identità
Semplicemente, complice una mezza bronchite che mi ha (finalmente?) messo a riposo per un paio di giorni, mi sono dilettato con le statistiche di Blogger.
Ho visto che, in sei anni di blog, e dopo tante parole dette, ci sono dei post che sono risultati meno "interessanti".
Post forse usciti in momenti sbagliati, post forse uggiosi per chi poteva leggerli, post scritti particolarmente male, post magari superflui per alcuni, o scomodi per altri: ecco, da buon bastian contrario, mi permetto di riproporveli.
Non un'operazione nostalgia, badate bene, e nemmeno il desiderio di forzarvi alla lettura di quanto non vi potrebbe piacere, ma solo il desiderio di dare nuova luce a qualcosa di mio che non ha scaturito il confronto che desideravo.
Solo questo, e se vorrete "buona lettura".
Il primo post che mi salta all'occhio è proprio quello che maggiormente mi ha sorpreso, poichè credevo (e speravo) che suscitasse un dibattito fra di noi.
VINO NON CONVENZIONALE...e quindi Vino Biologico, Biodinamico e vino Naturale.
Il Vino, inteso come alimento e non come bevanda, è sempre più sotto l'occhio dei consumatori, dei burocrati, dei politici, e negli interessi di chissà quale lobby.
Il Vino non convenzionale, argomento che gode di una grande visibilità (mediatica e non) e che pò essere portatore di alternativa all'Agricoltura convenzionale, di matrice industriale e dai grandi numeri.
Occasioni di confronto in una Fiera di Vino non convenzionale
Era il lontano ottobre 2011, e questo blog muoveva i suoi primi passi.
Fu questo il primo post "tecnico", ed in assoluto uno dei più ignorati.
Non importa essere Agricoltori per aver qualcosa da dire su questa (vecchia?) notizia a mio avviso inquietante ed agghiacciante.
Nel 2010 il reddito agricolo italiano in calo di -3,3%
Questo invece era, sempre del 2011, il primissimo post di "aggiornamento" nella vita al Podere.
Raccontando di raccolto, lavoro, stagione, iniziavo a raccontare di un quotidiano che mai abbandonerà questo blog.
All'epoca ero più bravo ed inserivo perfino delle foto (ma c'era chi mi aiutava in questo...).
Vendemmia, aratura e l'orto a fine ciclo
E' nello scorso Novembre, nella fase "leone in gabbia" che ho scritto uno dei mie tanti post lamentosi.
Un post scritto, e solamente questo pomeriggio riletto...per la prima volta.
Non era mai accaduto, e forse quello è stato un post profondamente ricco di preoccupazione e tristezza, testimone di un momento (assieme all'interminabile stagione delle piogge del 2014).
Come un messaggio scritto ed affidato al mare in una bottiglia, questo post dice molto (forse fra le righe) della difficoltà dell'essere Agricoltore.
Mi scuso con chi ha avuto la gentilezza di scrivere dei commenti, e spero possa essere tollerata questa mia licenza del silenzio.
E tra un mese sarà Natale
Ed infine, lo confesso: uno dei post a me più cari.
Non scrivevo ancora in prima persona, ma ero io ad esprimere concetti e ad avere voglia di comunicare.
Io, Anacronistico per antonomasia, da sempre, altamente incurante delle tendenze, delle mode, della massa e compagnia bella, nel 2011 raccoglievo per la prima volta le mie idee ed iniziavo a comunicarle.
Nessun familiare sapeva di questo angolo, nessun parente o amico...nessuno: solo gli avventori che chissà come inciampavano in questo angolo di internet.
Ebbene, questo post ve lo ripropongo, spero non come una minestra riscaldata, visto che diceva molto di quello che ero e di quello che ostinatamente sarei stato.
"Io Amo il mio essere Anacronistico, ma sarai ben felice di smettere di esserlo se altri potessero condividere i miei pensieri": lo dicevo quando avevo 14 anni.
Non aver un tempo non significa non avere un'identità
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