Storia di podere: la mela col bachino
Ci sono storie Semplici, che sono direttamente narrate dalla Vita al Podere.
Storie che narrano di un quotidiano visibile all'Agricoltore, e che riescono sempre a stupirlo.
Come, oramai nel lontano Agosto 2017, narrai la nana muta ostinata oggi ne propongo un'altra:
Storie che narrano di un quotidiano visibile all'Agricoltore, e che riescono sempre a stupirlo.
Come, oramai nel lontano Agosto 2017, narrai la nana muta ostinata oggi ne propongo un'altra:
La mela col bachino.
Oggi che ho una bambina a cui la racconto prima della nanna, sento comunque il desiderio di condividerla con voi, pensando che possa farvi comodo in una nanna da accompagnare con qualche bimbo della vostra Vita.
Oggi che ho una bambina a cui la racconto prima della nanna, sento comunque il desiderio di condividerla con voi, pensando che possa farvi comodo in una nanna da accompagnare con qualche bimbo della vostra Vita.
"Non tutte le Estati al Podere erano uguali.
Ce ne erano di lunghe e calde, di piovose ed uggiose, di brevi e fresche, e la Natura si alternava nel tempo riproponendosi con tanta varietà anche in questa stagione.
L'Agricoltore faticava sempre molto nel periodo estivo, e seppur fosse da lui tanto amato ai tempi in cui era bimbo, con il lavoro di Campagna e crescendo la percezione di questa stagione era cambiata.
La Frescura della sera era il momento da lui preferito, ma la maggior parte dei lavori dovevano svolgersi proprio sotto al sole cocente, che più o meno era la costante di ogni giorno d'Estate.
E se l'orto gradiva il gran caldo, regalando sempre pomodori dolcissimi e zucchini a non finire, i pascoli ne soffrivano invece, facendo patire gli animali che ne usufruivano per il loro desinare.
Ecco che, in quelle estati considerate "trememende" per il caldo incessante e la scarsità di pioggia, l'Agricoltore si vedeva costretto a spostare il gregge delle capre nelle colline più alte, distanti da podere, e difficili da essere raggiunte.
Ce ne erano di lunghe e calde, di piovose ed uggiose, di brevi e fresche, e la Natura si alternava nel tempo riproponendosi con tanta varietà anche in questa stagione.
L'Agricoltore faticava sempre molto nel periodo estivo, e seppur fosse da lui tanto amato ai tempi in cui era bimbo, con il lavoro di Campagna e crescendo la percezione di questa stagione era cambiata.
La Frescura della sera era il momento da lui preferito, ma la maggior parte dei lavori dovevano svolgersi proprio sotto al sole cocente, che più o meno era la costante di ogni giorno d'Estate.
E se l'orto gradiva il gran caldo, regalando sempre pomodori dolcissimi e zucchini a non finire, i pascoli ne soffrivano invece, facendo patire gli animali che ne usufruivano per il loro desinare.
Ecco che, in quelle estati considerate "trememende" per il caldo incessante e la scarsità di pioggia, l'Agricoltore si vedeva costretto a spostare il gregge delle capre nelle colline più alte, distanti da podere, e difficili da essere raggiunte.
Infatti, sparse qua e là per le proprietà limitrofe, c'erano piccoli campi abbandonati, spesso fagocitati da pruni e bosco, che offrivano scampoli di verde buono per le capre.
Dei tanti che conosceva ce n'era uno in cui non saliva da molto tempo.
Le capre, radunate di prima mattina, venivano abbeverate e governate con fieno buono, e prima che il sole fosse alto l'Agricoltore s'avviava con il cane fedele, seguito dagli animali, che ordinati ed in fila, lo salivanoo lungo la strada, che poi si faceva sentiero, e da ultimo era un semplice attraversamento del castagneto alto.
A testa alta, le capre rubavano il fogliame lungo strada, senza però attardarsi nel seguire l'uomo, mentre il cane dava un abbaio a sollecitare la camminata.
Nei castagni il fresco rincuorava l'Agricoltore, e poi l'ultimo stradello s'apriva in un pascolo verde, verdissimo, incastonato tra i castagni, che svettava sulla cima della collina alta, come una chierica.
Alla vista delle erbe fresche e profumate, le capre si spagliavano disordinate, salvo poi radunarsi sotto l'abbaio del cane.
L'Agricoltore, dopo la faticata, si sdraiava sotto all'unico albero posto alla sommità della collina: un vecchio melo, che proprio in quei giorni offriva sempre delle buone mele mature e succose.
Si guardava intorno l'uomo, e sotto ai suoi occhi quei capi chini intenti a mangiare erba profumata ed alta, il cane che si accoccolava tra loro e l'uomo, il prato verde tutto attorno, ed un unico grande sasso, alto come un'uomo, su cui solitamente si appoggiavano gli uccelli in cerca di insetti tra le erbe.
C'era silenzio lassù, ed un fresco che al Podere l'uomo sognava ogni notte.
Da qualche anno non saliva così in alto per il pascolo, ma ogni volta che vi ritornava era sempre un piacere per lui e per i suoi amati animali.
Allungando una mano per rubare una mela ne prese una tra le più grandi: ancora verde, s'avviava a brunire, ed al tatto iniziava a cedere di un poco: era matura.
Il gesto di sempre, quel sdrusciarla sul bordo della manica della camicia, prima del primo morso, e...
Dei tanti che conosceva ce n'era uno in cui non saliva da molto tempo.
Le capre, radunate di prima mattina, venivano abbeverate e governate con fieno buono, e prima che il sole fosse alto l'Agricoltore s'avviava con il cane fedele, seguito dagli animali, che ordinati ed in fila, lo salivanoo lungo la strada, che poi si faceva sentiero, e da ultimo era un semplice attraversamento del castagneto alto.
A testa alta, le capre rubavano il fogliame lungo strada, senza però attardarsi nel seguire l'uomo, mentre il cane dava un abbaio a sollecitare la camminata.
Nei castagni il fresco rincuorava l'Agricoltore, e poi l'ultimo stradello s'apriva in un pascolo verde, verdissimo, incastonato tra i castagni, che svettava sulla cima della collina alta, come una chierica.
Alla vista delle erbe fresche e profumate, le capre si spagliavano disordinate, salvo poi radunarsi sotto l'abbaio del cane.
L'Agricoltore, dopo la faticata, si sdraiava sotto all'unico albero posto alla sommità della collina: un vecchio melo, che proprio in quei giorni offriva sempre delle buone mele mature e succose.
Si guardava intorno l'uomo, e sotto ai suoi occhi quei capi chini intenti a mangiare erba profumata ed alta, il cane che si accoccolava tra loro e l'uomo, il prato verde tutto attorno, ed un unico grande sasso, alto come un'uomo, su cui solitamente si appoggiavano gli uccelli in cerca di insetti tra le erbe.
C'era silenzio lassù, ed un fresco che al Podere l'uomo sognava ogni notte.
Da qualche anno non saliva così in alto per il pascolo, ma ogni volta che vi ritornava era sempre un piacere per lui e per i suoi amati animali.
Allungando una mano per rubare una mela ne prese una tra le più grandi: ancora verde, s'avviava a brunire, ed al tatto iniziava a cedere di un poco: era matura.
Il gesto di sempre, quel sdrusciarla sul bordo della manica della camicia, prima del primo morso, e...
...e la mela era bacata, se ne accorse un attimo prima di addentarla.
"Peccato" pensò l'Agricoltore, "una mela così bella e bacata...mica stolto il bachino."
La guardò un'ultima volta, mentre gli riempiva quasi l'intera mano, e poi la lanciò via, proprio verso quel sasso alto che pareva lo stesse ascoltando.
Il tonfo sordo del frutto che sbatteva a terra, un merlo che da dietro il sasso spiccava il volo, e poi ancora il silenzio, rotto dai campani delle capre che continuavano a mangiare.
Con la seconda mela l'Agricoltore fu più fortunato, e questa volta nessun baco gli privò il piacere di azzannarla.
Il tempo di una pennichella, le capre che ruminavano, il vento che si alzava, ed era l'ora del rientro.
Quel campo, tanto prezioso, era però assai piccolo, e non poteva sfamare il suo gregge se non per una sola giornata.
Rimesso il cappello di paglia sulla testa mantenuta fresca dall'ombra del melo, riprese in mano il suo bastone, camminò vicino al cane che si destava, e passò tra le capre che sembrarono ignorarlo, salvo poi prepararsi a seguirlo con l'arrivo del cane.
Un fischio, lanciato verso il podere, tutti gli animali in fila a seguirlo, e via verso casa, lungo i castagni, lo stradello, e la strada sterrata.
Quasi riusciva a ricordarsi ogni sua singola salita a quel piccolo campo, scovato quasi per caso durante una passeggiata per cercare i funghi, molti anni prima.
"Peccato" pensò l'Agricoltore, "una mela così bella e bacata...mica stolto il bachino."
La guardò un'ultima volta, mentre gli riempiva quasi l'intera mano, e poi la lanciò via, proprio verso quel sasso alto che pareva lo stesse ascoltando.
Il tonfo sordo del frutto che sbatteva a terra, un merlo che da dietro il sasso spiccava il volo, e poi ancora il silenzio, rotto dai campani delle capre che continuavano a mangiare.
Con la seconda mela l'Agricoltore fu più fortunato, e questa volta nessun baco gli privò il piacere di azzannarla.
Il tempo di una pennichella, le capre che ruminavano, il vento che si alzava, ed era l'ora del rientro.
Quel campo, tanto prezioso, era però assai piccolo, e non poteva sfamare il suo gregge se non per una sola giornata.
Rimesso il cappello di paglia sulla testa mantenuta fresca dall'ombra del melo, riprese in mano il suo bastone, camminò vicino al cane che si destava, e passò tra le capre che sembrarono ignorarlo, salvo poi prepararsi a seguirlo con l'arrivo del cane.
Un fischio, lanciato verso il podere, tutti gli animali in fila a seguirlo, e via verso casa, lungo i castagni, lo stradello, e la strada sterrata.
Quasi riusciva a ricordarsi ogni sua singola salita a quel piccolo campo, scovato quasi per caso durante una passeggiata per cercare i funghi, molti anni prima.
Chissà quando sarebbe di nuovo salito sin lassù?
E quella giornata si concluse così, e si concluse anche quella estate, e come sempre successe, altre ne passarono.
A quel punto l'agricoltore non aveva di certo perso le proprie abitudini, ed a fronte di una delle estati tremende che tanto non gli piacevano, aveva deciso di salire ancora una volta proprio a quel piccolo campo.
Le estati, che si erano alternate, gli avevano portato qualche acciacco, ma i bimbi che giocavano nell'aia gli facevano passare ogni male.
Quindi decise di arrampicarsi sin lassù, in quel campo tra i più alti, prendendosi tutto il tempo del piacere di salire.
Il cane nero oramai era vecchio, ma a mordergli la coda adesso c'era un cucciolo, che tanta energia aveva, e che avrebbe affrontato per la prima volta quella salita.
Radunate le capre, s'aggiunse il cavallo da tiro, sul quale mise due ceste, una per ogni bambino.
Non era di certo l'alba, ne l'ora migliore per salire, ma approfittando di un pò di nuvolaglia, s'avventurò su per la strada, col solito passo a gamba lunga, dondolante quanto quelle due ceste piene di bimbi che ridevano.
L'agricoltore, il cavallo retto per una corda fissata alla capezza, i bimbi contenti che facevano chiasso, ed il branco delle tante capre, tra campani sonanti, e corna strusciate sulle ramaglie basse.
Salivano, in una processione condita dagli abbai del giovane cane che, aitante e spavaldo, sentiva tutta la responsabilità di quel suo primo salire, mentre il vecchio cane nero dosava energia e voce, laddove servisse.
Lo stradello che si stringeva, il castagneto, mentre qualche tafano sbatacchiava sulla pelle, e costringeva l'agricoltore ad affrettare il passo.
Nei rami si notavano i primi ricci, ed a terra le felci scrocchiavano sotto il passo pesante del cavallo.
La frescura presto s'aprì a quel pascolo, così in alto, così sempre brillante nonostante quell'ennesima estate torrida.
Le capre abbassarono il capo, per poi subito rialzarlo alla volta delle foglie di rovo e delle prime more che stavano maturando.
L'agricoltore legò il cavallo al ramo basso di un melo, per permettergli di poter brucare e godere di quel ben di Dio.
I bimbi, una volta a terra, si misero all'ombra a giocare con dei legnetti.
C'era silenzio, mentre il cane giovane strusciava la lingua a terra, tanto s'era stancato, ed il vecchio dormiva con un occhio aperto a vegliare le sue capre.
L'uomo si prese un momento per se, e si sedette sotto al melo, allungando la mano per cogliere una mela, e guardare poi quel paesaggio avvolto da quell'aria fine e piacevole.
Le capre, i cani, il sassone, l'alberino, i bimbi che giocavano...l'alberino?
E che ci faceva quell'albero piccolo proprio messo tra lui e la grande pietra?
E quella giornata si concluse così, e si concluse anche quella estate, e come sempre successe, altre ne passarono.
A quel punto l'agricoltore non aveva di certo perso le proprie abitudini, ed a fronte di una delle estati tremende che tanto non gli piacevano, aveva deciso di salire ancora una volta proprio a quel piccolo campo.
Le estati, che si erano alternate, gli avevano portato qualche acciacco, ma i bimbi che giocavano nell'aia gli facevano passare ogni male.
Quindi decise di arrampicarsi sin lassù, in quel campo tra i più alti, prendendosi tutto il tempo del piacere di salire.
Il cane nero oramai era vecchio, ma a mordergli la coda adesso c'era un cucciolo, che tanta energia aveva, e che avrebbe affrontato per la prima volta quella salita.
Radunate le capre, s'aggiunse il cavallo da tiro, sul quale mise due ceste, una per ogni bambino.
Non era di certo l'alba, ne l'ora migliore per salire, ma approfittando di un pò di nuvolaglia, s'avventurò su per la strada, col solito passo a gamba lunga, dondolante quanto quelle due ceste piene di bimbi che ridevano.
L'agricoltore, il cavallo retto per una corda fissata alla capezza, i bimbi contenti che facevano chiasso, ed il branco delle tante capre, tra campani sonanti, e corna strusciate sulle ramaglie basse.
Salivano, in una processione condita dagli abbai del giovane cane che, aitante e spavaldo, sentiva tutta la responsabilità di quel suo primo salire, mentre il vecchio cane nero dosava energia e voce, laddove servisse.
Lo stradello che si stringeva, il castagneto, mentre qualche tafano sbatacchiava sulla pelle, e costringeva l'agricoltore ad affrettare il passo.
Nei rami si notavano i primi ricci, ed a terra le felci scrocchiavano sotto il passo pesante del cavallo.
La frescura presto s'aprì a quel pascolo, così in alto, così sempre brillante nonostante quell'ennesima estate torrida.
Le capre abbassarono il capo, per poi subito rialzarlo alla volta delle foglie di rovo e delle prime more che stavano maturando.
L'agricoltore legò il cavallo al ramo basso di un melo, per permettergli di poter brucare e godere di quel ben di Dio.
I bimbi, una volta a terra, si misero all'ombra a giocare con dei legnetti.
C'era silenzio, mentre il cane giovane strusciava la lingua a terra, tanto s'era stancato, ed il vecchio dormiva con un occhio aperto a vegliare le sue capre.
L'uomo si prese un momento per se, e si sedette sotto al melo, allungando la mano per cogliere una mela, e guardare poi quel paesaggio avvolto da quell'aria fine e piacevole.
Le capre, i cani, il sassone, l'alberino, i bimbi che giocavano...l'alberino?
E che ci faceva quell'albero piccolo proprio messo tra lui e la grande pietra?
I rami aperti, il tronco diritto, bello e schietto: l'uomo si alzo, mela alla mano, per guardarlo da vicino.
Ma chi poteva mai averci piantato un melo lassù?
Proprio non capiva, e gli ci volle qualche minuto prima di ricordare quel giorno, di tanti anni prima: quel gesto, quella mela buttata via contro a quel sasso, quella mela bacata.
Ma chi poteva mai averci piantato un melo lassù?
Proprio non capiva, e gli ci volle qualche minuto prima di ricordare quel giorno, di tanti anni prima: quel gesto, quella mela buttata via contro a quel sasso, quella mela bacata.
L'agricoltore conosceva le regole dell'agricoltura, e sapeva che tutto ha un senso...anche una mela bacata.
Ecco, ci pensò e ci ripensò, ed alla fine ne fu certo: stesso punto, nessun innesto, stessa varietà...quel melino era nato proprio da quella mela scartata.
Ci si commosse l'agricoltore, ci si commosse per davvero, e chiamò subito i bimbi a raccolta, raccontando loro quella storia.
Promise loro che, quando lui sarebbe stato troppo stanco per salire sin lassù, loro avrebbero trovato ristoro anche sotto a quel bel melino, che negli anni avrebbe fatto tante e tante mele buone.
Spiegò loro che, una delle regole più importanti della natura è che tutto serve, tutto + utile, alla natura stessa, ed alla sua conservazione.
Talvolta la mano dell'uomo può e deve aiutare, e proprio questa è la responsabilità più grande degli agricoltori.
Anche quando una cosa sembra non essere utile, poi compie il suo ciclo.
E così i bimbi ascoltarono, e vollero che l'agricoltore raccontasse loro quella storia ancora, scendendo verso il podere, ed ancora la sera prima di addormentarli, ed ancora nei giorni a venire."
Ecco, ci pensò e ci ripensò, ed alla fine ne fu certo: stesso punto, nessun innesto, stessa varietà...quel melino era nato proprio da quella mela scartata.
Ci si commosse l'agricoltore, ci si commosse per davvero, e chiamò subito i bimbi a raccolta, raccontando loro quella storia.
Promise loro che, quando lui sarebbe stato troppo stanco per salire sin lassù, loro avrebbero trovato ristoro anche sotto a quel bel melino, che negli anni avrebbe fatto tante e tante mele buone.
Spiegò loro che, una delle regole più importanti della natura è che tutto serve, tutto + utile, alla natura stessa, ed alla sua conservazione.
Talvolta la mano dell'uomo può e deve aiutare, e proprio questa è la responsabilità più grande degli agricoltori.
Anche quando una cosa sembra non essere utile, poi compie il suo ciclo.
E così i bimbi ascoltarono, e vollero che l'agricoltore raccontasse loro quella storia ancora, scendendo verso il podere, ed ancora la sera prima di addormentarli, ed ancora nei giorni a venire."
Bella storia grazie.Ricordo che tre anni fa, poco dopo la storia della Nana, hai comunicato ai tuoi lettori di essere diventato padre e anche qui i riferimenti psicologici non mancano. Non è che tu stia aumentando famiglia? Ciao, scusami per l'impertinenza e sempre buona estate! Emanuele
RispondiEliminaEmanuele, figli in arrivo non ce ne sono, perlomeno che io sappia...
EliminaMolte sono le storie, autobiografiche più o meno, che racconto alla bimba, e che prima collezionavo aspettando il momento giusto per poterle raccontare.
Son racconti semplici, molto semplici, ma che la bimba apprezza tanto.
Buona fine estate anche a te.
A.A.
Un bel racconto. "dai! raccontane altre"
RispondiEliminail Vecchio ed il Bambino.
EliminaLa ascoltavo proprio l'altro ieri con la bimba.
Di storie ce ne sono...
Grazie.
A.A.
Bello! Letto tutto d'un fiato!
RispondiEliminaGrazie tante.
EliminaA.A.
Caro AA mi hai fatto ricordare una favola.."l'uomo che piantava gli alberi" https://www.youtube.com/watch?v=pI0yOZQwVb8 se non l'hai visto te lo consiglio..e' solo un favola ma vale la pena perderci un mezz'oretta...Ciao!
RispondiEliminaCiao Fabio,
Eliminaconosco quella storia e mi piace molto.
Grazie per la segnalazione, magari altri utenti potranno scoprirla.
Anche io la consiglio a tutti.
Ciao
A.A.
Piacevolissima pausa. Grazie per le emozioni che trasmetti con i tuoi scritti. Bimba fortunata, la tua! E se ne hai altre...son tutta orecchie. Come dissi per la "Nana" non ho figli piccini né nipotini cui raccontarle ma piacciono tantissimo alla bimba che è in me ;)
RispondiEliminaUn caro saluto Susanna
L'importante è che a qualche "bimba" possano arrivare.
EliminaGrazie Susanna, davvero.
A.A.
E il mero che era sulla pietra appena l'Agricoltore volse lo sguardo raccolse il baco nel becco per portarlo al nido... (a no niente nidi in tarda estate, vorrà dire che se lo sarà mangiato subito lui)
RispondiElimina(Scusa, merLo)
RispondiEliminaNido o no, dovrà pur mangiare anche lui.
RispondiEliminaOttima idea.
Grazie Vera
A.A.