Taglio dell'erba per gli animali del podere

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martedì 22 dicembre 2015

Occasioni di confronto in una Fiera di Vino non convenzionale

Partendo dal presupposto che per me l'Unica Via da percorrere è proprio quella dell'agricoltura "alternativa", e quindi rifuggendo anche in viticoltura ed enologia gli aspetti interventisti e chimico-industriali, non troppo tempo fa sono stato ad una fiera di produttori di Vino "non convenzionale"(Biologico, Biodinamico e "Naturale").
Girando tra i banchi delle varie aziende, ho avuto il piacere di confrontarmi con molti di questi viticoltori, e di chiedere loro molto sull'origine della scelta fatta: il dibattito sulla "scelta" dell'Agricoltura, ed inevitabilmente dello stile di vita da condurre, è sempre fonte di interessanti dibattiti e confronti tra percorsi diversi e intenti comuni.
Con questo mio scritto non intendo parlare del Vino presentato nella fiera, nè tanto meno addentrarmi in una (sicuramente) filippica sul come tutti potremmo (dovremmo!) tentare di conoscere e di far proprie le regole che anche queste aziende hanno intenzione di darsi, divenendo consumatori di soli prodotti provenienti da VERE (e non "di facciata"...) aziende cosiddette Bio o tradizionali-Naturali.
Tanto meno mi voglio ritrovare nell'inevitabile ginepraio della spiegazione dei disciplinari, degli enti certificatori, delle regole "non scritte"dell'argomento in qustione.
Produttori, vignaioli, cantinieri, contadini, Agricoltori...chiamiamoli come meglio vogliamo (con i dovuto distinguo) che ogni giorno tentano di compiere un atto di evidente rispetto verso la Natura, mirando a danneggiare il meno possibile l'ambiente ed il futuro della Terra, e spesso impegnandosi a recuperare i tanti (TANTI) danni fatti negli ultimi 40-50 anni.
Il vino, inteso come alimento (e mai come bevanda), è uno dei componenti della nostra dieta, incastonato nel fittone delle nostre tradizioni, da anni è oggetto di accese discussioni tra i "convenzionali"( coloro i quali utilizzano chimica di sintesi, diserbanti, azioni invasive in vigna ed in cantina, chimica in cantina) ed i "non convenzionali", trai i quali possiamo annoverare i Biologici ed i Biodinamici (controllati da un ente certificatore) ed i "Naturali" (forse i più radicali  ed estremi tra i produttori di vino).
Il vino era il protagonista di questa fiera, e tra i produttori era assai viva la necessità di comunicare quanto io andavo cercando, ed appunto spiegare come mai fossero giunti a quel tipo di scelta, e cosa questa avesse comportato.
Parlando con loro è stato da subito evidente che i più avessero "origini" differenti dal contesto dove adesso si trovavano.
Chi si era laureato in economia e commercio, chi svolgeva il compito di assicuratore, chi era impiegato in una multinazionale, chi era insegnante, chi artigiano: raramente c'era chi era figlio di agricoltori, ed ancor più raramente c'era chi aveva una famiglia che nel tempo si tramandava terra e passione per lavorarla.
La maggior parte proveniva dalle città, grandi città che li aveva partoriti con un lavoro che evidentemente rimaneva loro stretto, e che nel tempo li aveva trattenuti a forza nonostante la loro spiccata curiosità verso quanto di più alternativo ci potesse essere a quel loro vivere.
Una "costrizione" che, a detta di molti, era divenuta soffocante, e che li rendeva schiavi delle proprie scelte, senza che ci fossero prospettive di vita assai diverse (e migliori?).
Neo-contadini che erano fuggiti, tagliando a forza quei cordoni ombelicali, e portandosi ad allontanarsi il più possibile.
La scelta del luogo dove "seminare" la nuova vita era spesso affidato al caso, frutto di una girata in una determinata zona d'Italia, o nell'andare a trovare amici in paesi e borghi di un Italia diversa da quella metropolitana.
I più fortunati invece erano ritornati alle origini, nella vecchia cascina o podere del nonno, abbandonata a se stessa, o piuttosto data in affitto a chissà chi.
Tutti "emigranti", dalla città alla campagna, con accenti differenti, già conoscitori dell'area "new age" dell'agricoltura alternativa, con in mente idee bucoliche di pecorelle al pascolo, terra lavorata a zappa, e spostamenti fatti a cavallo.
Il loro confrontarsi con la realtà li ha portati ad una profonda analisi individuale, mettendo spesso in dubbio quanto realmente volessero cambiare la propria vita, lasciando gli "agi" metropolitani a favore della fatica boia del lavorare i campi.
Ebbene, dopo non poco tribolare, solo i più convinti ce l'hanno fatta, ed hanno creato le loro aziende agricole dove il convenzionale era bandito e le alternative fungevano da reattore per ogni loro azione.
Nella sperimentazione per molti, ed il recupero del tradizionale per pochi, le "agricolture verdi" hanno iniziato a dare i propri frutti, ed in vino in questo caso era il figlio di tanta fatica, ostinatezza, prospettiva, rispetto ed ancora fatica.
Con quei profumi primordiali, così tanto distaccati dalle infinite menate del "devi sentire questo nel vino altrimenti non capisci niente del vino" piuttosto che "non riesco a comprendere se questo odore sia fiore di calicantus o buccia di topinambur"...
Con quelle acidità marcate, così interessanti, promotrici di una beva unica, e di profonde soddisfazioni senza dolori alla testa, allo stomaco, ed all'anima...
Con quel sincero menefreghismo del proprio essere "diverso"...
Con quel profondo distacco dal resto...
Con quella voglia di conquistarti come mai nessuno prima...
...il vino raccontava le tante storie dei tanti produttori che c'erano dietro.
Ed assaggiando, udivo la voce di questi racconti già nel bicchiere, lontano dalle stelle e stelline delle guide, immerso in un vero e proprio confronto tra pari.
Purtroppo ho riscontrato che solo in alcuni casi questi neo-agricoltori avevano anche, oltre al vino, altri indirizzi nella propria azienda, concentrandosi in tutto e per tutto sulla vite, e tralasciando (generalmente per mancanza di forze e tempo) anche altre colture o allevamenti.
Ma, quando capitava di incontrare il contadino che, oltre a fare il vino faceva anche altro, coltivando la terra, ed allevando anche animali, sicuramente la discussione era ancor più interessata da parte mia.
Far conciliare il "fare vino" con gli altri indirizzi aziendali è cosa possibile seppur estremamente dispendiosa in ambito economico e fisico: in molti però hanno ritenuto necessaria questa scelta, per giustificare ancor meglio il loro vivere "di campagna" e non solo il loro vivere in campagna.
Parole affidate al piacere ed alla compagnia, pronunciate in un luogo magari complicato per le confidenze, ma ugualmente intimo.
Mi chiedo quanto di voi lettori abbiano conoscenza di questi produttori di vino, e sopratutto quanti acquistino le loro bottiglie.
Io sono un assiduo consumatore, anche e soprattutto perchè ad oggi non tollero più molto quei vini tanto artefatti quanto finti, costruiti a tavolino, lontani dalle storie del proprio territorio e forzatamente indirizzati verso la massa e la tendenza del momento.

4 commenti:

  1. Il discorso è complesso... sicuramente il biologico e il naturale nel vino come nell'agricoltura è da preferire e cercare sempre.. poi dipende però, ci sono vini biologici fatti con uve non della tradizione nè tantomeno del territorio... c'è da capire intendiamoci chi butta dentro merlot pinot e gli altri vitigni non locali nei vini che produce, biologici o meno, però non è detto che i sapori che vengano fuori abbiano molto a che fare con la storia del territorio...
    poi capita di trovare anche vini fatti abbastanza alla vecchia maniera e magari per di più biologici ma non è per niente facile... siamo a questo paradosso...
    in famiglia mia ci siamo posti il problema perchè organizziamo a volte delle cene per alcuni ospiti, abbiamo un piccolo affittacamere di sole 3 camere e ogni tanto qualcuno chiede la cena, che è solo tipica toscana anzi per l'esattezza solo con le ricette della famiglia, rigorose e ortodosse. In un certo senso è una specie di ritorno in un balzo al passato di sessantanni fa. Per chi cena da noi è una sorpresa, in genere sono persone non italiane e la cucina toscana è ignota quasi a chiunque, tanto più vedersi portare sulla tavola piatti difficili da trovare come il collo ripieno o il coniglio arrosto morto, o la faraona con le olive, fatte nella stessa esatta maniera come si facevano sessanta e più anni fa... oltre al fatto che anche le altre cose che apparentemente si trovano più spesso come i crostini di fegatini o la minestra di fagioli, in ogni caso sono fatti da noi con cura e sempre come si faceva "una volta"...
    Ora è chiaro che se si vuole andare secondo la tradizione praticamente "filologica"... se non addirittura "archeologica" si potrebbe dire... di un pranzo di una famiglia contadina della media valdelsa di tanti anni fa, un vino biologico di merlot oppure di sangiovese e merlot o di sangiovese e cabernet, sarebbe una assurdità. Provando e cercando abbiamo trovato questo vino biologico di una fattoria di Montespertoli, e a mia mamma (è lei che cura la cucina e i piatti) ricorda molto il vino molto sempllice che si beveva nella sua famiglia quando ancora stavano al podere. E' un sangiovese veramente semplicissimo, di base, e si trova anche sfuso in alcuni negozi di vino sfuso qui a Firenze e così lo portiamo in tavola, nelle bottiglie riempite dal vinaio.
    Lo stesso produttore fa anche altri vini con merlot e cabernet peraltro e con costi ben diversi, ma l'idea di offrire anche un vino "da tavola" come piaceva una volta, è quasi una specialità, visto che ormai si trovano sempre meno... senza contare l'importanza di avere un vino senza pretese e a cifre accettabili, mentre invece ormai sembra una gara a fare vini sempre più sublimi, dai sapori sempre più raffinati e sempre più elitari... e sempre più lontani, che si voglia o no, dalla tradizione di quei pranzi e di quelle cene nelle famiglie contadine della Toscana e delle altre parti d'Italia...
    che poi io capisco un piccolo produttore che fa tutto o quasi da solo e quel poco che fa cerca di farlo che abbia sempre più valore per tentare, giustissimamente, di tenersi a galla, ma poi veramente la scelta è tra la bottiglia di biologico che costa una sassata e per di più che non ha nulla a che fare con la tradizione locale e il vino quotidiano del super, e se non puoi permetterti le sassate la scelta diventa obbligata...
    certo sono argomenti complessi... riguardano la possibilità di mantenere le nostre tradizioni in un mondo che cambia anzi che è già cambiato... che poi è il problema maggiore in questo momento in sostanza

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    1. Ciao Alberto,
      per me parlare di Vino Non Convenzionale è sicuramente cosa facile, visto che conosco abbastanza bene la materia (tanto come produttore che consumatore).
      Ti spiegherò in pochissime parole l'idea che io ho di un vino Naturale, senza appunto rifarmi ad alcun Disciplinare, Regola o associazione di appartenenza.
      Secondo me in vigna si dovrebbero fare lavorazioni manuali, abolire o ridurre al minimo l'utilizzo del trattore, non avere sesti d'impianto che prevedano spazi "claustrofobici" tra le piante e tra le file, assecondare il più possibile la pianta (con potature e gestione del verde mirati a far produrre poco la pianta), utilizzo di solo zolfo e rame in moderate quantità, utilizzo di macerati, decotti o tisane fatti rigorosamente con erbaggi autoctoni.
      In cantina poi l'uva dovrebbe essere semplicemente messa in condizione di svolgere le proprie fermentazioni (si mosti e vini) con i propri lieviti, evitando successive chiarificazioni, filtraggi, manipolazioni, controllo delle temperature e l'utilizzo di prodotti chimici.
      Secondo me anche il vitigno dovrebbe essere autoctono, e addirittura meglio se dietro c'è un recupero di qualche vitigno oramai oscurato dai vitigni internazionali.
      Tutta una serie di approcci che potrebbero (e spesso riescono) a offrire un prodotto schietto e senza dubbio "particolare", che differisce dagli standard a cui tutti noi siamo oramai abituati...spesso "uniformati".
      Non è facile trovare produttori che abbiano avuto tali sensibilità ed intuizioni, come non è facile trovare prodotti che sappiano essere autentici, proprio come tu intendevi nel tuo intervento, ma una fiera (per esempio) può essere l'occasione per incontrare realtà che facciano al caso tuo.
      Ti ringrazio molto per il tuo intervento.
      Ciao
      A.A.

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  2. Purtroppo il futuro non sarà biologico e prevedo una fine "orrenda" per l'umanità.
    Per il vino io ne produco due varietà: il bianco e il nero: E' produzione mia e mi fido solo di quello che produco io. Molti si avvicinano al biologico, ma facciano attenzione a quello che acquistano ci sono in giro truffatori. Tanti auguri di Buone Feste a Te a chi vuoi bene e al tuo interessante lavoro.

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    1. Non ho certo alcuna sicurezza dalla mia, se non quell'indomabile Ottimismo che mi accompagna sempre: credo che prima o poi l'Uomo dovrà ravvedersi su molte sue decisioni, e rivedere i propri passi si rivelerà fondamentale per la sua sopravvivenza...perlomeno per come la intendiamo adesso.
      Mentre si spendono cifre inimmaginabili per raggiungere, "conquistare" e magari colonizzare altri pianeti...si perdono (secondo me) immense opportunità per salvare la nostra Vita su questo.
      La Terra sopravviverà, come sempre ha fatto, e l'Uomo magari si adatterà, come sempre ha fatto.
      L'inquinamento in aumento, le calotte polari che si sciolgono, le stagioni che si ribaltano, e noi tutti (minuscoli singoli individui) possiamo fare qualcosa.
      Non dico risolvere i problemi che attanagliano le sorti del nostre futuro, ma magari partecipare al cambiamento in senso certamente meno negativo.
      Ebbene, se anche un singolo non può contribuire a questo, a poco varrebbero gli sforzi di quanti ogni giorno si adoperano al fine di "migliorare" (o magari anche solo limitare il danno) nei confronti del proprio futuro.
      Ma qui si parlava "solo" di produttori di vino NON convenzionale...figuriamoci se si parlava di inquinamento.
      Ti ringrazio per la tua presenza, per i tuoi sempre graditissimi commenti, e per gli Auguri, che non manco di girare anche a te e a quanti ci stiano leggendo.
      Alla prossima.
      A.A.

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