Taglio dell'erba per gli animali del podere

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domenica 26 marzo 2023

Orto Anacronistico: l'approccio

Da una parte dovrò pur iniziare a radunare le tante idee, e quale migliore inizio se non quello dove spiego l'approccio all'Orto, secondo me.

La tiritera dovrebbe iniziare con la frase "...perchè è da quando son bimbo che faccio l'orto...", ma questo non ci porterebbe nel focus dei questo post, per cui vado diretto al punto: FARE L'ORTO PER BISOGNO.

Non è mai stato nulla di diverso, se non quella necessità di tenere le mani nella terra, di veder crescere la vita vegetale e di potermi cibare "del mio".
Analizzo la cosa.

Necessità di tener le mani nella terra
Sin da bambino ho sempre sentito che le mie mani non erano abbastanza sporche ed abbastanza vissute per star di pari passo alle mie idee. 
Ed era proprio quel bisogno forse atavico di avere le mani che odorassero di terra.
Era così che diventavano più vissute, ed era così che mi permettevano di tenermi addosso l'orto anche quando ero sui libri di scuola.
Quasi come fosse un feticismo, sfoggiavo quelle unghie marcate di terra, o quelle piccole chiazze o taglietti che il lavorare mi aveva consegnato.
E quando poi guardavo le mani dei miei nonni, non mi sentivo così distante da loro.
Ho sempre amato fare l'orto, e nelle mie mani ho sempre mantenuto l'eco e l'evidenza di questo amore.
Avete mai sfemminellato un centinaio di piante di pomodoro, oppure avete mai cavato a mano panieri e panieri di cipolle rosse, oppure avete mai sgranato sul posto qualche secchio di fagioli?
Non era necessario affondare le dita nella terra per mantenermi addosso una veste arlecchino che raccontasse a gran voce della mia passione, ma aver le mani terrore era come indossare una fede matrimoniale: era sancita l'unione in modo inequivocabile. 

Vedere crescere la vita vegetale
Glielo chiedevo costantemente (ai miei genitori) di permettermi di allevare un cane. Avevo quel bisogno comune a tanti bambini di poter avere un cucciolo da poter crescere con me. 
Figlio unico, ero alla continua ricerca di una Simbiosi con un essere vivente, ma oltre i tanti uccellini caduti dal nido (raccolti salvati e poi liberati) , o una coppia di canarini che tanto amavo, non mi era permesso di allevare altro. 
Già allora sapevo che non era una crudeltà, ma un'esigenza di due genitori che stavano tanto tempo fuori casa, e che non potevano permettersi "il piacere" di allevare un animale in casa. 
Ed allora iniziai a vedere l'orto come una creatura, come un essere vivente da far crescere di stagione in stagione, di anno in anno, divenendo sempre più consapevole di quanto quella vita dipendesse dalle mie decisioni, dalla mia costanza e dalla mia dedizione. 
La vita vegetale cresceva grazie al mio impegno. 

Potermi cibare "del mio" 
I racconti dei nonni e delle bisnonni parlavano chiaro: bisognava essere in grado di cavarsela da soli, e dovevo comprendere che grazie al mio impegno qualcosa di sano e pulito sarebbe potuto arrivare nella mia tavola. 
E subito capiì che non c'era maggior soddisfazione di quei pomodori così saporiti, di quel basilico così profumato, e soprattutto di quelle insalata che aveva un sapore come le tante insalate mangiate prima non avevano mai avuto. 
Il terriccio preso con cura dal Boschetto sopra casa, la selezione dei semi che erano più adatti a quell'orto, la parsimonia con cui dosavo la poca acqua, le ore serali passate nei profumi più belli, nel pre cena e nel post cena estivo. 
E quando la nonna chiedeva se fossi stato io l'artefice di tanto lavoro, la soddisfazione si raddoppiava nel mio petto. 
Ed oggi che mia figlia viene nell'orto con me e che mi aiuta, imparando e producendo , la soddisfazione è indecifrabile. 
Non ce n'è di roba buona come quella fatta da noi stessi, giusto? 


Fare l'orto per bisogno, e qui ho riportato quali siano stati i bisogni che in origine mi hanno portato a vivere un innamoramento che pare non aver fine. 
La fatica si sente sempre meno quando c'è la passione e la soddisfazione in quello che si fa. 
Per la maggior parte della mia vita non ho tratto guadagno economico da questo mio lavorare, eppure sentivo che quel lavoro riempiva il mio stomaco ed ha anche la mia anima. 
E credo che questo lo possa confermare solo chi mette così tanta passione in un orto. 
Non ci sono arrivato quindi per ribellione, e non ci sono arrivato neanche per tradizione, ma ci sono arrivato per questi tre motivi, e d
Quindi con un approccio di Bisogno. 


12 commenti:

  1. Sono ovviamente d'accordo con te,oramai sono anni che faccio l'orto e non potrei farne a meno,non solo perchè mi pappo le mie verdure,ma anche una cosa come dire"spirituale"se mi passi il termine,cosa c'è di più bello vedere come si evolve l'orto,i vigneti,gli alberi da frutto mano a mano che passano i giorni,mesi e sapere che almeno in parte hai contribuito al risultato,si sono d'accordo.
    Buon orto

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    1. Credo sia un bisogno atavico, e qualcosa che come dici te nutre corpo ed anima.
      La fatica, quando si fa qualcosa che ci piace, si tramuta in Piacere.
      Buon orto a te.
      A.A.

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  2. ... non avrei potuto dir meglio ...
    ... io faccio tutt'altro nella vita, ma quando mi siedo lassù all'orto e vedo le mie pianticelle crescere il cuore mi si riempie di gioia e gli affanni svaniscono ...
    ... sicuro ( o almeno nel mio caso) ci vuol qualcuno che ti infonda questo amore per la natura, nel mio caso è stato il babbo, che ogni tanto mi pare di rivedere tra i poggi, chino sulle colture ...

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    1. Credo di essere nato con questa "vocazione" (agricola in generale), e la passione dell'Orto arrivò anche per mano di mio nonno paterno, e dal fratello di una mia bisnonna.
      Tutt'oggi riecheggiano le loro parole mentre faccio delle lavorazioni.
      A.A.

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  3. Eh no caro A.A., non c'è roba migliore, soprattutto in merito al cibo, di quella che viene da chi ha l'arte di saperla produrre da sè. E se c'è la tua passione a condirla, è certamente ancora più buona. Hai stretto un patto di alleanza e amore con la terra.

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    1. Con Rammarico, devo dissentire, e ti spiego.
      Fin da bimbo son stato a casa dei vari Contadini (già perchè allora ci si poteva chiamare ancora così), e dicevano loro: senti qui come è buono, senti qui che questo è genuino.
      E poi, stivati nei loro magazzini, albergavano quintali di sacchi e sacconi, con numeri e sigle a me incomprensibili allora.
      Il "sale", ossia il concime chimico, veniva usato come fosse acqua di fonte, a prescindere, per tutto, su tutto, con tutto.
      E poi c'erano quei "veleni", che a noi bimbi non era permesso neanche guardare confezionati, e che venivano usati "un tanto ad occhio" su frutta e verdura anche poco prima di mangiarla, che tanto bastava dare una risciacquata e passava tutto.
      Paiono cose del secolo scorso...
      ...ma ancora oggi son tanti, anzi sono TROPPI, gli Agricoltori (già..perchè oggi ci si chiama così)che usavano la chimica di sintesi col metodo "a prescindere" oppure "a caXXo", e che danno i loro prodotti tanto all'ortolano di paese, quanto alla grande distribuzione e se li mangiano per se, convinti di mangiare il buono ed il sano.
      Cara Rossella,
      l'ignoranza, quella vera e radicale, non avrà mai fine: potevo capirla quarant'anni fa, oggi la detesto con tutto me stesso.
      A.A.

      p.s.
      son certo di mangiar sano se mangio del mio, ma non sono l'unico convinto a questo mondo, eppure l'ignorante di turno può esserlo a mio pari.

      A.A.

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    2. Caro AA. come darti torto!! E infatti l'arte di saper produrre da sé non tutti ce l'hanno. Capisco perfettamente ciò che dici, ed infatti quando vedo il banchetto del contadino con scritto "produzione propria" temo sempre quell'ignoranza di cui parli, il che non va a vantaggio di chi produce ad arte come te perché certa ignoranza di certi contadini produce diffidenza che potrebbe andare anche a discapito di chi le cose le fa bene. Il problema è che noi che viviamo in città non sappiamo mai cosa c'è veramente in quello che compriamo. Spesso nemmeno il "BIO" della grande distribuzione è un vero bio, ci hanno fatto interi report televisivi su questo.

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    3. Quello del Bio è un argomento che da tanti anni mi porta a fare profonde considerazioni e (spesso) amare constatazioni, prima come consumatore attento, e poi come produttore attento.
      Magari un giorno ne parlerò sul Blog, col rischio di essere caustico ed antipatico.
      L'ignoranza a cui tu fai riferimento è da ambo le parti: la prima, quella dell'agricoltore in questione, e la seconda quella del consumatore "poco ferrato in materia": entrambe innescano ed alimentano secondo me errori che hanno un discreto eco.
      Un tempo valeva la parola dell'uomo: ci si fidava del proprio macellaio, del proprio fruttivendolo, e sapevamo che portavamo a casa "il buono" (spesso però ignorando su COME QUESTO VENISSE FATTO...a monte).
      Oggi ci si dovrebbe fidare dell'agricoltore, tornare a far la spesa in campagna, magari una volta a settimana: far salire i bimbi sull'auto e andare a comprare direttamente sul posto, tagliando un poco quella filiera che si allunga a dismisura (e su cui lucrano in troppi), e ristabilendo quel rapporto umano con l'agricoltore.
      Questo sarebbe il mio auspicio, e credo che anche chi vive a Palermo, o Napoli, o Milano possa farsi la "gita fuori porta" ed unire l'utile al dilettevole andando a comprare nelle campagne.
      E poi ancora, I GAS esistono ancora? Quelli mi parevano fatti bene, nati da una buona idea.
      L'etica nell'Agricoltura dovrebbe essere solida come il granito.
      La fiducia del consumatore dovrebbe essere ben riposta sugli Agricoltori.
      Ma, so che questa è un'utopia, proprio per i motivi di cui parlavamo prima: ignoranza.
      A.A.

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  4. Buongiorno e ben tornato. Bene per i tre post scritti in così poco tempo. Ma ti è venuto il colpo della strega che ti tiene distante dai tuoi infiniti impegni? Occhio, rischi anche il crampo dello scrittore !
    Il messaggio di "orto per bisogno" è giunto chiaro e forte. Grazie.
    Sarà per la cultura clericale, ma noi qua in Veneto abbiamo sempre pensato che il paradiso sia in cielo. Probabilmente invero sta proprio su questa terra, appena appena sotto i nostri piedi, ma ancora non ce ne siamo accorti. A forza di calpestarla è diventata un purgatorio indipendentemente dalla voglia di coltivarla. Qualcuno dice che potrebbe diventare un inferno e a quanto pare , da quando hanno abolito il limbo, non c'è via di scampo.
    Per fortuna, concomitante al tuo ruolo di demiurgo con la vita vegetale convive anche il bisogno di raccontare la Vita. E meno male che lo fa un Toscano che sa scrivere perché se lo facesse un Veneto come me sai che prosa ne uscirebbe. Quindi ti lascio la penna e ti leggo volentieri. ciao e alla prossima.

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    1. L'ultimo periodo mi ha visto rallentare un poco con la vita agricola per questioni anche di salute.
      Non è il colpo della strega, ma comunque le tribolazioni e gli acciacchi si fan sentire, e talvolta si devono evitare i fuori giri per non fare danni.
      Mi è piaciuto quello che tu hai detto sul Paradiso, ma da buon Toscano devo un po' dissacrare e ache scherzare su questo.
      Non ho la becca e minima idea di quello che ci sia nel "dopo", ma so che questo luogo e questa vita mi consegnano emozioni così alte che non saprei trovar parole per descriverle.
      Da quando la mattina apro la finestra di camera, a quando la sera sento l'abbraccio della casa tutta prima di coricarmi, vivo tanti attimi fatti di paradiso... e non ultimi anche del tempo trascorso nell'orto.
      Mi impegnerò a trasmettere anche questo nei miei scritti qui.
      Ciao e grazie
      A. A.

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  5. Caro Amico Agricoltore, innanzitutto grazie per la tua vicinanza e per il pensiero sentito che mi hai lasciato.
    Anche noi che non siamo contadini a tempo pieno, pur avendo terreni coltivati e l'uliveto, ci siamo sempre "apparecchiati" un bell'orticello a casa. Rigorosamente biologico, come la mia azienda agricola ma ogni anno la fatica fisica aumenta e gli aiuti diminuiscono. E quand'è stato l'anno delle lumache, adesso invece da due anni è quello dei cinghiali..insomma ci si scoraggia abbastanza. La fatica è tanta e ben ripagata dai profumi, dalla fragranza, dagli ortaggi che "scrocchiano" che è un piacere. Dalle innaffiature all'alba o notturne e quella terra bruna, così odorosa. Qualcuno ogni tanto azzarda "Ma...non ti conviene andare alla Coop e prendere le primizie che vuoi? Il costo sarebbe decisamente inferiore" Insomma, non hanno tutti i torti e a volte ti dirò che un pensierino ce lo faccio. Ancora non ho programmato nulla per ora. Domani addirittura hanno messo neve qui, nell'Appennino centrale, siamo davvero in balia di un meteo inclemente.
    Ti saluto e ti ringrazio ancora
    Susanna

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    1. Cara Susanna,
      se si dovesse pesare la fatica ed il rischio, faremmo tutt'altra vita.

      Da fuori quello dell'Agricoltore è un lavoro duro, si certamente, ma spesso carico di stereotipi assai sbagliati: quando dico che ci vuole una vera e propria vocazione, non lo dico a caso.
      L'imprenditore, quello puro e duro, investe in Agricoltura con guadagni sicuri, o perlomeno con "aiuti" sicuri, e se le cose non vanno poi... vende tutto e concretizza in quel modo (o perlomeno contiene la perdita).
      Il Piccolo Agricoltore mastica fatica e rischio in modo diverso, spesso sapendo che a rischiare è la propria casa, il proprio vivere, o il capitale di una vita.
      Non so come dipanarmi in questo discorso senta fare della retorica antipatica, e quindi concludo dicendo che: non c'è un migliore o peggiore, ma ci sono situazioni diverse.
      Ma è sempre bene fare un distinguo tra le due figure che ho appena menzionato.

      Chi fa questa Vita (e bada bene non ho detto "questo lavoro") perchè se la sente nell'anima, non riuscirà mai (almeno secondo me) ad avere un grande guadagno economico, ma riuscirà ad avere il cuore gonfio e delle soddisfazioni che in pochi potrebbero comprendere.
      Fare l'orto, stando "gobboni" col rischio di perdere tutto ogni benedetto anno, è un prezzo da pagare, e forse anche da far pagare al cliente delle verdure.
      L'importante è aver dispensa per casa, riempire congelatore e barattoli, e assicurarsi il mangiare sano (quello VERAMENTE SANO).
      Perlomeno questo è il mio pensiero...
      A.A.

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