Termina l'anno, ed il mio pensiero va inevitabilmente a quanto è accaduto al Podere e nella mia Vita.
Agronomicamente parlando il 2015 è stato certamente un anno positivo: dopo il 2014 (l'annus horribilis che rimarrà indelebile nella mente e nel portafogli di quanti della Terra ne facciano una professione) poteva solo andare meglio, e così è stato.
Un discreto raccolto di fieno, un abbondante vendemmia, un più che buon raccolto di olive, e poi anche l'orto, le uova (mai come quest'anno), i maiali, etc.
E' stato l'anno in cui ho scoperto il problema che affligge le mie amate capre, ed anche l'anno dell'arrivo del secondo cavallo.
Anno dove mi son dilettato più che mai a fare il "norcino di casa", ed anche l'anno delle patate e delle cipolle.
L'anno delle api...e del primo miele!
Un anno lungo, faticoso, ma Buono, dove certamente non mi son mai cullato negli allori o soffermato troppo a disperarmi sugli insuccessi.
Un anno dove il trattore mi ha detto che dovevo spendere i soldi (frizione da rifare), e dove ho deciso di rimandare tale problema al 2016.
Un anno con poco latte, tanto letame, pochi carciofi nell'orto, troppe cimici in autunno, buona legna da ardere, lunghe fermentazioni nei tini, bellissime fioriture.
Agronomicamente sono soddisfatto.
Un anno comunque pieno di eventi personali, alcuni attesi da molto tempo, tra cui quella firma che mi permetterà di vivere più serenamente sotto al tetto (comunque da rifare) del Podere.
Sicurezze arrivate dopo lunghe, lunghissime ed estenuanti arrabbiature, delusioni, silenzi, ed ancora tremende arrabbiature.
Un anno, mi perdonerete il lessico, dove mi sono incazzato come non mai, contrastando quei famosi "poteri forti" e dove non ho mai accettato di essere trattato come un numero a discapito della mia dignità di Uomo.
Un anno Nervoso, forse il più nervoso dei trentasei vissuti sino ad oggi, dove in molti hanno avuto a che fare con la mia Pazienza svanita, e dove male ho gestito un animo tanto ribelle quanto addirittura intemperante di fronte alla mancanza di Rispetto o Ascolto.
Un anno dove ho urlato, come non mai prima d'ora...un anno in cui mi son sfogato, senza trattenere tutto dentro come la Vita mi aveva insegnato a fare.
Un anno di tante spese fatte, molti impegni sostenuti, ed altrettante ambizioni neo concepite.
Un anno in cui la salute mi ha voltato le spalle in più occasioni, ed in cui le preoccupazioni non sono certo mancate, le incomprensioni con chi veste un camice bianco, le solite tiritere, nuovi orizzonti.
Un anno in cui troppi genitori vicino a me hanno subito l'attacco di questi Strani Nuovi Mali, e quindi un anno i cui i loro figli li ho sentiti più vicini che mai.
Un anno in cui ho dovuto anche rinunciare, dopo tanto tempo che non lo facevo, e delegare...ficcandomi l'orgoglio in tasca, e lasciando prevalere il buon senso.
Un anno in cui sono ingrassato, i capelli e la barba si son fatti più bianchi, ed ho deciso di cambiare stile di guida adattandomi alla mia nuova vecchia auto.
Un anno di grandi consapevolezze.
Un anno di Amore, pugni sul tavolo, e cambi di rotta.
Un anno di Autarchia e sopravvivenza.
Un anno di salite, curve secche, ma anche belle discese.
Le tre istantanee di questo 2015:
La domenica di Pasqua, sotto al cielo ventoso di Livorno, sulla terrazza Mascagni: quello che ci siano detti con mia moglie...
Quella telefonata ricevuta il 17 di Luglio, con l'odore dell'erba medica sfalciata che invadeva il mio trattore fresco di ranghinatura, mentre mi veniva da piangere per l'emozione di quelle parole tanto aspettate ed agognate, preludio di un grande senso di leggerezza...
Questa mattina, mentre leggevo un referto che attendevo da tre anni, stando immobile nel mezzo di un parcheggio affollato, senza capire se dovevo essere felice o preoccupato per quelle parole...
...
Tante le parole che ho detto, che ho ascoltato, e che avrei voluto dire.
Tante le sveglie prima dell'alba, con la consapevolezza che quello che mi avrebbe aspettato sarebbe stato un giorno troppo duro per le mie braccia.
Tanti i momenti in cui son riuscito a staccare dal mondo e godermi il volo delle rondini sopra la mia testa.
Troppi i momenti in cui ho dovuto farmi rigido per non soccombere di fronte al Sistema ed alle sue Mode.
Nessun momento in cui ho avuto un rimpianto.
Questo 2015 rimarrà per me l'anno Nervoso, in cui adrenalina e coscienza si son sposate con esternazione e soddisfazione.
Questo 2015, un anno Nervoso, necessario e costruttivo.
Buona fine e buon principio a tutti.
tra autarchia e visionarietà, stoicismo e pragmatismo: una raccolta di tradizioni, quotidianità e progetti di un amante della campagna che vede nella Naturalità l'unica via
Taglio dell'erba per gli animali del podere

mercoledì 30 dicembre 2015
mercoledì 23 dicembre 2015
Natale 2015
Come ogni anno apro un post dove io possa parlare del Natale che sarà o possa dedicare spazio alla "Letterina a Babbo Natale".
Quest'anno ho difficoltà a riempire di giubilo il blog, e sono di questi giorni delle notizie che mi hanno rattristato non poco.
Il Natale è per me da Sempre LA FESTA dell'anno: è il momento in cui io condivido ancor di più quella gioia innata (e spesso poco capita anche dal sottoscritto) tentando di coinvolgere le persone vicino a me in quello che viene definito "lo spirito natalizio".
Non si tratta di quell'odioso adagio che recita "A Natale siamo tutti più Buoni", che francamente non ho mai sopportato, ma di quella voglia di fare festa...per quella voglia irrefrenabile di felicità.
Quest'anno arrivo con meno entusiasmo a questo appuntamento, ed il mio pensiero scivola sempre verso gli occhi e le parole delle persone che ho vicino e che hanno preoccupazioni grandi da gestire.
Quest'anno sento che essere felici è assai più faticoso...
"Caro Babbo Natale,
a scrivere sono sempre io a distanza di un anno, con qualche in più pelo bianco nella barba e diversi kili di peso.
Scriverti per me è sempre stato un momento emozionante, e lo è stato tanto nei momenti felici quanto nei momenti più bui della mia vita...proprio quando a soffrire ero io: in te e nel tuo spirito ho trovato sempre una "valida scusa" per star meglio, confidando che poi saresti arrivato a farmi visita.
Durante tutto l'arco dell'anno ho ricevuto molti doni, mi sono tolto sfizi, ed ho edificato per il prossimo anno, cercando di essere tanto lungimirante quanto istintivo.
Ho ricevuto e dato Amore, ed in questo momento non desidero nulla di più per me.
Ed ecco che per questo Natale non ho richieste materiali da farti, ma ho piuttosto dei pensieri da affidare al tuo buon cuore, certo che tu saprai renderli regali e recapitarli alle persone giuste.
Affetto...comprensione...forza...prospettiva...positività...ed ancora Affetto: pensieri rivolti a quei ragazzi che sono vicini a me da oramai una vita, e che stanno provando paure e dolori tanto come uomini che come figli.
A loro, pezzi del mio cuore, vorrei che arrivassero i miei pensieri, e che sapessero sfruttarli al meglio.
Che a loro arrivino solo pensieri positivi, che sappiano sempre cogliere il bello di ogni attimo della Vita, e che ne sappiano fare tesoro senza andare nel dolore, ogni volta.
A loro arrivi il mio abbraccio, la mia presenza, e che sappiano usare queste cose come meglio credono, senza curarsi troppo di come io stia o di quanto io possa preoccuparmi per loro.
Io desidero solo questo per questo Natale, e sono certo che tu saprai donare loro queste cose.
Caro Babbo Natale, un altro anno è passato, e mentre ti assomiglio ogni giorno sempre di più, desidero che anche tu riceva quell'affetto che da trentasei anni non manco mai di dimostrarti, e che sappia vedermi sorridere mentre dormo il 24 Notte.
Ti aspetto..."
A tutti voi l'augurio di un Sereno, e Felice Natale,
nella speranza che anche voi possiate ricevere i doni che più desiderate, e che possiate condividerli con chi più amate.
Mentre scrivo dall'alto di questa collina, ed il cielo continua a farsi bigio, a tutti voi dico ancora Buon Natale.
A.A.
Quest'anno ho difficoltà a riempire di giubilo il blog, e sono di questi giorni delle notizie che mi hanno rattristato non poco.
Il Natale è per me da Sempre LA FESTA dell'anno: è il momento in cui io condivido ancor di più quella gioia innata (e spesso poco capita anche dal sottoscritto) tentando di coinvolgere le persone vicino a me in quello che viene definito "lo spirito natalizio".
Non si tratta di quell'odioso adagio che recita "A Natale siamo tutti più Buoni", che francamente non ho mai sopportato, ma di quella voglia di fare festa...per quella voglia irrefrenabile di felicità.
Quest'anno arrivo con meno entusiasmo a questo appuntamento, ed il mio pensiero scivola sempre verso gli occhi e le parole delle persone che ho vicino e che hanno preoccupazioni grandi da gestire.
Quest'anno sento che essere felici è assai più faticoso...
"Caro Babbo Natale,
a scrivere sono sempre io a distanza di un anno, con qualche in più pelo bianco nella barba e diversi kili di peso.
Scriverti per me è sempre stato un momento emozionante, e lo è stato tanto nei momenti felici quanto nei momenti più bui della mia vita...proprio quando a soffrire ero io: in te e nel tuo spirito ho trovato sempre una "valida scusa" per star meglio, confidando che poi saresti arrivato a farmi visita.
Durante tutto l'arco dell'anno ho ricevuto molti doni, mi sono tolto sfizi, ed ho edificato per il prossimo anno, cercando di essere tanto lungimirante quanto istintivo.
Ho ricevuto e dato Amore, ed in questo momento non desidero nulla di più per me.
Ed ecco che per questo Natale non ho richieste materiali da farti, ma ho piuttosto dei pensieri da affidare al tuo buon cuore, certo che tu saprai renderli regali e recapitarli alle persone giuste.
Affetto...comprensione...forza...prospettiva...positività...ed ancora Affetto: pensieri rivolti a quei ragazzi che sono vicini a me da oramai una vita, e che stanno provando paure e dolori tanto come uomini che come figli.
A loro, pezzi del mio cuore, vorrei che arrivassero i miei pensieri, e che sapessero sfruttarli al meglio.
Che a loro arrivino solo pensieri positivi, che sappiano sempre cogliere il bello di ogni attimo della Vita, e che ne sappiano fare tesoro senza andare nel dolore, ogni volta.
A loro arrivi il mio abbraccio, la mia presenza, e che sappiano usare queste cose come meglio credono, senza curarsi troppo di come io stia o di quanto io possa preoccuparmi per loro.
Io desidero solo questo per questo Natale, e sono certo che tu saprai donare loro queste cose.
Caro Babbo Natale, un altro anno è passato, e mentre ti assomiglio ogni giorno sempre di più, desidero che anche tu riceva quell'affetto che da trentasei anni non manco mai di dimostrarti, e che sappia vedermi sorridere mentre dormo il 24 Notte.
Ti aspetto..."
A tutti voi l'augurio di un Sereno, e Felice Natale,
nella speranza che anche voi possiate ricevere i doni che più desiderate, e che possiate condividerli con chi più amate.
Mentre scrivo dall'alto di questa collina, ed il cielo continua a farsi bigio, a tutti voi dico ancora Buon Natale.
A.A.
martedì 22 dicembre 2015
Occasioni di confronto in una Fiera di Vino non convenzionale
Partendo dal presupposto che per me l'Unica Via da percorrere è proprio quella dell'agricoltura "alternativa", e quindi rifuggendo anche in viticoltura ed enologia gli aspetti interventisti e chimico-industriali, non troppo tempo fa sono stato ad una fiera di produttori di Vino "non convenzionale"(Biologico, Biodinamico e "Naturale").
Girando tra i banchi delle varie aziende, ho avuto il piacere di confrontarmi con molti di questi viticoltori, e di chiedere loro molto sull'origine della scelta fatta: il dibattito sulla "scelta" dell'Agricoltura, ed inevitabilmente dello stile di vita da condurre, è sempre fonte di interessanti dibattiti e confronti tra percorsi diversi e intenti comuni.
Con questo mio scritto non intendo parlare del Vino presentato nella fiera, nè tanto meno addentrarmi in una (sicuramente) filippica sul come tutti potremmo (dovremmo!) tentare di conoscere e di far proprie le regole che anche queste aziende hanno intenzione di darsi, divenendo consumatori di soli prodotti provenienti da VERE (e non "di facciata"...) aziende cosiddette Bio o tradizionali-Naturali.
Tanto meno mi voglio ritrovare nell'inevitabile ginepraio della spiegazione dei disciplinari, degli enti certificatori, delle regole "non scritte"dell'argomento in qustione.
Produttori, vignaioli, cantinieri, contadini, Agricoltori...chiamiamoli come meglio vogliamo (con i dovuto distinguo) che ogni giorno tentano di compiere un atto di evidente rispetto verso la Natura, mirando a danneggiare il meno possibile l'ambiente ed il futuro della Terra, e spesso impegnandosi a recuperare i tanti (TANTI) danni fatti negli ultimi 40-50 anni.
Il vino, inteso come alimento (e mai come bevanda), è uno dei componenti della nostra dieta, incastonato nel fittone delle nostre tradizioni, da anni è oggetto di accese discussioni tra i "convenzionali"( coloro i quali utilizzano chimica di sintesi, diserbanti, azioni invasive in vigna ed in cantina, chimica in cantina) ed i "non convenzionali", trai i quali possiamo annoverare i Biologici ed i Biodinamici (controllati da un ente certificatore) ed i "Naturali" (forse i più radicali ed estremi tra i produttori di vino).
Il vino era il protagonista di questa fiera, e tra i produttori era assai viva la necessità di comunicare quanto io andavo cercando, ed appunto spiegare come mai fossero giunti a quel tipo di scelta, e cosa questa avesse comportato.
Parlando con loro è stato da subito evidente che i più avessero "origini" differenti dal contesto dove adesso si trovavano.
Chi si era laureato in economia e commercio, chi svolgeva il compito di assicuratore, chi era impiegato in una multinazionale, chi era insegnante, chi artigiano: raramente c'era chi era figlio di agricoltori, ed ancor più raramente c'era chi aveva una famiglia che nel tempo si tramandava terra e passione per lavorarla.
La maggior parte proveniva dalle città, grandi città che li aveva partoriti con un lavoro che evidentemente rimaneva loro stretto, e che nel tempo li aveva trattenuti a forza nonostante la loro spiccata curiosità verso quanto di più alternativo ci potesse essere a quel loro vivere.
Una "costrizione" che, a detta di molti, era divenuta soffocante, e che li rendeva schiavi delle proprie scelte, senza che ci fossero prospettive di vita assai diverse (e migliori?).
Neo-contadini che erano fuggiti, tagliando a forza quei cordoni ombelicali, e portandosi ad allontanarsi il più possibile.
La scelta del luogo dove "seminare" la nuova vita era spesso affidato al caso, frutto di una girata in una determinata zona d'Italia, o nell'andare a trovare amici in paesi e borghi di un Italia diversa da quella metropolitana.
I più fortunati invece erano ritornati alle origini, nella vecchia cascina o podere del nonno, abbandonata a se stessa, o piuttosto data in affitto a chissà chi.
Tutti "emigranti", dalla città alla campagna, con accenti differenti, già conoscitori dell'area "new age" dell'agricoltura alternativa, con in mente idee bucoliche di pecorelle al pascolo, terra lavorata a zappa, e spostamenti fatti a cavallo.
Il loro confrontarsi con la realtà li ha portati ad una profonda analisi individuale, mettendo spesso in dubbio quanto realmente volessero cambiare la propria vita, lasciando gli "agi" metropolitani a favore della fatica boia del lavorare i campi.
Ebbene, dopo non poco tribolare, solo i più convinti ce l'hanno fatta, ed hanno creato le loro aziende agricole dove il convenzionale era bandito e le alternative fungevano da reattore per ogni loro azione.
Nella sperimentazione per molti, ed il recupero del tradizionale per pochi, le "agricolture verdi" hanno iniziato a dare i propri frutti, ed in vino in questo caso era il figlio di tanta fatica, ostinatezza, prospettiva, rispetto ed ancora fatica.
Con quei profumi primordiali, così tanto distaccati dalle infinite menate del "devi sentire questo nel vino altrimenti non capisci niente del vino" piuttosto che "non riesco a comprendere se questo odore sia fiore di calicantus o buccia di topinambur"...
Con quelle acidità marcate, così interessanti, promotrici di una beva unica, e di profonde soddisfazioni senza dolori alla testa, allo stomaco, ed all'anima...
Con quel sincero menefreghismo del proprio essere "diverso"...
Con quel profondo distacco dal resto...
Con quella voglia di conquistarti come mai nessuno prima...
...il vino raccontava le tante storie dei tanti produttori che c'erano dietro.
Ed assaggiando, udivo la voce di questi racconti già nel bicchiere, lontano dalle stelle e stelline delle guide, immerso in un vero e proprio confronto tra pari.
Purtroppo ho riscontrato che solo in alcuni casi questi neo-agricoltori avevano anche, oltre al vino, altri indirizzi nella propria azienda, concentrandosi in tutto e per tutto sulla vite, e tralasciando (generalmente per mancanza di forze e tempo) anche altre colture o allevamenti.
Ma, quando capitava di incontrare il contadino che, oltre a fare il vino faceva anche altro, coltivando la terra, ed allevando anche animali, sicuramente la discussione era ancor più interessata da parte mia.
Far conciliare il "fare vino" con gli altri indirizzi aziendali è cosa possibile seppur estremamente dispendiosa in ambito economico e fisico: in molti però hanno ritenuto necessaria questa scelta, per giustificare ancor meglio il loro vivere "di campagna" e non solo il loro vivere in campagna.
Parole affidate al piacere ed alla compagnia, pronunciate in un luogo magari complicato per le confidenze, ma ugualmente intimo.
Mi chiedo quanto di voi lettori abbiano conoscenza di questi produttori di vino, e sopratutto quanti acquistino le loro bottiglie.
Io sono un assiduo consumatore, anche e soprattutto perchè ad oggi non tollero più molto quei vini tanto artefatti quanto finti, costruiti a tavolino, lontani dalle storie del proprio territorio e forzatamente indirizzati verso la massa e la tendenza del momento.
Girando tra i banchi delle varie aziende, ho avuto il piacere di confrontarmi con molti di questi viticoltori, e di chiedere loro molto sull'origine della scelta fatta: il dibattito sulla "scelta" dell'Agricoltura, ed inevitabilmente dello stile di vita da condurre, è sempre fonte di interessanti dibattiti e confronti tra percorsi diversi e intenti comuni.
Con questo mio scritto non intendo parlare del Vino presentato nella fiera, nè tanto meno addentrarmi in una (sicuramente) filippica sul come tutti potremmo (dovremmo!) tentare di conoscere e di far proprie le regole che anche queste aziende hanno intenzione di darsi, divenendo consumatori di soli prodotti provenienti da VERE (e non "di facciata"...) aziende cosiddette Bio o tradizionali-Naturali.
Tanto meno mi voglio ritrovare nell'inevitabile ginepraio della spiegazione dei disciplinari, degli enti certificatori, delle regole "non scritte"dell'argomento in qustione.
Produttori, vignaioli, cantinieri, contadini, Agricoltori...chiamiamoli come meglio vogliamo (con i dovuto distinguo) che ogni giorno tentano di compiere un atto di evidente rispetto verso la Natura, mirando a danneggiare il meno possibile l'ambiente ed il futuro della Terra, e spesso impegnandosi a recuperare i tanti (TANTI) danni fatti negli ultimi 40-50 anni.
Il vino, inteso come alimento (e mai come bevanda), è uno dei componenti della nostra dieta, incastonato nel fittone delle nostre tradizioni, da anni è oggetto di accese discussioni tra i "convenzionali"( coloro i quali utilizzano chimica di sintesi, diserbanti, azioni invasive in vigna ed in cantina, chimica in cantina) ed i "non convenzionali", trai i quali possiamo annoverare i Biologici ed i Biodinamici (controllati da un ente certificatore) ed i "Naturali" (forse i più radicali ed estremi tra i produttori di vino).
Il vino era il protagonista di questa fiera, e tra i produttori era assai viva la necessità di comunicare quanto io andavo cercando, ed appunto spiegare come mai fossero giunti a quel tipo di scelta, e cosa questa avesse comportato.
Parlando con loro è stato da subito evidente che i più avessero "origini" differenti dal contesto dove adesso si trovavano.
Chi si era laureato in economia e commercio, chi svolgeva il compito di assicuratore, chi era impiegato in una multinazionale, chi era insegnante, chi artigiano: raramente c'era chi era figlio di agricoltori, ed ancor più raramente c'era chi aveva una famiglia che nel tempo si tramandava terra e passione per lavorarla.
La maggior parte proveniva dalle città, grandi città che li aveva partoriti con un lavoro che evidentemente rimaneva loro stretto, e che nel tempo li aveva trattenuti a forza nonostante la loro spiccata curiosità verso quanto di più alternativo ci potesse essere a quel loro vivere.
Una "costrizione" che, a detta di molti, era divenuta soffocante, e che li rendeva schiavi delle proprie scelte, senza che ci fossero prospettive di vita assai diverse (e migliori?).
Neo-contadini che erano fuggiti, tagliando a forza quei cordoni ombelicali, e portandosi ad allontanarsi il più possibile.
La scelta del luogo dove "seminare" la nuova vita era spesso affidato al caso, frutto di una girata in una determinata zona d'Italia, o nell'andare a trovare amici in paesi e borghi di un Italia diversa da quella metropolitana.
I più fortunati invece erano ritornati alle origini, nella vecchia cascina o podere del nonno, abbandonata a se stessa, o piuttosto data in affitto a chissà chi.
Tutti "emigranti", dalla città alla campagna, con accenti differenti, già conoscitori dell'area "new age" dell'agricoltura alternativa, con in mente idee bucoliche di pecorelle al pascolo, terra lavorata a zappa, e spostamenti fatti a cavallo.
Il loro confrontarsi con la realtà li ha portati ad una profonda analisi individuale, mettendo spesso in dubbio quanto realmente volessero cambiare la propria vita, lasciando gli "agi" metropolitani a favore della fatica boia del lavorare i campi.
Ebbene, dopo non poco tribolare, solo i più convinti ce l'hanno fatta, ed hanno creato le loro aziende agricole dove il convenzionale era bandito e le alternative fungevano da reattore per ogni loro azione.
Nella sperimentazione per molti, ed il recupero del tradizionale per pochi, le "agricolture verdi" hanno iniziato a dare i propri frutti, ed in vino in questo caso era il figlio di tanta fatica, ostinatezza, prospettiva, rispetto ed ancora fatica.
Con quei profumi primordiali, così tanto distaccati dalle infinite menate del "devi sentire questo nel vino altrimenti non capisci niente del vino" piuttosto che "non riesco a comprendere se questo odore sia fiore di calicantus o buccia di topinambur"...
Con quelle acidità marcate, così interessanti, promotrici di una beva unica, e di profonde soddisfazioni senza dolori alla testa, allo stomaco, ed all'anima...
Con quel sincero menefreghismo del proprio essere "diverso"...
Con quel profondo distacco dal resto...
Con quella voglia di conquistarti come mai nessuno prima...
...il vino raccontava le tante storie dei tanti produttori che c'erano dietro.
Ed assaggiando, udivo la voce di questi racconti già nel bicchiere, lontano dalle stelle e stelline delle guide, immerso in un vero e proprio confronto tra pari.
Purtroppo ho riscontrato che solo in alcuni casi questi neo-agricoltori avevano anche, oltre al vino, altri indirizzi nella propria azienda, concentrandosi in tutto e per tutto sulla vite, e tralasciando (generalmente per mancanza di forze e tempo) anche altre colture o allevamenti.
Ma, quando capitava di incontrare il contadino che, oltre a fare il vino faceva anche altro, coltivando la terra, ed allevando anche animali, sicuramente la discussione era ancor più interessata da parte mia.
Far conciliare il "fare vino" con gli altri indirizzi aziendali è cosa possibile seppur estremamente dispendiosa in ambito economico e fisico: in molti però hanno ritenuto necessaria questa scelta, per giustificare ancor meglio il loro vivere "di campagna" e non solo il loro vivere in campagna.
Parole affidate al piacere ed alla compagnia, pronunciate in un luogo magari complicato per le confidenze, ma ugualmente intimo.
Mi chiedo quanto di voi lettori abbiano conoscenza di questi produttori di vino, e sopratutto quanti acquistino le loro bottiglie.
Io sono un assiduo consumatore, anche e soprattutto perchè ad oggi non tollero più molto quei vini tanto artefatti quanto finti, costruiti a tavolino, lontani dalle storie del proprio territorio e forzatamente indirizzati verso la massa e la tendenza del momento.
domenica 13 dicembre 2015
Inganno di una falsa stagione
Mi affaccio dalla finestra di camera, ed a pochi metri da me osservo il grande susino Goccia d'Oro.
E' veramente maestoso, ampio, con i suoi trent'anni è una pianta che ne ha passate tante: messo a dimora da chi non se lo potuto godere, è cresciuto accanto ad un melo, un albicocco ed un ciliegio selvatico.
Esposto a tutti i venti, a quasi cinquecento metri sul livello del mare, e cresciuto protetto dalla compagnia degli altri alberi cuoi coetanei, dominando la valle sottostante e sentendo le voci dei bimbi mutare negli anni.
Uno ad uno i suoi coetanei sono caduti in disgrazia, vittima di insetti e malattie, sino a lasciarlo lì da solo.
Per un lungo periodo è stato abbandonato all'incuria, sino a che con mia moglie non ci siamo qui trasferiti e lo abbiamo potato.
Lentamente ha saputo crescere, allargarsi, e offrire sempre memorabili fioriture, ogni volta bersaglio di ventiggini, piogge torrenziali e grandinate.
Ha sopportato le gelate tardive, riuscendo sempre a regalare frutti (ottimi e sugosi), dando riparo e frescura, profumi e colori.
Lo scorso anno ho deciso di alleggerirlo ed abbassarne la chioma, e non curante dei questo ha continuato con abbondanti fioriture.
Ma ecco che, oggi 13 dicembre, nel "Giorno più corto che ci sia", mi ha stupito: una delle sue branche ha offerto una prima fioritura.
Questo mi lascia ammutolito, visto che un albero così grande mai avrei pensato che potesse cadere nell'inganno di una falsa stagione come questo.
Falsa stagione...
...un Dicembre CALDO, come pochi prima d'ora, condito di Nebbie e Scirocco, pioggia e umidità.
Un inganno, che presto sarà svelato dal freddo, quello vero, che arriverà...perchè il freddo prima o poi arriverà.
La fioritura delle primule nel bosco non lascia presagire nulla di buono, e la legna segata nel piazzale che non si decide a calare spiega quanto le temperature siano assurde.
Questo susino, così bello ed ampio, governa l'aia e domina la vigna, ma è anch'esso vittima di una stranezza?
O si sta semplicemente "abituando" a quanto la vita futura avrà da offrirgli?
Immagino un Natale "con il maglioncino leggero", con il camino che fa corredo ma non necessità, e con la paura (la chiamerei solo così...) che in marzo arrivi il freddo bastardo.
Molte sono le viti che si rivelano avare nel cedere le proprie foglie al vento, mentre vedo che già in tanti si ostinano a potarle senza che queste si siano spogliate.
Nell'orto, definito da me "silente" ancora fiori di peperone sulle piante basse, e insalata che spunta inaspettata dove fu seminata oramai sei mesi fa.
Erba verde, pascolo rigoglioso, e muffa sui tronchi...mentre le cimici non vogliono andare a dormire.
Le mosche si appiccicano al vetro della finestra nella speranza di poter entrare.
E a me quei fiori sul vecchio albero danno da pensare...
...quando arriverà il freddo saranno guai.
E' veramente maestoso, ampio, con i suoi trent'anni è una pianta che ne ha passate tante: messo a dimora da chi non se lo potuto godere, è cresciuto accanto ad un melo, un albicocco ed un ciliegio selvatico.
Esposto a tutti i venti, a quasi cinquecento metri sul livello del mare, e cresciuto protetto dalla compagnia degli altri alberi cuoi coetanei, dominando la valle sottostante e sentendo le voci dei bimbi mutare negli anni.
Uno ad uno i suoi coetanei sono caduti in disgrazia, vittima di insetti e malattie, sino a lasciarlo lì da solo.
Per un lungo periodo è stato abbandonato all'incuria, sino a che con mia moglie non ci siamo qui trasferiti e lo abbiamo potato.
Lentamente ha saputo crescere, allargarsi, e offrire sempre memorabili fioriture, ogni volta bersaglio di ventiggini, piogge torrenziali e grandinate.
Ha sopportato le gelate tardive, riuscendo sempre a regalare frutti (ottimi e sugosi), dando riparo e frescura, profumi e colori.
Lo scorso anno ho deciso di alleggerirlo ed abbassarne la chioma, e non curante dei questo ha continuato con abbondanti fioriture.
Ma ecco che, oggi 13 dicembre, nel "Giorno più corto che ci sia", mi ha stupito: una delle sue branche ha offerto una prima fioritura.
Questo mi lascia ammutolito, visto che un albero così grande mai avrei pensato che potesse cadere nell'inganno di una falsa stagione come questo.
Falsa stagione...
...un Dicembre CALDO, come pochi prima d'ora, condito di Nebbie e Scirocco, pioggia e umidità.
Un inganno, che presto sarà svelato dal freddo, quello vero, che arriverà...perchè il freddo prima o poi arriverà.
La fioritura delle primule nel bosco non lascia presagire nulla di buono, e la legna segata nel piazzale che non si decide a calare spiega quanto le temperature siano assurde.
Questo susino, così bello ed ampio, governa l'aia e domina la vigna, ma è anch'esso vittima di una stranezza?
O si sta semplicemente "abituando" a quanto la vita futura avrà da offrirgli?
Immagino un Natale "con il maglioncino leggero", con il camino che fa corredo ma non necessità, e con la paura (la chiamerei solo così...) che in marzo arrivi il freddo bastardo.
Molte sono le viti che si rivelano avare nel cedere le proprie foglie al vento, mentre vedo che già in tanti si ostinano a potarle senza che queste si siano spogliate.
Nell'orto, definito da me "silente" ancora fiori di peperone sulle piante basse, e insalata che spunta inaspettata dove fu seminata oramai sei mesi fa.
Erba verde, pascolo rigoglioso, e muffa sui tronchi...mentre le cimici non vogliono andare a dormire.
Le mosche si appiccicano al vetro della finestra nella speranza di poter entrare.
E a me quei fiori sul vecchio albero danno da pensare...
...quando arriverà il freddo saranno guai.
domenica 29 novembre 2015
Sensazioni di una notte di fine Novembre
Luna calante in questa notte di fine Novembre.
Fuori tira vento del nord, e le chiome dei cipressi si piegano sotto a tanta forza.
Non passa alcuna macchina, e solo la grondaia che sbatte fa eco intorno casa.
Sporadiche nuvole corrono, illuminate a giorno.
Rimango alla finestra, ancora per poco, mentre il freddo pare conquistare la stanza.
Chiudo gli scuri piano per non disturbare questa quiete.
Il camino è acceso, e mi ci siedo di fronte: gioco con un legno e la brace.
Il cane russa nella cuccia calda, e del gatto non ho notizie da qualche ora.
Tutto dorme nella casa, mentre io adesso ascolto il crepitio del fuoco.
E' tardi, e la sveglia accanto al camino segna le 01:49.
Non riesco a dormire, ma il divano pare cullarmi.
Tra poco è già mattina.
Tra poco ci sarà la cagna da liberare, mentre mi salterà addosso per la gioia di vedermi, elemosinando carezze ed attenzioni.
Pochi passi, ed ecco che arriverà la truppa dei gatti, affettuosi solo in quell'unica occasione mattutina, nella speranza che possa dar loro qualcosa per riempire le loro pance...opportunisti.
Aprirò la baracca, un veloce controllo, i guanti da prendere, e scenderò nel pollaio: i galli (oramai troppi) saranno già spavaldi dopo chissà quanto cantare, e le galline saranno disposte tutte in prima fila per accaparrarsi le leccornie che la notte avrà saputo lasciare a loro oltre quella rete.
I conigli, la loro pulizia, l'acqua da riempire nelle bottiglie rovesciate, il fieno di medica, la pulizia sotto al gabbione.
Un giro per il recinto a controllare che tutto sia in regola.
Via verso la stalla, dove le capre inizieranno a belare reclamando il primo fieno del giorno.
Ma prima c'è la pulizia del recinto piccolo, da togliere il fieno vecchio, avanzato dalle mense del giorno avanti, da togliere tutte quelle palline che rotolano scosse dalla mia scopa: la carretta colma, e nuovo "nutrimento" per il mio orto.
Il primo reparto, dove la bianca e la grigia aspetteranno di uscire: la pulizia della lettiera, il fieno nuovo in rastrelliera, l'acqua da cambiare.
Poi l'altro reparto, dove il branco spingerà e belerà sempre più forte, come se non mangiassero da settimane...
Le libererò, e via di corsa ad accaparrarsi la miglior posizione nel recinto, dando testate e cornate per conquistare il cumulo di fieno migliore.
La loro lettiera da rimuovere, pulire e sostituire; l'acqua nel secchio sarà sporca come ogni mattina, e ci sarà anche da aggiustare la rastrelliera che il becco regolarmente sgancia durante la notte.
Via dalla stalla delle capre, alla volta di quella delle cavalle, troppo distante dal Podere ma pur sempre da fare: una carretta di cacca, la corsa delle cavalle al pascolo, la preparazione con il fieno per il loro rientro serale.
Rientrerò al Podere, e ci sarà la prima carica di legna del giorno: la misura per la stufa, quella per il camino, la carriola pesantissima accostata alla finestra della sala, la legna sistemata sul davanzale sino a tappare tutta la finestra.
Il cane di casa (che si sarà svegliato) libero a congiungersi nelle corse della cagna nera.
Gli stivali carichi di "ognibbene" da lasciare fuori dall'uscio, la legna da togliere dal davanzale e sistemare accanto al camino.
Saranno quindi le 9:00 quando avrò finito tutto, e ci sarà il momento di una tazza di orzo caldo (fatto nella napoletana sulla stufa a legna), un momento per tirare il fiato, e poi di nuovo in partenza, con tutta una giornata di lavoro davanti.
...Tra poco è già mattina, mentre la sveglia accanto al camino segna le 02:10.
Le palpebre si fanno pesanti, carico la stufa, il camino, e prendo la via del letto.
Fuori tira vento del nord, e le chiome dei cipressi si piegano sotto a tanta forza.
Non passa alcuna macchina, e solo la grondaia che sbatte fa eco intorno casa.
Sporadiche nuvole corrono, illuminate a giorno.
Rimango alla finestra, ancora per poco, mentre il freddo pare conquistare la stanza.
Chiudo gli scuri piano per non disturbare questa quiete.
Il camino è acceso, e mi ci siedo di fronte: gioco con un legno e la brace.
Il cane russa nella cuccia calda, e del gatto non ho notizie da qualche ora.
Tutto dorme nella casa, mentre io adesso ascolto il crepitio del fuoco.
E' tardi, e la sveglia accanto al camino segna le 01:49.
Non riesco a dormire, ma il divano pare cullarmi.
Tra poco è già mattina.
Tra poco ci sarà la cagna da liberare, mentre mi salterà addosso per la gioia di vedermi, elemosinando carezze ed attenzioni.
Pochi passi, ed ecco che arriverà la truppa dei gatti, affettuosi solo in quell'unica occasione mattutina, nella speranza che possa dar loro qualcosa per riempire le loro pance...opportunisti.
Aprirò la baracca, un veloce controllo, i guanti da prendere, e scenderò nel pollaio: i galli (oramai troppi) saranno già spavaldi dopo chissà quanto cantare, e le galline saranno disposte tutte in prima fila per accaparrarsi le leccornie che la notte avrà saputo lasciare a loro oltre quella rete.
I conigli, la loro pulizia, l'acqua da riempire nelle bottiglie rovesciate, il fieno di medica, la pulizia sotto al gabbione.
Un giro per il recinto a controllare che tutto sia in regola.
Via verso la stalla, dove le capre inizieranno a belare reclamando il primo fieno del giorno.
Ma prima c'è la pulizia del recinto piccolo, da togliere il fieno vecchio, avanzato dalle mense del giorno avanti, da togliere tutte quelle palline che rotolano scosse dalla mia scopa: la carretta colma, e nuovo "nutrimento" per il mio orto.
Il primo reparto, dove la bianca e la grigia aspetteranno di uscire: la pulizia della lettiera, il fieno nuovo in rastrelliera, l'acqua da cambiare.
Poi l'altro reparto, dove il branco spingerà e belerà sempre più forte, come se non mangiassero da settimane...
Le libererò, e via di corsa ad accaparrarsi la miglior posizione nel recinto, dando testate e cornate per conquistare il cumulo di fieno migliore.
La loro lettiera da rimuovere, pulire e sostituire; l'acqua nel secchio sarà sporca come ogni mattina, e ci sarà anche da aggiustare la rastrelliera che il becco regolarmente sgancia durante la notte.
Via dalla stalla delle capre, alla volta di quella delle cavalle, troppo distante dal Podere ma pur sempre da fare: una carretta di cacca, la corsa delle cavalle al pascolo, la preparazione con il fieno per il loro rientro serale.
Rientrerò al Podere, e ci sarà la prima carica di legna del giorno: la misura per la stufa, quella per il camino, la carriola pesantissima accostata alla finestra della sala, la legna sistemata sul davanzale sino a tappare tutta la finestra.
Il cane di casa (che si sarà svegliato) libero a congiungersi nelle corse della cagna nera.
Gli stivali carichi di "ognibbene" da lasciare fuori dall'uscio, la legna da togliere dal davanzale e sistemare accanto al camino.
Saranno quindi le 9:00 quando avrò finito tutto, e ci sarà il momento di una tazza di orzo caldo (fatto nella napoletana sulla stufa a legna), un momento per tirare il fiato, e poi di nuovo in partenza, con tutta una giornata di lavoro davanti.
...Tra poco è già mattina, mentre la sveglia accanto al camino segna le 02:10.
Le palpebre si fanno pesanti, carico la stufa, il camino, e prendo la via del letto.
domenica 22 novembre 2015
Alleggerirsi...
Senza dubbio questo 2015 è stato un anno di importanti cambiamenti.
Se è vero che il 2014 era stato quello delle decisioni, in questo le decisioni prese in precedenza si sono evolute in fatti e novità.
Tanto su un piano prettamente professionale, quanto e sopratutto sul mio stile di vita, si sono consolidate quelle "certezze" che mi avevano spinto sino a qui, ed ho trovato nuovi ed importanti stimoli al fare che mi vedranno sempre più impegnato nel futuro.
Gestire la mia piccola azienda agricola, come facevo oramai da anni...gestire buona parte di un'altra azienda agricola, come da anni era nell'aria che potesse accadere...avere una marea di idee e progetti...avere da rendere conto a se stessi... avere da rendere conto a terzi...ed avere solo 24 ore e due mani per fare tutto questo.
Le considerazioni mi hanno portato alle inevitabili rinunce, ai sacrifici da fare in prospettiva, al tempo che necessariamente devo dedicare anche al mio riposare: da qui la necessità di alleggerirmi.
Alleggerirmi di quelle cose pesanti (in un modo o nell'altro) che mi porto dietro, e che affaticano il mio cammino.
Alleggerirmi di quei fardelli che continuo a sopportare senza più scopo di farlo.
Alleggerirmi dell'inutile, tanto materiale quanto immateriale, e fare pulizia.
Ed è così che un giorno ho aperto l'armadio di camera ed ho deciso di dare via la metà della mia roba: come mosso da un impulso irrefrenabile, ho sentito la necessità di interrompere tutto quel "trattenere" che sempre mi aveva contraddistinto, ed ho ceduto ben volentieri tanti indumenti che avevano rappresentato qualcosa, o che forse avrei potuto indossare nuovamente (magari dimagrendo...magari ingrassando).
Ho considerato sopratutto il fatto che, di vestiario "per ricambiarsi" (ossia non lavorare in campagna) uso sempre i medesimi capi: due-tre paia di pantaloni, due-tre maglioni, quattro-cinque camice, quelle dieci fra polo e magliette, e via così.
Quei panni non più portati venivano tenuti da parte, custoditi nel ricordo o nella prospettiva, ingombrando spazio, ed allontanandomi dal presente, momento in cui io vivo... ed appunto mi vesto.
E dopo l'armadio è stata la volta della mia scrivania, così piena di fogli e foglietti, appunti e ricordi: stivare tutta quella carta mi ha dato un senso di serenità, quasi come a voler far ordine anche nella mia testa.
E poi i soprammobili, i ninnoli, i ricordini: dal tappo di quella famosa bottiglia bevuta quella famosa volta...al posacenere brutto e sbeccato, dalla statuetta al vaso, e via...
Alleggerire, ed alleggerire la cucina, liberandosi di quelle stoviglie e quei tegami oramai oltremodo consunti e figli di troppi traslochi: generazioni di alluminio, acciaio, ferro e terracotta, mai usate, e tenute lì perchè ereditate...perchè "un giorno avrebbero potuto far comodo"...perchè "era un peccato buttarle via".
Sia chiaro che non ho tenuto il moderno e dato via l'antico (anzi...), ma ho deciso di eliminare (regalando, riconvertendo per altri usi o buttando via) quanto effettivamente era oramai vetusto o consumato.
Alleggerirsi, per il piacere di fare spazio...dare aria ad un mobile, un cassetto, una mensola: sentirmi finalmente più libero di introdurre qualcosa di diverso in tutto quello spazio recuperato.
Ed ecco che, come una metafora, anche nel mio vivere è accaduta la medesima cosa.
Non aver più voglia di essere accondiscendente "a prescindere", e dovermi alleggerire di quei carichi che inevitabilmente mi si accumulano invisibili (ma pesanti) sulla testa.
Credo di aver inviato a fare in culo più persone in questo 2015 che nei 35 anni vissuti prima.
Spesso questo porta a dei risultati positivi: accorciare (se non addirittura eliminare) quelle lente agonie che nascono quando c'è insoddisfazione; avere quella BELLA botta d'adrenalina nel gelare chi si ha davanti ed è convinto di poter dettare tutti i tempi della discussione e della riflessione; porre un limite a chi evidentemente non ritiene di doverne avere con il prossimo.
Alleggerirsi di quelle presenze che mi creavano disagio, così ricche di domande scontate e così vuote di risposte: persone dai contenuti distanti, empie di interessi per me sterili, semplicemente disinteressate da quanto di diverso ci sia oltre i loro propri convincimenti.
Alleggerirsi quindi da quei rapporti che non concepiscono scambio, e scegliere di lasciar spazio ad altri incontri, altre frequentazioni, o piuttosto ad una sana solitudine temporanea.
Sentirsi dire "scusa, hai ragione", è alleggerirsi dai dubbi di non averne mai avuta abbastanza (di ragione), e provare uno strano e nuovo conforto nel pensiero degli altri.
Alleggerirsi di quel ruolo colmo di Pazienza ed Autorevolezza, e lasciar vincere quell'Autorità che non deve avere per forza un'accezione negativa, ma che piuttosto fornisce carburante per l'ingegno e la realizzazione.
E non sarà certo l'essere considerato stronzo a fermarmi: in trentasei anni mai nessuno me lo aveva detto, e mi lascia sorridere che in questo periodo mi capiti di essere accostato a tale figura, solo perchè ho aggiunto SANA DECISIONE alla mia vita. Chi mi dice questo non ha voglia ci comprendere quanto io stia facendo, e quindi non me ne curo affatto e vado avanti per la mia strada.
E poi viene il web, dove poco parlo "del mio" e dove tanto parlo "di me".
Alleggerirsi, senza mollare questo spazio, in un momento in cui va tanto di moda farlo: lontano dalle "pause di riflessione" e dal "periodo sabbatico", sento che se venissi meno all'appuntamento con questo blog rischierei di appesantirmi di quelle parole non dette, e di quel silenzio fatto di frasi al vento.
Un 2015, dove Alleggerirsi è la parola d'ordine, e dove devo comprendere ancora bene LA MISURA di tutto questo nuovo (o ritrovato).
Ma sorrido a tutto questo, ed ho il cuore pieno di emozione quando vedo che il mio costruire è assai più solido e concreto, libero finalmente da quegli orpelli (oramai inutili e scomodi) che continuavo a trattenere.
Intanto, da questa notte è ufficialmente arrivato il freddo, dopo una quindicina di giorni trascorsi in manica di camicia, a sudare e tenere il camino spento.
Le capre guadagnano il pascolo, le api si preparano all'invernamento, la cavalla ha messo il pelo invernale.
Nell'orto un tunnel di tessuto/non tessuto mi dovrebbe assicurare cavoli ed insalate, mentre le fave son spuntate e le bietole resistono rigogliose.
Nella cantina il prosciutto ha smesso di sudare, ed il cacio profuma come non mai.
Ho voglia di fare foto...
Se è vero che il 2014 era stato quello delle decisioni, in questo le decisioni prese in precedenza si sono evolute in fatti e novità.
Tanto su un piano prettamente professionale, quanto e sopratutto sul mio stile di vita, si sono consolidate quelle "certezze" che mi avevano spinto sino a qui, ed ho trovato nuovi ed importanti stimoli al fare che mi vedranno sempre più impegnato nel futuro.
Gestire la mia piccola azienda agricola, come facevo oramai da anni...gestire buona parte di un'altra azienda agricola, come da anni era nell'aria che potesse accadere...avere una marea di idee e progetti...avere da rendere conto a se stessi... avere da rendere conto a terzi...ed avere solo 24 ore e due mani per fare tutto questo.
Le considerazioni mi hanno portato alle inevitabili rinunce, ai sacrifici da fare in prospettiva, al tempo che necessariamente devo dedicare anche al mio riposare: da qui la necessità di alleggerirmi.
Alleggerirmi di quelle cose pesanti (in un modo o nell'altro) che mi porto dietro, e che affaticano il mio cammino.
Alleggerirmi di quei fardelli che continuo a sopportare senza più scopo di farlo.
Alleggerirmi dell'inutile, tanto materiale quanto immateriale, e fare pulizia.
Ed è così che un giorno ho aperto l'armadio di camera ed ho deciso di dare via la metà della mia roba: come mosso da un impulso irrefrenabile, ho sentito la necessità di interrompere tutto quel "trattenere" che sempre mi aveva contraddistinto, ed ho ceduto ben volentieri tanti indumenti che avevano rappresentato qualcosa, o che forse avrei potuto indossare nuovamente (magari dimagrendo...magari ingrassando).
Ho considerato sopratutto il fatto che, di vestiario "per ricambiarsi" (ossia non lavorare in campagna) uso sempre i medesimi capi: due-tre paia di pantaloni, due-tre maglioni, quattro-cinque camice, quelle dieci fra polo e magliette, e via così.
Quei panni non più portati venivano tenuti da parte, custoditi nel ricordo o nella prospettiva, ingombrando spazio, ed allontanandomi dal presente, momento in cui io vivo... ed appunto mi vesto.
E dopo l'armadio è stata la volta della mia scrivania, così piena di fogli e foglietti, appunti e ricordi: stivare tutta quella carta mi ha dato un senso di serenità, quasi come a voler far ordine anche nella mia testa.
E poi i soprammobili, i ninnoli, i ricordini: dal tappo di quella famosa bottiglia bevuta quella famosa volta...al posacenere brutto e sbeccato, dalla statuetta al vaso, e via...
Alleggerire, ed alleggerire la cucina, liberandosi di quelle stoviglie e quei tegami oramai oltremodo consunti e figli di troppi traslochi: generazioni di alluminio, acciaio, ferro e terracotta, mai usate, e tenute lì perchè ereditate...perchè "un giorno avrebbero potuto far comodo"...perchè "era un peccato buttarle via".
Sia chiaro che non ho tenuto il moderno e dato via l'antico (anzi...), ma ho deciso di eliminare (regalando, riconvertendo per altri usi o buttando via) quanto effettivamente era oramai vetusto o consumato.
Alleggerirsi, per il piacere di fare spazio...dare aria ad un mobile, un cassetto, una mensola: sentirmi finalmente più libero di introdurre qualcosa di diverso in tutto quello spazio recuperato.
Ed ecco che, come una metafora, anche nel mio vivere è accaduta la medesima cosa.
Non aver più voglia di essere accondiscendente "a prescindere", e dovermi alleggerire di quei carichi che inevitabilmente mi si accumulano invisibili (ma pesanti) sulla testa.
Credo di aver inviato a fare in culo più persone in questo 2015 che nei 35 anni vissuti prima.
Spesso questo porta a dei risultati positivi: accorciare (se non addirittura eliminare) quelle lente agonie che nascono quando c'è insoddisfazione; avere quella BELLA botta d'adrenalina nel gelare chi si ha davanti ed è convinto di poter dettare tutti i tempi della discussione e della riflessione; porre un limite a chi evidentemente non ritiene di doverne avere con il prossimo.
Alleggerirsi di quelle presenze che mi creavano disagio, così ricche di domande scontate e così vuote di risposte: persone dai contenuti distanti, empie di interessi per me sterili, semplicemente disinteressate da quanto di diverso ci sia oltre i loro propri convincimenti.
Alleggerirsi quindi da quei rapporti che non concepiscono scambio, e scegliere di lasciar spazio ad altri incontri, altre frequentazioni, o piuttosto ad una sana solitudine temporanea.
Sentirsi dire "scusa, hai ragione", è alleggerirsi dai dubbi di non averne mai avuta abbastanza (di ragione), e provare uno strano e nuovo conforto nel pensiero degli altri.
Alleggerirsi di quel ruolo colmo di Pazienza ed Autorevolezza, e lasciar vincere quell'Autorità che non deve avere per forza un'accezione negativa, ma che piuttosto fornisce carburante per l'ingegno e la realizzazione.
E non sarà certo l'essere considerato stronzo a fermarmi: in trentasei anni mai nessuno me lo aveva detto, e mi lascia sorridere che in questo periodo mi capiti di essere accostato a tale figura, solo perchè ho aggiunto SANA DECISIONE alla mia vita. Chi mi dice questo non ha voglia ci comprendere quanto io stia facendo, e quindi non me ne curo affatto e vado avanti per la mia strada.
E poi viene il web, dove poco parlo "del mio" e dove tanto parlo "di me".
Alleggerirsi, senza mollare questo spazio, in un momento in cui va tanto di moda farlo: lontano dalle "pause di riflessione" e dal "periodo sabbatico", sento che se venissi meno all'appuntamento con questo blog rischierei di appesantirmi di quelle parole non dette, e di quel silenzio fatto di frasi al vento.
Un 2015, dove Alleggerirsi è la parola d'ordine, e dove devo comprendere ancora bene LA MISURA di tutto questo nuovo (o ritrovato).
Ma sorrido a tutto questo, ed ho il cuore pieno di emozione quando vedo che il mio costruire è assai più solido e concreto, libero finalmente da quegli orpelli (oramai inutili e scomodi) che continuavo a trattenere.
Intanto, da questa notte è ufficialmente arrivato il freddo, dopo una quindicina di giorni trascorsi in manica di camicia, a sudare e tenere il camino spento.
Le capre guadagnano il pascolo, le api si preparano all'invernamento, la cavalla ha messo il pelo invernale.
Nell'orto un tunnel di tessuto/non tessuto mi dovrebbe assicurare cavoli ed insalate, mentre le fave son spuntate e le bietole resistono rigogliose.
Nella cantina il prosciutto ha smesso di sudare, ed il cacio profuma come non mai.
Ho voglia di fare foto...
domenica 8 novembre 2015
Racconto di Vita Anacronistica: nella notte e nell'alba (5° parte)
Poichè questo è il capitolo più difficile da scrivere, per troppo tempo ho sospeso il racconto del mio cammino: ma oggi sento la necessità di proseguire, quasi come ad esorcizzare quanto fu cupo e difficile per me.Custode del mio privato, al di là di ogni blog ed anonimato, quanto lascerò per iscritto è il massimo che io riesca a fare adesso.
Avere diciott'anni dava forza e sicurezza: in quella nuova arroganza con cui ambivo all'abbandono dell'adolescenza, a favore di una maturità tanto agognata, vivevo quel passaggio verso la maturità con entusiasmo e timore.
Quell'estate era così lunga e divertente, tra consapevolezze e scoperte, amicizie che sfumavano per sempre, ed amicizie che mettevano solide e profonde radici.
Uno zaino scassato pieno di libri pesanti, il cappellino "tenuto in punta" con il ciuffo libero, l'immancabile camicia a quadretti, dei jeans e delle scarpe da ginnastica: così mi ricordo in quel primo giorno dell'ultimo anno scolastico.
E da li a due mesi iniziai a carburare a pieni giri, divertito di quanto andassi finalmente a studiare.
I compagni di classe, oramai con barba e determinazione, quotidianamente passavano in rassegna quanto desideravano dal loro futuro, e neanche io non mi sottraevo a quel gioco così reale.
"Prenderò in mano l'azienda di famiglia!"
"Andrò all'università, diventerò Agronomo e volerò via da questo paese"
"Intraprenderò la carriera militare"
A sentirli anche oggi quei ragionamenti parrebbero tanto attuali.
Io pensavo che l'università sarebbe stata la giusta via, ed in Veterinaria vedevo buona parte del mio futuro, ma non volevo specializzarmi negli animali da compagnia, bensì studiare gli animali da reddito: mucche, cavalli, maiali, pecore e capre erano il mio sogno...e mi immaginavo in quel podere a pietra sul poggetto, con la piccola clinica veterinaria a piano terra, e la mia stalla sul retro.
Un Veterinario Agricoltore...un "Veterinagricoltore" dicevo io, lasciando sorridere quanti mi ascoltassero.
Un Veterinario che curava gli animali con soluzioni alternative, e già m'immaginavo mezzo erborista e mezzo stregone, recuperando dalla tradizione contadine tutti quei rimedi di sempre che nascevano da quanto c'era a disposizione; un Agricoltore che lavorava la terra, si spaccava la schiena, e realizzava foraggio per i propri animali e cibo per la propria famiglia.
Una visione certamente romantica, e tanto...tanto Anacronistica.
Quelli erano gli anni in cui si doveva parlare solo di chimica, di meccanica, e dove la luna e gli antichi rimedi erano visti oramai come barzellette: sinceramente me ne infischiavo, e mi vedevo con la barba lunga, scendere da un vecchio trattore rosso, ed entrare nella stalla, per poi infilarmi un camice ed andare in clinica.
Ancora oggi mi capita di sognarmi in quel modo, con quella stufa a legna accesa nella piccola sala d'aspetto, e quell'odore di stalla che c'era nell'aia...
Il paesello non lo avrei lasciato mai: per me sarebbe stato come scappare da me stesso, e non rinunciavo al sogno/convinzione di rimanere dove i miei genitori, ed i miei nonni prima di loro, ed i miei bis nonni prim'ancora avevano lavorato, vissuto e riversato aspettative.
"Un vero Agricoltore deve essere prima di tutto attaccato alla sua Terra" e non avrei mai tradito questo vecchio adagio.
Ed appunto, la scuola procedeva, mentre vivevo una vita certamente serena ed anche spensierata: nella gioia di quel momento così ricco di emozioni mi tingevo i sogni di un colore "più reale", affrontando la vita con maggiore spavalderia rispetto al passato, e non nascondendo quell'ambizione che mi portava a vedermi sempre più vicino al mio essere Grande.
...
Non può un episodio, per grande che esso sia, cambiare tutto.
...Non può un episodio, per grande che esso sia, cambiare tutto.
La notte può arrivare anche all'improvviso, in un'eclissi che impaurisce e destabilizza.
La notte può durare ben oltre molti notti.
La notte può essere senza luna, senza calore, e senza ricordo.
La notte può cancellare molto del giorno, lasciando solo una lontana e fievole speranza di Alba.
A diciott'anni e pochi mesi ho vissuto la notte più lunga della mia vita.
Durante questa notte non ritengo di aver mai cessato il mio cammino, ma questo è inevitabilmente cambiato, portandomi a dimenticare quanto fu, ed a rimparare da capo molto di quanto oramai davo per scontato.
Un attimo ero grande, ero uomo, e l'attimo dopo ero tornato infante: un infante nel corpo di un uomo, con cuore e mente di uomo, con mani di uomo, con barba e pensieri di uomo...con orgoglio di uomo.
Come con un'elastico dietro alla schiena che mi strappava violentemente dal presente e che mi riportava a quanto ero stato, vivevo quella catarsi con buona parte del mio corpo che non mi apparteneva più, ma con la consapevolezza che Cuore e Mente c'erano ancora, ed ancor di più rafforzati.
E' così accadde da subito.
Convinto ed Ostinato. mi sentivo nudo e schiacciato da troppe armature, ma non ero da solo, ed anche nel più assordante silenzio di quell'interminabile notte, sempre percepivo l'Amore continuo ed incondizionato che mi accompagnava da tutta una Vita.
I miei genitori, i miei nonni, i miei amici, a guardarmi lentamente riprendere buona parte di quanto mi era stato tolto, a seguirmi nelle evoluzioni, ad affiancarmi nel Nuovo che di lì in poi sarebbe stato.
Era nelle paure altrui che io trovavo il modo di non averne, quasi ironicamente, mai abbassando la guardia, ma sempre sminuendo quanto mi stava accadendo.
Tanti piccoli minuscoli mattoni, pesanti e scomodi, da ritrovare o ricostruire, da posizionare, da consolidare nelle fondamenta della mia Seconda Vita: in ogni giorno, in ogni attimo, in ogni parola, in un perpetuo impegno.
...
Le lune passarono, e le stagioni si avvicendarono portandomi a conoscere la mia Nuova Vita, togliendomi a forza quella maschera senza sorrisi, e scoprendo quanti profumi nascosti ci fossero attorno a me.
Gli Amici vegliarono, e tra loro si distinse perfino l'Amore che fa male, la Mano tesa a prescindere ed Enne (il Parente Scelto).
Rivedere la spiaggia, non privarsi di una pizza con gli amici, gustarsi un tramonto sul mare, assaggiare la neve fresca, o anche solo trattenere un filo d'erba tra le dita: tutto era divenuto magnifico e fondamentale.
Ed ecco che il mio diciannovesimo anno trascorse in quel modo, veloce e pesantissimo, stancante ed arduo, mentre tornavo a dischiudere gli occhi sul mondo.
Mai, neanche per un attimo, la campagna aveva smesso di chiamarmi: anche di fronte alle evidenze ignoravo la malasorte e lanciavo il mio pensiero al domani più favorevole.
Sorte...fortuna...compassione...
Quante volte mi sono interrogato sul senso di queste parole, senza mai trovare una mia spiegazione.
A quell'età si danno per scontato tante..troppe cose, ma tutto per me era drasticamente cambiato, ed in quell'anno appena trascorso io avevo capito che era nell'Essenziale che ancor di più dovevo trovare le mie risposte, imparando ad ignorare totalmente quanti tentassero di darne per me.
"Sei stato sfortunato, ma vedrai che ti rimetterai"
"Sono certo che tornerai come prima"
"Poverino, quanto hai sofferto..."
Parole come macigni sul mio percorso, mentre desideravo solo che quei passerotti sulle querce riuscissero a far tacere nella mia mente quanto mi veniva detto.
Tornai a scuola, ignorando completamente quanto chi porta un camice mi diceva, e mi diplomai contro ogni pronostico, mentre tutto pareva avere un significato diverso: quel Diploma era una conquista, una grandissima soddisfazione, ma... ma improvvisamente era anche diventato solo un foglio di carta.
Credevo che sarei "guarito" da quelle strane e nuove sensazioni, ma col tempo capii che non erano sbagliate o addirittura malate...e che non ne esisteva affatto alcuna cura: ero cambiato, e non dovevo averne paura.
Il metro del mio vivere adesso era diverso.
Era come se la Realtà mi trattenesse ad un livello distante da quello che avevo conosciuto nei miei primi diciotto anni, ed il sapore della Vita adesso sapeva di sale, di zucchero, di pepe, di aceto.
Essenziale: questo era quello che ero diventato.
Si potevano far sogni essendo Essenziali?
La risposta era (ed è ancor oggi) "assolutamente si": e fu così che iniziai a rivedermi da Grande, senza capire che Grande la vita mi ci aveva appena fatto diventare.
Vent'anni, un diploma, un grande sorriso sotto la barba nera, una nuova andatura, tanta buona musica ad accompagnarmi, e nuove aspirazioni: trovare nei nuovi limiti gli slanci per saltare più in alto.
E mi iscrissi all'Università, mentre il caro amico-medico di famiglia scuoteva la testa dicendo che quel passo era troppo per me, e che questa volta avrei dovuto desistere.
L'Iscrizione a Scienze Forestali era (inutile negarlo) una specie di ripiego: nel mio sognare in modo essenziale, quella poteva essere la via per laurearmi in qualcosa che mi piaceva molto ma che mi permetteva anche di fare altro (non era previsto l'obbligo di frequenza).
Intimamente speravo di riuscire, passata la buriana, ad iscrivermi a Veterinaria, ma ero cosciente che tale passo sarebbe stato molto difficile per essere compiuto dal sottoscritto.
La vita di città non mi spaventava, come non mi spaventavano quei 280km che settimanalmente dovevo percorrere per tornare al paese e continuare il lungo processo di Cura che già da due anni stavo sostenendo.
Tutte quelle salite, così lunghe, così estenuanti...
...e quelli che seguirono furono gli anni della mansardina in periferia, dell'Ottavo e la sua Amicizia, dello studio e della più importante presa di coscienza.
In verità capivo che l'Alba si sarebbe compiuta solo tentando quella via, per un'ultima volta nella mia nuova vita: attraversando quel ponte che mi avrebbe consegnato a quello che ero diventato, lasciando che i miei occhi potessero finalmente aprirsi...spalancarsi su quanto di nuovo io ero.
L'Alba, la mia Alba, sorse un mattino d'estate, dopo una nottata trascorsa nella spiaggia: avevo vent'anni, e finalmente mi "vedevo" per la prima volta riflesso nell'acqua del mare.
Queste le altre parti del racconto:
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronistica-dal.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronisticala-mia.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/05/racconto-di-vita-anacronisticalo-studio.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/06/racconto-di-vita-anacronisticala-mia.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronistica-dal.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/04/racconto-di-vita-anacronisticala-mia.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/05/racconto-di-vita-anacronisticalo-studio.html
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2015/06/racconto-di-vita-anacronisticala-mia.html
giovedì 22 ottobre 2015
Brevi di Ottobre
Fuori è freddo, e questa notte la temperatura scenderà attorno ai 4°C.
Il Grecale soffia tra i poggi e picchia sui cipressi ed il tetto del Podere, sibilando sulle tegole.
Il cielo stellato fa presagire la bella giornata di domani: sicuramente seminerò gli erbai con Loietto, Orzo e Trifoglio Squarroso.
Si stanno cogliendo le olive: poche ma buone, e dopo la NON annata del 2014, quel che viene va tutto bene.
Ho da poco terminato la prima parte della pulizia delle prode dei campi, e la bella stagione mi ha assistito in questa lavorazione che rimandavo da troppo tempo.
In casa c'è la stufa sempre accesa, odore di fuoco, di sugo, e rumore di gatto che rincorre il cane.
Ieri ho visto il primo pettirosso, e questa sera i primi fringuelli si son posati sul noce.
Le giornate accorciano e l'aria si è fatta frizzante.
Quest'anno niente funghi: la tramontana della scorsa settimana ha vanificato ogni speranza, e a quest'altitudine l'annata è praticamente terminata.
Le noci asciugano nelle cassette all'aperto.
L'orto offre ancora i pomodori verdi, affidati alle mani sapienti di mamma che li trasforma in salsa, marmellata e sottolio.
Le galline hanno smesso di far le uova.
Domani sarà un bel giorno per lavorare...
Il Grecale soffia tra i poggi e picchia sui cipressi ed il tetto del Podere, sibilando sulle tegole.
Il cielo stellato fa presagire la bella giornata di domani: sicuramente seminerò gli erbai con Loietto, Orzo e Trifoglio Squarroso.
Si stanno cogliendo le olive: poche ma buone, e dopo la NON annata del 2014, quel che viene va tutto bene.
Ho da poco terminato la prima parte della pulizia delle prode dei campi, e la bella stagione mi ha assistito in questa lavorazione che rimandavo da troppo tempo.
In casa c'è la stufa sempre accesa, odore di fuoco, di sugo, e rumore di gatto che rincorre il cane.
Ieri ho visto il primo pettirosso, e questa sera i primi fringuelli si son posati sul noce.
Le giornate accorciano e l'aria si è fatta frizzante.
Quest'anno niente funghi: la tramontana della scorsa settimana ha vanificato ogni speranza, e a quest'altitudine l'annata è praticamente terminata.
Le noci asciugano nelle cassette all'aperto.
L'orto offre ancora i pomodori verdi, affidati alle mani sapienti di mamma che li trasforma in salsa, marmellata e sottolio.
Le galline hanno smesso di far le uova.
Domani sarà un bel giorno per lavorare...
mercoledì 23 settembre 2015
Primo giorno d'Autunno
Ed arriva l'Autunno, e come ogni anno a lui porgo il mio saluto.
Mentre l'ultima rondine lascia lo sguardo del Podere,
mentre le prime foglie del noce ingialliscono, ed il mallo si spacca all'aria,
mentre la notte si fa fresca, e la mattina assai frizzante,
mentre gli odori lentamente iniziano a cambiare, ed i tramonti si fanno di tinte viola,
mentre si fa spazio alla legna che arriverà e si inizia a ripulire le cappe ed i comignoli,
mentre il riposo torna ad affacciarsi nella mia vita,
mentre l'orto è oramai stanco ed offre gli ultimi sapori,
mentre le chiome infrondate cambiano veste,
mentre i mosti bollono nella cantina,
mentre le olive girano al maturo,
mentre il profumo di bosco torna a far visita all'aia,
io uso questo angolo per portagli il mio saluto.
Oggi 23 settembre entra l'Autunno.
Ancora una vigna da vendemmiare, e le non troppe olive sugli alberi lasciano presagire un annata non eccezionale per olio.
Nei castagni pochi frutti per il raccolto, ed il cinipide l'ha spuntata anche questa volta.
Le galline non vogliono smettere di deporre le uova, ed una nana (anatra muta) si ostina a covarne una parte...oramai da un mese e mezzo.
Il becco puzza come non mai, e non si rassegna all'idea di dormire separato dalle femmine, ed ogni giorno c'è un rattoppo da fare nella stalla frutto del suo impeto.
Tra poco fiorirà l'edera, e mi appresterò a smielare il poco miele rimasto nei melari.
Le ultime melanzane e peperoni preparati sott'olio, mentre il miele viene invasettato quando si trova il tempo per farlo.
Il melo dietro casa ha ancora buonissime mele dolci e sugose, ed ogni sera ne mangio un paio prima di chiudere gli animali nei loro ricoveri.
Alla mattina metto il giacchetto imbottito, salvo poi rimanere a mezze maniche dopo le 10 e sino all'imbrunire.
Il picchio verde canta più del solito.
C'è voglia di funghi, di castagne, di riposo e di camino acceso: manca poco.
Mentre l'ultima rondine lascia lo sguardo del Podere,
mentre le prime foglie del noce ingialliscono, ed il mallo si spacca all'aria,
mentre la notte si fa fresca, e la mattina assai frizzante,
mentre gli odori lentamente iniziano a cambiare, ed i tramonti si fanno di tinte viola,
mentre si fa spazio alla legna che arriverà e si inizia a ripulire le cappe ed i comignoli,
mentre il riposo torna ad affacciarsi nella mia vita,
mentre l'orto è oramai stanco ed offre gli ultimi sapori,
mentre le chiome infrondate cambiano veste,
mentre i mosti bollono nella cantina,
mentre le olive girano al maturo,
mentre il profumo di bosco torna a far visita all'aia,
io uso questo angolo per portagli il mio saluto.
Oggi 23 settembre entra l'Autunno.
Ancora una vigna da vendemmiare, e le non troppe olive sugli alberi lasciano presagire un annata non eccezionale per olio.
Nei castagni pochi frutti per il raccolto, ed il cinipide l'ha spuntata anche questa volta.
Le galline non vogliono smettere di deporre le uova, ed una nana (anatra muta) si ostina a covarne una parte...oramai da un mese e mezzo.
Il becco puzza come non mai, e non si rassegna all'idea di dormire separato dalle femmine, ed ogni giorno c'è un rattoppo da fare nella stalla frutto del suo impeto.
Tra poco fiorirà l'edera, e mi appresterò a smielare il poco miele rimasto nei melari.
Le ultime melanzane e peperoni preparati sott'olio, mentre il miele viene invasettato quando si trova il tempo per farlo.
Il melo dietro casa ha ancora buonissime mele dolci e sugose, ed ogni sera ne mangio un paio prima di chiudere gli animali nei loro ricoveri.
Alla mattina metto il giacchetto imbottito, salvo poi rimanere a mezze maniche dopo le 10 e sino all'imbrunire.
Il picchio verde canta più del solito.
C'è voglia di funghi, di castagne, di riposo e di camino acceso: manca poco.
lunedì 7 settembre 2015
Prima smielatura
Nell'ultimo anno sono accadute molte cose che hanno cambiato la mia vita.
Quattro arnie...quattro famiglie, l'una diversa dalle altre, che in questi giorni mi son apprestato a smielare.
Sotto al segno dell'Autarchia, tra prestiti di materiale e soluzioni "improvvisate", è arrivato il primo miele.
Di seguito una piccola carrellata di immagini a testimonianza di quanto fatto.
Le novità, inaspettate o desiderate, mi hanno portato a modificare alcuni dei miei impegni: impegni che necessariamente sono aumentati, portandomi a fare "più cose"... ed avendo meno tempo per farle.
Un paradosso non difficile da comprendere, ed un compromesso più che accettabile a favore del nuovo e di tutti gli stimoli che questo porta con se.
Un paradosso non difficile da comprendere, ed un compromesso più che accettabile a favore del nuovo e di tutti gli stimoli che questo porta con se.
Tra tutte queste cose, certamente le Api hanno rappresentato una grande soddisfazione.
Le Api, animali meravigliosi, che sin da quando ero bimbo desideravo allevare.
In aprile ho preso 4 famiglie nuovissime, con regine giovani, le ho messe nelle arnie i primi giorni di maggio:per ogni arnia non ho messo più di 7/10 dei telai a nido, usando il diaframma in ogni alveare.
Le famiglie le ho posizionate nelle arnie i primi giorni di maggio: la fioritura dell'erica e delle acacie è servita per i telai dei nidi.
I melari li ho aggiunti i primi giorni di giugno.
Le famiglie le ho posizionate nelle arnie i primi giorni di maggio: la fioritura dell'erica e delle acacie è servita per i telai dei nidi.
I melari li ho aggiunti i primi giorni di giugno.
Ho raccolto 40 Kg di miele in quattro arnie, delle quali ho smielato:
- la prima, 5/9 telaini
- la seconda e la terza 7/9 telaini
- la quarta 5/9 telaini (di cui uno solo parzialmente opercolato).
Ho lasciato qualche telaino con del miele non opercolato (della 2° e 3° famiglia), ed aspetto la fioritura dell'edera.
Successivamente provvederò a smielare quanto è rimasto, e a togliere i telaini a miele.
- la seconda e la terza 7/9 telaini
- la quarta 5/9 telaini (di cui uno solo parzialmente opercolato).
Ho lasciato qualche telaino con del miele non opercolato (della 2° e 3° famiglia), ed aspetto la fioritura dell'edera.
Successivamente provvederò a smielare quanto è rimasto, e a togliere i telaini a miele.
Sotto al segno dell'Autarchia, tra prestiti di materiale e soluzioni "improvvisate", è arrivato il primo miele.
Di seguito una piccola carrellata di immagini a testimonianza di quanto fatto.
Ai professionisti chiedo venia per le imprecisioni (sopratutto nella fase di disopercolatura), ma ho fatto del mio meglio.
Nelle operazioni sono stato coadiuvato da moglie e madre, mentre il padre ha contribuito elargendo commenti positivi sulla bontà del prodotto che ha assaggiato con gran soddisfazione.
Nelle operazioni sono stato coadiuvato da moglie e madre, mentre il padre ha contribuito elargendo commenti positivi sulla bontà del prodotto che ha assaggiato con gran soddisfazione.
I cani assistevano in attesa di un pò di cera intrisa di miele.
Naturalmente, tutta la cera è stata pressata per far colare via tutto il miele.
Naturalmente, tutta la cera è stata pressata per far colare via tutto il miele.
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Per togliere gli opercoli abbiamo usato un comune coltello da prosciutto (lungo e a lama piatta) ed una catinella. |
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Un telaino finemente ripulito dagli opercoli, e pronto per essere messo nello smielatore. |
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La prima esperienza con uno smielatore tangenziale. |
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Miele mille fiori (rovo, ginestrino, sulla, erba medica, lavanda, fiori di bosco, e chissà cos'altro) |
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