In ogni Famiglia abita una propria tradizione, piccola o grande che sia.
Le sue radici affondano nella regione, o provincia, o zona in cui la Famiglia vive (o ha le proprie origini).
Ma molto dipende anche dalle "contaminazioni" inevitabili che oggi più che mai sollecitano le nostre abitudini deviandole sul nuovo e talvolta diverso.
Ed ecco che le tradizioni, anche quelle della Famiglia, spesso si perdono senza neanche accorgersene.
"Sembra ieri che..." E qualcosa è andato perso, senza che ce ne fossimo accorti.
In molti credono che dobbiamo lasciare il vecchio per far posto al nuovo: io non la penso in questo momento, poichè non credo che noi siamo dei contenitori che non possono tenere "dentro" oltre un certo limite.
Vecchio e nuovo possono e devono convivere, mutandoci magari, ma sempre un comune denominatore rappresentato da noi stessi.
La mia stessa esperienza in questo blog credo l'abbia più volte confermato: io credo nelle tradizioni, e le reputo necessarie per affrontare il progresso, non solo in Agricoltura.
Tradizioni, appunto, ed in questo periodo dell'anno è ancor più facile farle riaffiorare, rispolverare, dedicando sorrisi e lacrime a quanto " il nostro sempre" ci ha affidato.
Sono stato un bambino molto fortunato, cresciuto nell'amore di una famiglia dove genitori, nonni e bisnonni mi hanno dato tanto, senza viziarmi, sempre spronandomi a mantenere le loro tradizioni, tante, diverse, ma tutte collegate.
Su tutte ricordo la tradizione della mia amata bisnonna, nata nel 1908 ed ultima di cinque fratelli.
Viveva nella montagna tosco-emiliana, e per la sua famiglia il Natale veniva chiamato anche "il Ceppo".
La tradizione voleva che il giorno di natale venisse messo un pezzo di tronco (il ceppo appunto) di abete nel camino, a margine, e che questo venisse bagnato con (poco) vino e lasciato ad ardere a fuoco morto, a far fumo e profumo, ed a benedire la casa.
La sua famiglia era molto povera, ed il giorno di Natale il suo babbo consegnava ai cinque figlioli un arancia.
Il più grande dei fratelli, col suo coltellino affilato, lo sbucciava, senza sciupare la buccia, e consegnava uno spicchio per uno, e poi ancora un altro, dividendo in parti uguali quelli che sarebbero rimasti fuori dall'assegnazione.
La mia bisnonna si commuoveva annusando, e poi mangiando, quella delizia così esotica e lontana dagli odori e sapori della sua montagna.
Le bucce poi venivano lasciate essiccare, ed ognuno dei fratelli ne teneva un pezzettino nel canterano, tra i pochi vestiti che avevano, a profumare e ricordare.
La tradizione de "il ceppo" era diffusa anche in altre origini della mia famiglia, e mio nonno paterno ha sempre chiamato così il Natale, dove l'albero era rigorosamente il ginepro, e gli addobbi erano poche palline di cartapesta o di vetro, nastrini e qualche caramella.
Alla mia bimba io ho raccontato almeno cento volte il racconto del mio Natale di bimbo.
Leggetelo se vi fa piacere: http://agricoltoreanacronistico.blogspot.com/2020/12/natale-2020-la-storia-di-un-bimbo-e-di.html
Nella mia tradizione diretta, c'era il Pino come albero di Natale, che solo durante la mia adolescenza divenne Abete Rosso, questi rigorosamente in vaso.
La solennità, il calore, l'importanza tutta di quei gesti, di quegli odori, dello scartare le palline di vetro dai vecchi fogli di giornale, tutti quei ricordi...
io ho sempre amato il Natale, non molto in modo prettamente Cristiano, ma con un approccio pagano e sopra a tutto familiare.
Quest'oggi che son babbo, sento tutte quelle voci che mi accompagnano, e sento la responsabilità e la necessità di trasmetterle a mia figlia, con piccoli gesti, ogni anno ripetuti, con aneddoti sempre raccontati allo stesso modo, con oggetti carichi di storia familiare, con un atteggiamento di protezione ma anche di apertura.
Ecco, in una pausa della pioggia, sono uscito con il segaccio a mano ed i guanti, e nella scarpata sopra al torrente l'ho visto, dopo averlo cercato giorni e giorni prima: lì c'era il nostro albero di Natale, pronto per il suo penultimo passaggio.
Un pino, con la base decimata dai cinghiali che da anni lo usavano per grattarsi le groppe.
Lui aveva retto, spurgando kili di resina, ma alla fine aveva dovuto cedere, iniziando a seccare.
Non sono bravo in molte cose, ma so vedere quando una pianta è morente, e questa non sarebbe arrivata alla prossima calura estiva.
Allora, come faccio oramai da tanti anni, l'ho ringraziata a modo mio, l'ho segata, e con tanto sforzo me la sono trascinata sino alla casa.
In ogni passo di fatica, in ogni sforzo, i trovavo un giusto tributo da parte mia a quella scelta.
La resina nelle mani mi ricordava la vita, la resilienza ed il pianto di quell'albero, e quasi come potesse sentirmi lo ringraziavo.
A casa gli occhi della bimba sono stati il regalo più grande a ripagare tanto sforzo: era così felice...
Posizionato nella casa, e stato poi adornato da tutta la famiglia, tra ricordi e sorrisi, nell'euforia fanciullesca che correva a destra e manca, portando le palline e gli addobbi a chi stava sullo scaleo.
E quando io ho messo il puntale, allora ci siamo abbracciati, ripensando all'arancia della sua trisnonna, o al ginepro del suo bisnonno, e a tutti gli altri suoi avi che mai ha conosciuto, ma che mai come in quel momento erano vivi l', con lei, a mantenere intatta la nostra...tradizione di famiglia.
Vi auguro un Sereno Natale, nella speranza che anche voi possiate ritrovare quelle carezze e quei ricordi, e che li possiate trasmettere ai più giovani.
Grazie per aver letto tutto questo.
tra autarchia e visionarietà, stoicismo e pragmatismo: una raccolta di tradizioni, quotidianità e progetti di un amante della campagna che vede nella Naturalità l'unica via
Taglio dell'erba per gli animali del podere
giovedì 22 dicembre 2022
L'Albero di Natale: la tradizione di famiglia
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Auguri A. A., come sempre il tuo racconto arriva al cuore e riporta alla luce emozioni e ricordi. La tradizione della mia famiglia d'origine si chiamava il tronco di Natale. Noi trascorrevamo le feste presso una casetta ai piedi di una montagna che era stata ereditata da mio padre. Come arrivavamo io e il mio babbo cercavamo tra i boschi un ceppo di legno che veniva addobbato sul piano di un mobile tra muschio profumato, arance, mandarini, noci, dolci. Rimaneva lì come se fosse parte della famiglia e poi, l'ultimo giorno di permanenza quando oramai avevamo già mangiato tutto quello che lo accompagnava, veniva bruciato nel camino e una parte della cenere non veniva tolta ma rimaneva ad aspettare il nostro ritorno.
RispondiEliminaQuante tradizioni familiari, così importanti, così...belle.
EliminaGrazie Valentina per aver condiviso qui questo.
Buon Natale a te e famiglia
A.A.
Ciao A . A
RispondiEliminaCi hai regalato un altro racconto di vita vera, vissuta.
Grazie!
Auguri davvero di cuore a te e alla tua famiglia.
Alma
Alma, ogni Natale, come in ogni intervento, io provo a lasciare qui un piccolo pezzo della mia vita vissuta.
EliminaRingrazio io te per essere passata, e ti faccio gli Auguri.
Ciao
A.A.
... io e mio fratello partivamo presto la mattina per salire al monte, nella parte più umida a nord sopra il fiume, per raccogliere il muschio più bello, un tappeto argentato per il presepe, che faceva dimenticare le mani gelate. Poi si scendeva a prendere i pungitopi dalle bacche rosse con cui mia mamma guarniva la tavolata di natale ...
RispondiElimina... ogni anno ricrescevano entrambi e i nostri piccoli prelievi non han mai creato danni ...
... oggi le cave ne han fatto una discarica ...
Avrei tanti aneddoti sull'argomento muschio e pungitopo...
EliminaNessuna nostalgia, ma forse un nuovo luogo dove ritrovare questo, sempre nel rispetto della Natura...almeno noi che ne abbiam coscienza.
Un Caro saluto, ed auguri per il nuovo anno.
A.A.
E siamo arrivati alla fine del 2022: gli auguri degli ultimi capodanno non hanno funzionato granché. Meglio allora per stavolta un semplice saluto e un incoraggiamento: perché, è certo, non ci arrenderemo e sapremo resistere e, anzi, troveremo nuovi spazi e vie. Come dicono gli alpini: avanti sempre!. Un caro saluto
RispondiEliminaLucia
Proprio ieri ne facevo una questione di punti di vista.
EliminaHo ricevuto una telefonata da una persona a me molto cara, anziana, che sta trascorrendo queste festività con mille nuovi acciacchi, ma con la voce che porta sempre al positivo.
Lei mi diceva che ci sarebbe stato "il meglio a venire", ed io le rispondevo che "il meglio c'è sempre...soltanto che a volte abbiam gli occhi chiusi per il dolore, o per la rabbia"
Cara Lucia, è stato un anno difficile, ancora una volta, ed ho avuto vari difficoltà che mi guardo bene di riportare qui, poichè vanno oltre il clima o la burocrazia: ma se tiro le somme, vedo che la natura (seppur sanguinante) va avanti, la vita continua, la prole cresce, e sento il dovere di pensare positivo, anche quando sarebbe molto faticoso farlo.
Un passo alla volta impegniamoci tutti a costruirci un anno con "il meglio", senza strafare, ma con la giusta ambizione.
Magari cominciando proprio con le piccole cose, i piccoli gesti.
A te e famiglia i miei più cari auguri, e grazie.
A.A.
Grazie a te per averlo raccontato e per avermi trasportato in una atmosfera natalizia che io non ho mai vissuto. Nata in città anche da bimba l'albero di natale era finto e c'erano i caloriferi i profumi del camino o della stufa non esistevano, solo la neve, se ero fortunata, solo quella mi faceva sentire a natale.
RispondiEliminaTantissimi auguri per un sereno anno nuovo.
E ringrazio te per questa testimonianza.
EliminaTanti i Natali diversi, ma son certo tutti con calore e gioia di bimbo.
A. A.
Mi ero persa questo tuo racconto!! La penso come te, dobbiamo salvare le tradizioni! Mia mamma (io sono toscana) mi raccontava le cose che hai descritto tu: il ceppo, l'albero (e il presepe) fatto con un pezzo di qualche albero caduto e adornato di fiocchi e cose di carta e di stoffa, e le arance come dono. Le arance! Pensa regalare le arance ad un ragazzino del mondo odierno.
RispondiEliminaIl tuo natale è come dovrebbe essere: tutti insieme a fare l'albero e poi abbracciarsi. Io faccio un albero sintetico (mi fanno pena quelli che vendono veri) e da sola. Ma ripenso a quando da piccola lo facevamo con mamma: scartare le palline di vetro, cercare il posto migliore sull'albero, mettere bene le lucine, qualche fiocco, coprire la base di carta crespa per posizionarci un piccolo presepe, e ho un piccolo filo di luci che me lo aveva regalato lei, mia madre.
Mi piace molto tutto quello che stai insegnando ai tuoi figli, un etica rara da trovare ma è quella che dovrebbe essere insegnata a tutti i bambini.
Negli anni i vostri commenri, così carichi di Vita, continuano ad emozionarmi.
EliminaEd è grazie a questa dovizia di particolari che io immagino Voi e le vostre radici.
Adesso tu mi hai dato tanto con questa storia.
Te ne sono grato.
A. A.