"Una volta terminata la castagnatura, chissà quanto tempo avrai per riposarti?!"
E' una domanda ricorrente, a cui confesso spesso non rispondo con totale sincerità.
Questo non fa di me un parziale menzoniere, ma piuttosto non mi accollo tutta la spiegazione sulla ripartizione delle fatiche in un periodo così fondamentale per la vita agricola di montagna.
Seppur sia vero che tutto rallenta, e per fortuna, l'accumulo delle cose da fare assume dimensioni spropositate di mese in mese, sino a crollarmi addosso all'arrivo di Novembre (epoca in cui appunto termina la castagnatura).
E' una domanda ricorrente, a cui confesso spesso non rispondo con totale sincerità.
Questo non fa di me un parziale menzoniere, ma piuttosto non mi accollo tutta la spiegazione sulla ripartizione delle fatiche in un periodo così fondamentale per la vita agricola di montagna.
Seppur sia vero che tutto rallenta, e per fortuna, l'accumulo delle cose da fare assume dimensioni spropositate di mese in mese, sino a crollarmi addosso all'arrivo di Novembre (epoca in cui appunto termina la castagnatura).
Di ritorno dal seccatoio, dove ho consegnato le ultime castagne destinate a diventar poi farina, nell'auto rifletto su come io possa organizzarmi all'indomani per trovare il bandolo della matassa e iniziare a lavorare con criterio a tutti quegli arretrati che son lì ad aspettarmi.
Quasi evito il rimorso di coscienza, promettendomi da subito che lavorerò sodo e che non mi concederò neppure un giorno di pausa, pensando che quello strano morbo (la pausa appunto) potrebbe contagiarmi sino a "farmi perdere una settimana di tempo prezioso".
Quindi non sono neanche arrivato all'uscio del podere che già ho stabilito da che parte rifarmi all'indomani, con criterio degno del miglior Stachanov, e fermezza negli intenti.
Ma aprendo l'uscio l'odore di sugo ai porcini che sobbolle sulla stufa a legna mi lascia sublimare ogni intento, e rimando all'indomani la comunicazione dei lavori da fare.
E la sera, quella stessa della consegna delle castagne al seccatoio, ha un sapore dolce nella mia bocca, dove quel goccio di grappa fa l'amore con il ricordo della cena e mi placa nell'animo più profondo, sussurrandomi quasi un "Ci penserai domani"...
Il sonno è profondo.
La sveglia è la solita, presto.
Ma la differenza la noto nella colazione, consumata lentamente, con qualche concessione in più in fatto di gola.
Mi attivo, ma è lì che la moglie mi chiede di aiutarla con qualche faccenda, e non posso e non voglio negarmi, e così scivola via l'intero primo giorno.
Ma la sera mi riprometto che l'indomani sarò sulla breccia, pronto ad affrontare le fatiche che dal marzo precedente si son sommate.
Il sonno è profondo, ancora.
La sveglia la solita, anzi no, forse ritardata di cinque minuti.
La colazione è ancor più lenta, ed ancor più golosa.
Ma niente mi potrà fermare, il secondo giorno.
Ma c'è da andare in paese, a sbrigar faccende di burocrazia, e quindi rimando al pomeriggio, dove c'è da aiutare la prole con la lezione.
Ed il terzo giorno sarà la fotocopia dei precedenti, dove anche il quarto ed il quinto, sino al sabato successivo.
"Sarebbe bello andare a mangiare la pizza..."
E come faccio a dire di no a quegli occhioni desiderosi di un mio si?
Infatti arriva la pizza, e il giorno dopo arriva anche una giratina in auto, a guardar come l'autunno si stia spogliando lentamente e in modo così colorato.
Una settimana.
Una settimana di festa, potrebbe dirmi qualcuno.
Una settimana di passaggio, dico io.
Girarsi addietro e riprendere in mano così tanto lavoro richiede lucidità, e ritengo sia fisiologico, oltre che di buon senso, rallentare (almeno un pochino) e riprender fiato prima del tanto lavoro da fare al podere, nella carraia, nella stalla o in alveare.
Infatti, paiola e cazzuola mi aspettano per murare, ristrutturare, ricostruire, intonacare vari muri e muretti.
Trapano e sega per ripiani da costruire, mobili da aggiustare, tetti da rattoppare.
Spatola e vernice per arnie da ringiovanire.
Fornello e pentolino per cera da sciogliere e così recuperare.
Pennello e calce per muri da rinfrescare di bianco.
Saldatrice ed elettrodi per...beh, per mille cose diverse, tante, da non saper quante raccontarne.
E poi ci sono le reti antigrandine da togliere, la serra da ricostruire, l'orto da svuotare, il legname da accatastare, il legname da segare, il legname da accatastare nuovamente.
In ogni parte del podere ci saranno almeno tre o quattro cantieri diversi che in parallelo poterò avanti, giusto per non rincricchiarmi la schiena a star gobboni a giornata, o in una posizione piuttosto che un'altra.
Verrà l'escavatore, e ci saranno da togliere le piante ormai secche, da aggiustare cigli e campi, scoli e fossati, strada e stradelli.
Ho una quantità di cose da risistemare, a cui trovare una posizione definitiva, da buttare, da ricomprare.
Soldi da spendere, inventari da fare, strutture da costruire.
Quasi evito il rimorso di coscienza, promettendomi da subito che lavorerò sodo e che non mi concederò neppure un giorno di pausa, pensando che quello strano morbo (la pausa appunto) potrebbe contagiarmi sino a "farmi perdere una settimana di tempo prezioso".
Quindi non sono neanche arrivato all'uscio del podere che già ho stabilito da che parte rifarmi all'indomani, con criterio degno del miglior Stachanov, e fermezza negli intenti.
Ma aprendo l'uscio l'odore di sugo ai porcini che sobbolle sulla stufa a legna mi lascia sublimare ogni intento, e rimando all'indomani la comunicazione dei lavori da fare.
E la sera, quella stessa della consegna delle castagne al seccatoio, ha un sapore dolce nella mia bocca, dove quel goccio di grappa fa l'amore con il ricordo della cena e mi placa nell'animo più profondo, sussurrandomi quasi un "Ci penserai domani"...
Il sonno è profondo.
La sveglia è la solita, presto.
Ma la differenza la noto nella colazione, consumata lentamente, con qualche concessione in più in fatto di gola.
Mi attivo, ma è lì che la moglie mi chiede di aiutarla con qualche faccenda, e non posso e non voglio negarmi, e così scivola via l'intero primo giorno.
Ma la sera mi riprometto che l'indomani sarò sulla breccia, pronto ad affrontare le fatiche che dal marzo precedente si son sommate.
Il sonno è profondo, ancora.
La sveglia la solita, anzi no, forse ritardata di cinque minuti.
La colazione è ancor più lenta, ed ancor più golosa.
Ma niente mi potrà fermare, il secondo giorno.
Ma c'è da andare in paese, a sbrigar faccende di burocrazia, e quindi rimando al pomeriggio, dove c'è da aiutare la prole con la lezione.
Ed il terzo giorno sarà la fotocopia dei precedenti, dove anche il quarto ed il quinto, sino al sabato successivo.
"Sarebbe bello andare a mangiare la pizza..."
E come faccio a dire di no a quegli occhioni desiderosi di un mio si?
Infatti arriva la pizza, e il giorno dopo arriva anche una giratina in auto, a guardar come l'autunno si stia spogliando lentamente e in modo così colorato.
Una settimana.
Una settimana di festa, potrebbe dirmi qualcuno.
Una settimana di passaggio, dico io.
Girarsi addietro e riprendere in mano così tanto lavoro richiede lucidità, e ritengo sia fisiologico, oltre che di buon senso, rallentare (almeno un pochino) e riprender fiato prima del tanto lavoro da fare al podere, nella carraia, nella stalla o in alveare.
Infatti, paiola e cazzuola mi aspettano per murare, ristrutturare, ricostruire, intonacare vari muri e muretti.
Trapano e sega per ripiani da costruire, mobili da aggiustare, tetti da rattoppare.
Spatola e vernice per arnie da ringiovanire.
Fornello e pentolino per cera da sciogliere e così recuperare.
Pennello e calce per muri da rinfrescare di bianco.
Saldatrice ed elettrodi per...beh, per mille cose diverse, tante, da non saper quante raccontarne.
E poi ci sono le reti antigrandine da togliere, la serra da ricostruire, l'orto da svuotare, il legname da accatastare, il legname da segare, il legname da accatastare nuovamente.
In ogni parte del podere ci saranno almeno tre o quattro cantieri diversi che in parallelo poterò avanti, giusto per non rincricchiarmi la schiena a star gobboni a giornata, o in una posizione piuttosto che un'altra.
Verrà l'escavatore, e ci saranno da togliere le piante ormai secche, da aggiustare cigli e campi, scoli e fossati, strada e stradelli.
Ho una quantità di cose da risistemare, a cui trovare una posizione definitiva, da buttare, da ricomprare.
Soldi da spendere, inventari da fare, strutture da costruire.
Che si tratti del lavello che non scarica bene, o della finestra che lascia passare lo spiffero, comunque ci sarà per me lavoro sicuro sempre, con pioggia o neve, sempre e comunque.
E...intanto, il lavoro con gli animali continuerà, tra pascolo e lavori in stalla, nel pollaio, nell'alveare e così via.
E...intanto, il lavoro con gli animali continuerà, tra pascolo e lavori in stalla, nel pollaio, nell'alveare e così via.
E la casa da mantenere calda, in una realtà dove non si pigia un bottone e i radiatori si fanno caldi, ma dove ogni santissimo giorno c'è da accendere due o tre fuochi, da gestirli con legna di pezzature diverse, da spostare, portare, e piegarsi decine e decine di volte, da ripulire, da seguire, da accudire...perchè sennò si crepa dal freddo...e soltanto questo è un lavoro a se.
E poi la manutenzione al trattore, alle attrezzature, le motoseghe sempre a cantare, il rimorchio da caricare e scaricare.
E chissà quante me ne sto già dimenticando, ma saranno lì ad aspettarmi, a tempo debito, reclamando il mio tempo.
E poi nevicherà, si nevicherà, e si rimarrà bloccati, e si rimarrà senza corrente elettrica, e l'acqua nei tubi gelerà, e sarà inverno di montagna.
E' vero, tutto sarà diverso perchè non si tratterà di un quotidiano in evoluzione, ma di un "ripassare le bucce" oltre che di un quotidiano sempre uguale.
Ma mi piace, e mi piace tanto.
Avrò tempo per leggere, finalmente, sopra a tutto adesso che ho gli occhiali da lettura, e magari qualcuno verrà per la cena a farci compagnia.
Ed anche se non andrò a far gite, vacanze, non mi toglierò sfizi e non coltiverò vizi, comunque sarà assai più rilassante e lento il vivere e lavorare qui nella vita agricola di montagna.
E poi la manutenzione al trattore, alle attrezzature, le motoseghe sempre a cantare, il rimorchio da caricare e scaricare.
E chissà quante me ne sto già dimenticando, ma saranno lì ad aspettarmi, a tempo debito, reclamando il mio tempo.
E poi nevicherà, si nevicherà, e si rimarrà bloccati, e si rimarrà senza corrente elettrica, e l'acqua nei tubi gelerà, e sarà inverno di montagna.
E' vero, tutto sarà diverso perchè non si tratterà di un quotidiano in evoluzione, ma di un "ripassare le bucce" oltre che di un quotidiano sempre uguale.
Ma mi piace, e mi piace tanto.
Avrò tempo per leggere, finalmente, sopra a tutto adesso che ho gli occhiali da lettura, e magari qualcuno verrà per la cena a farci compagnia.
Ed anche se non andrò a far gite, vacanze, non mi toglierò sfizi e non coltiverò vizi, comunque sarà assai più rilassante e lento il vivere e lavorare qui nella vita agricola di montagna.