Taglio dell'erba per gli animali del podere

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sabato 22 marzo 2025

L'arrivo della fiacca Primavera

Sono seduto su una pietra liscia, forse l'unica in cui il sedersi è piacevole.
Non bagnarsi è una operazione impossibile, nonostante la pesante cerata che mi protegge dalla pioggia, ma che mi fa sudare ancor di più.
Il rumore è il solito: la pioggia.
Terminava l'anno e questo rumore arrivava ad accompagnare ogni attimo di lì ad oggi.
Oltre ottanta giorni trascorsi, di cui settanta sempre sotto la pioggia, sempre, continuamente, inesorabilmente.
Consumato nell'anima, più che nel fisico, siedo sconsolato tentando di convincere le capre ad uscir dalla stalla, ma loro belanti son ferme lì sull'uscio, come corazzieri impassibili, a far polemica e mostrar dissenso sulla stagione che anche oggi gli si pone davanti.
Non sortono, neanche a scuotergli il secchio col formentone.
Non sortono, neanche a chiamarle come bimbi al parchino.
Il cane abbaia, fradicio e puzzoso, come a volerle convincere, ma tutt'al più loro arretrano, affogandosi nella penombra della stalla da pulire.
Son seduto, e provo a contare i giorni, anzi le ore, in cui dall'inizio dell'anno ho lavorato all'asciutto.
Un gran sospiro mi attraversa, ed a raccontarlo sembra una favola, ma un inverno fradicio come questo io non lo avevo mai raccontato e vissuto.
Ripenso a quel caffè bevuto al bar lungo la strada grande, la settimana scorsa: crocevia di opinionisti e tuttologi, e ricettacolo dei casi umani più fantasiosi e disparati.
C'era il professorone che tuonava con voce baritonale, indicando gli ignari presenti, e giudicandoli come colpevoli di tutto quel piovere...salvo poi andarsene a bordo del suo macchinone a nafta che inquinava più di un vecchio traghetto, e che lasciava almeno un'ora di puzzo nel piazzale asfaltato.
C'era la villeggiante, una sciagurata anima che rimbalza in quel luogo per tirarsi dietro le inimicizie degli avventori e dei locali, specificando sempre che lei ama l'estate, il caldo, il mare... e venendo cordialmente mandata proprio a quel paese, così caldo ed asciutto, così lontano. Ma chi ce l'aveva fatta venire lì in montagna?
C'era il camionista, robusto ed ingombrante, che assediando metà bancone intratteneva i baristi con aneddoti sui dispetti fatti a quei pochi ciclisti che stoicamente sfidavano le onde del suo camion, solo per farsi una sgambata.
C'era il pensionato maldicente, che cuciva corna e cappotti addosso a chiunque...salvo poi aver la moglie a casa che se la diceva da sempre con buona parte dei paesani che non avevano il vizio del bar.
C'ero io, in disparte che bevendo quel caffè allungato e dicacciato, notavo una cosa importante: nessuno parlava del freddo.

Nessun aneddoto sui lastroni di diaccio e sulle macchine accartocciate.
Nessun racconto di quanta neve fosse stata spalata, ammontinata, ed ancora spostata, facendo sfoggio di foto e dettagli.
Nessun storiella su macchine piantate nella neve per catene non messe, o gran macchinoni moderni appanciati a bordo strada.
Nessun accidente tirato al sindaco di turno, perchè non aveva fatto tirare abbastanza sale al mattino, o per come non faceva marciare lo spazzaneve nelle stradine strette.
Non vado spesso al bar, salvo le rare volte in cui scendo a valle, ma anche in quel luogo ho trovato la mancanza di...Inverno.
In questo periodo dell'anno gli aneddoti dovrebbero essere tanti, eppure...nulla di nulla, quasi come si fosse di Novembre o di fine Aprile.
Ed anche mentre son qui a pigliare la mia dose di acqua sul capo, penso che forse il mare sarà salito di una quindicina di metri per tutta l'acqua che qui dalla montagna gli abbiano mandato.
Forse laggiù, verso il mare, saranno tutti saliti ai piani alti, ed avranno avuto tempo per riorganizzarsi con barche e zattere per il loro vivere quotidiano. 
Io proprio non so dove vada tutta quest'acqua, ma di qui ne è corsa tanta, ma tanta davvero.
Penso a tante, troppe cose, ma invece che scaldarmi sento l'umidità che mi piglia a cazzotti le doghe, e devo muovermi, visto che le capre non usciranno neanche oggi.
Il cane, fedele compagno di ogni giornata, mi segue preparandosi al lavoro, ma nulla, richiudo la stalla, e vado a fare un carico di legna per la casa.
Da tutto questo non si scappa, mentre i ciliegi gemmano, l'erba brilla sin quasi a marcire, e le fangaie stancano le giunture durante le camminate.
A capo basso, mentre dei corvi gracchiano su un castagno, penso a quante cose io abbia da fare, cose che non farò, sapendo che la Primavera fiacca, arriverà tra sciroccate, caldo ed ancora pioggia.
E sperando, quasi come a voler pregare santi che non t'ascoltano, che non arrivi la gelata d'Aprile, certo che questa volta asfalterebbe tutto.
Son le solite lamentele, me ne rendo conto, ma se avessi lavorato in un ufficio avrei avuto altro da raccontare, altro di cui lamentarmi, ma questa è la mia vita, e continuo a pensare che non la cambierei mai con null'altro.
Le calze invece adesso son da cambiare: uno stivale non funziona più bene.
Buona primavera.