Taglio dell'erba per gli animali del podere

Taglio dell'erba per gli animali del podere

sabato 12 luglio 2025

Cambiamento in atto: quando il tempo detta le regole ed esigenze

Cari lettori, 
avventori o affezionati che siate, come sempre vi ringrazio per il tempo che mi dedicherete.
E' ormai dall'inizio di questo 2025 che stento a condividere qui i miei pensieri e racconti, e trovo doveroso fare alcune precisazioni.
Già in passato, almeno per altre due volte, ho avuto avuto la necessità di rendermi silenzioso (anche qui) per dar modo al cambiamento di prendere nuova forma.
Scrivo in questo blog dal 2011, e seppur con frequenze e tematiche differenti, ho sempre condiviso me stesso, la mia Passione e le Intensità della mia vita.
In molti affezionati sono andati altrove, altri se ne sono aggiunti, e nonostante i miei silenzi prolungati i numeri di questo blog sono cresciuti, spesso lasciandomi attonito.
Come molti di voi ben sapranno, la mia scelta di non abbinare tanto un volto quanto un luogo alla mia figura qui, è stata una dettata sin da subito dal bisogno di rinnegare quell'Apparenza che sempre più potente e dominante si fa nella vita del mondo virtuale e non.
Apparire, Esibirsi, Mettersi in mostra, Correre per risultare migliori: quanto queste cose non mi piacciono.
Le percepisco come una sorta di arrivismo di tipo esibizionista, e spesso le parole usate sono di una lingua che mal comprendo, o addirittura non comprendo affatto.
E mi sento sempre più un alieno, io che costantemente cerco di rimanere nella penombra, preferendo la sostanza all'apparenza, credendo che prima di tutto io debba fare per me, per la mia coscienza, e questo sarà stato fatto bene, allora mia sarà la soddisfazione senza il bisogno di ricevere una coccarda, un premio, un elogio pubblico, o essere il primo.
Mi manca quell'Ego che forse mi avrebbe reso un uomo diverso, magari dotato di maggior spicco ed audacia, forse addirittura un uomo Migliore, non so.
Ed invece appaio sempre più come una persona schiva, come una persona che sa accontentarsi troppo del poco, come qualcuno poco atto alle odierne (e nuove) convenzioni sociali.

Una delle cose che meno mi si addice è la competitività: non mi godrei il tragitto, l'esperienza in se, se dovessi concentrarmi solo sull'essere "bravo" o "il migliore".
E tutto questo è sempre stato un boomerang per me, poichè sento di essere sempre meno capito dagli altri, in antitesi proprio alla comprensione di me stesso che invece si fa più chiara e solida: io sto bene nei miei panni.
Proprio non troppi giorni fa, un amico mi chiese come mai io non avessi una vita attiva sui social, quasi rimproverandomi del fatto che fossi rimasto l'unico ormai a non essermi adeguato a questo, e mente mi parlava in una filippica noiosa ed inutile, mi ripetevo  mentalmente la tabellina del 17 pur di non ridergli sul ghigno, e farlo sentire un bischero.
Non mi sento migliore di lui.
Mi sento diverso da lui.
Ma la diversità è ormai sempre più un problema, non trovate?

Non essere allineati...
Avere un pensiero proprio, a prescindere dal consenso che esso riscuoterà da parte di chi ci ama...
Potersi sentire realmente nel libero arbitrio...
Boomerang, sempre e comunque boomerang.
Un medico mi ha comunicato che sono un "Uomo di mezz'età", e non potendolo contraddire, ho accettato questo con un gran sorriso sul mio volto stanco: non vivo col metro in mano, come in quel Film di Nanni Moretti, e non misuro quanto tempo possa mancarmi ancora.
Penso alle esperienze passate, a quanto mi abbiano formato.
Penso alle fatiche, alle conquiste, e sopra a tutto ai fallimenti: tutto mi ha reso l'uomo di mezz'età che sono oggi, e forse proprio i fallimenti mi hanno rafforzato ancor di più.
E nel suo piccolo, anche questo blog ha rappresentato un approdo da dove spesso salpo ed attracco, senza mai comunicarlo a nessuno, se non a voi presenti.
Già, tra amici e familiari, in due o tre mi seguono qui, rigorosamente in anonimato, rispettando la mia volontà di essere (almeno qui) senza un cognome o un indirizzo.
Secondo me si può dimostrare quel che siamo senza dover avere vetrine scintillanti, raccomandazioni accorate o mappe di percorrenza già scritte da altri per noistessi.
In questi 13 anni vi ho quindi portato nel mio mondo, quello fatto di tante riflessioni, racconti del quotidiano, sogni condivisi, storie inventate, aneddoti carpiti qua e là.
Ed in questi 13 anni ho mantenuto sempre (spero) lo stesso tono cordiale e grato per la vostra voglia di leggere qui e lasciare commenti.

Ma prima ho parlato di cambiamento.
Ebbene, non furono le sirene di tempi andati, ne i numeri crescenti, ne tanto meno spinte emotive sul rincorrere il tempo che corre.
Nossignori.
Oggi sono arrivato a questa scelta con la mia testa, sapendo che non farò un torto a nessuno, e che forse farò (adesso...e non prima di adesso) un piacere a me stesso.
Gettandomi a modo mio in quel gran minestrone che sobbolle, ma facendolo coscientemente e rigorosamente con il mio passo.
Sono anni che ci lavoro, tanti tanti anni, e forse è il momento di raggruppare alcune mie storie e di vederle stampate su carta.
Sono andato così per tanto tempo controcorrente, e continuerò a farlo, fregandomene di metterci faccia e codice fiscale, ma portando avanti la mia personale crociata sulla sostanza e non sul bisogno di associare i pensieri alla persona che li ha prodotti.
Lascerò quindi che siano le parole ad andare avanti, facendomi tanto servo quanto motore di loro, e lasciando che siano loro ad usare me per poi ritrovarsi iscritte su pagine vere, dotate di un proprio odore.
E confesso che tutto è stato sbloccato pensando che altri bimbi possano leggere questo, proprio come il me bambino faceva quasi quarant'anni fa, ed aprendosi al mondo, alla fantasia ed alla curiosità in quel modo che ancora oggi mi appartiene.

Non avrei saputo dirlo in modo differente.
Vi ringrazio.









sabato 22 marzo 2025

L'arrivo della fiacca Primavera

Sono seduto su una pietra liscia, forse l'unica in cui il sedersi è piacevole.
Non bagnarsi è una operazione impossibile, nonostante la pesante cerata che mi protegge dalla pioggia, ma che mi fa sudare ancor di più.
Il rumore è il solito: la pioggia.
Terminava l'anno e questo rumore arrivava ad accompagnare ogni attimo di lì ad oggi.
Oltre ottanta giorni trascorsi, di cui settanta sempre sotto la pioggia, sempre, continuamente, inesorabilmente.
Consumato nell'anima, più che nel fisico, siedo sconsolato tentando di convincere le capre ad uscir dalla stalla, ma loro belanti son ferme lì sull'uscio, come corazzieri impassibili, a far polemica e mostrar dissenso sulla stagione che anche oggi gli si pone davanti.
Non sortono, neanche a scuotergli il secchio col formentone.
Non sortono, neanche a chiamarle come bimbi al parchino.
Il cane abbaia, fradicio e puzzoso, come a volerle convincere, ma tutt'al più loro arretrano, affogandosi nella penombra della stalla da pulire.
Son seduto, e provo a contare i giorni, anzi le ore, in cui dall'inizio dell'anno ho lavorato all'asciutto.
Un gran sospiro mi attraversa, ed a raccontarlo sembra una favola, ma un inverno fradicio come questo io non lo avevo mai raccontato e vissuto.
Ripenso a quel caffè bevuto al bar lungo la strada grande, la settimana scorsa: crocevia di opinionisti e tuttologi, e ricettacolo dei casi umani più fantasiosi e disparati.
C'era il professorone che tuonava con voce baritonale, indicando gli ignari presenti, e giudicandoli come colpevoli di tutto quel piovere...salvo poi andarsene a bordo del suo macchinone a nafta che inquinava più di un vecchio traghetto, e che lasciava almeno un'ora di puzzo nel piazzale asfaltato.
C'era la villeggiante, una sciagurata anima che rimbalza in quel luogo per tirarsi dietro le inimicizie degli avventori e dei locali, specificando sempre che lei ama l'estate, il caldo, il mare... e venendo cordialmente mandata proprio a quel paese, così caldo ed asciutto, così lontano. Ma chi ce l'aveva fatta venire lì in montagna?
C'era il camionista, robusto ed ingombrante, che assediando metà bancone intratteneva i baristi con aneddoti sui dispetti fatti a quei pochi ciclisti che stoicamente sfidavano le onde del suo camion, solo per farsi una sgambata.
C'era il pensionato maldicente, che cuciva corna e cappotti addosso a chiunque...salvo poi aver la moglie a casa che se la diceva da sempre con buona parte dei paesani che non avevano il vizio del bar.
C'ero io, in disparte che bevendo quel caffè allungato e dicacciato, notavo una cosa importante: nessuno parlava del freddo.

Nessun aneddoto sui lastroni di diaccio e sulle macchine accartocciate.
Nessun racconto di quanta neve fosse stata spalata, ammontinata, ed ancora spostata, facendo sfoggio di foto e dettagli.
Nessun storiella su macchine piantate nella neve per catene non messe, o gran macchinoni moderni appanciati a bordo strada.
Nessun accidente tirato al sindaco di turno, perchè non aveva fatto tirare abbastanza sale al mattino, o per come non faceva marciare lo spazzaneve nelle stradine strette.
Non vado spesso al bar, salvo le rare volte in cui scendo a valle, ma anche in quel luogo ho trovato la mancanza di...Inverno.
In questo periodo dell'anno gli aneddoti dovrebbero essere tanti, eppure...nulla di nulla, quasi come si fosse di Novembre o di fine Aprile.
Ed anche mentre son qui a pigliare la mia dose di acqua sul capo, penso che forse il mare sarà salito di una quindicina di metri per tutta l'acqua che qui dalla montagna gli abbiano mandato.
Forse laggiù, verso il mare, saranno tutti saliti ai piani alti, ed avranno avuto tempo per riorganizzarsi con barche e zattere per il loro vivere quotidiano. 
Io proprio non so dove vada tutta quest'acqua, ma di qui ne è corsa tanta, ma tanta davvero.
Penso a tante, troppe cose, ma invece che scaldarmi sento l'umidità che mi piglia a cazzotti le doghe, e devo muovermi, visto che le capre non usciranno neanche oggi.
Il cane, fedele compagno di ogni giornata, mi segue preparandosi al lavoro, ma nulla, richiudo la stalla, e vado a fare un carico di legna per la casa.
Da tutto questo non si scappa, mentre i ciliegi gemmano, l'erba brilla sin quasi a marcire, e le fangaie stancano le giunture durante le camminate.
A capo basso, mentre dei corvi gracchiano su un castagno, penso a quante cose io abbia da fare, cose che non farò, sapendo che la Primavera fiacca, arriverà tra sciroccate, caldo ed ancora pioggia.
E sperando, quasi come a voler pregare santi che non t'ascoltano, che non arrivi la gelata d'Aprile, certo che questa volta asfalterebbe tutto.
Son le solite lamentele, me ne rendo conto, ma se avessi lavorato in un ufficio avrei avuto altro da raccontare, altro di cui lamentarmi, ma questa è la mia vita, e continuo a pensare che non la cambierei mai con null'altro.
Le calze invece adesso son da cambiare: uno stivale non funziona più bene.
Buona primavera.