E' oramai l'alba quando comprendo che il sonno non è stato abbastanza.
Il vento sbatte nella cantonata della casa dal lato del pollaio, ed il tacere del cane al sicuro banchettare dei daini intorno al pozzo mi fa capire che è vento di Libeccio.
Accade quattro volte all'anno, con una regolarità anacronistica ed impressionante: tutte le stagioni si ribaltano, ma ancora il vento di libeccio viene a scuoterci sancendo rigorosamente il cambio della stagione.
L'ultima volta pochi giorni dopo natale, a spazzar via l'umido e la pioggia durati due mesi, e a consegnarci il freddo vero, la neve, ed il gelo.
E prima ancora lo aveva fatto a fine ottobre, a termine di quell' Agosto dai cento giorni, quando con prepotenza interruppe la lunga coda dell'estate calda.
E prima ancora in aprile, iniziando una stagione delle piogge e spezzando le redini a quella tremenda siccità che anche lo scorso anno aveva accompagnato la fine dell'inverno.
Il Vento di libeccio, per molti popoli tirrenici "in vento di mare", che quassù spira raramente, e che quando arriva ama torturarci a dovere, sradicando alberi, troncando rami, spostando tegole sul tetto e rendendo pericolose anche le semplici operazioni intorno al podere.
Mi piace, lo confesso: mi piace quando la natura ci ricorda che è la sua Potenza a poter (e dover) darci una regola, a noi omuncoli affaccendati, coi capi chini sopra i nostri impegni, e con memorie troppo corte per ricordarci le cose "ancor più importanti".
Le nuvole grigie scorrono e s'intrecciano, in un'orgia di sfumature che porta al delirio delle proporzioni e delle distanza: un attimo par di poter toccare questo, e l'istante successivo ci si sente infinitamente minuscoli.
Rombano i rami, fischiano le reti di recinzione, e dondola il bosco tutto, ancor grigio e marrone per la veste invernale, risvegliato a forza dopo il lungo torpore della tanta neve caduta.
L'odor di erba secca si mescola a quello del mare, lontano, ma che sa allungar pe proprie dita sin quassù, quattro volte all'anno, come un gigante che rivendita territori a lui mai attribuiti.
Sulle labbra si sente il sale, mentre accompagna ogni pensiero l'idea che tra poco il rigoglio primaverile urlerà e pretenderà tutta la mia attenzione.
Mentre l'ultima Luna calante d'inverno compie il suo cammino.
Accade quattro volte all'anno, con una regolarità anacronistica ed impressionante: tutte le stagioni si ribaltano, ma ancora il vento di libeccio viene a scuoterci sancendo rigorosamente il cambio della stagione.
L'ultima volta pochi giorni dopo natale, a spazzar via l'umido e la pioggia durati due mesi, e a consegnarci il freddo vero, la neve, ed il gelo.
E prima ancora lo aveva fatto a fine ottobre, a termine di quell' Agosto dai cento giorni, quando con prepotenza interruppe la lunga coda dell'estate calda.
E prima ancora in aprile, iniziando una stagione delle piogge e spezzando le redini a quella tremenda siccità che anche lo scorso anno aveva accompagnato la fine dell'inverno.
Il Vento di libeccio, per molti popoli tirrenici "in vento di mare", che quassù spira raramente, e che quando arriva ama torturarci a dovere, sradicando alberi, troncando rami, spostando tegole sul tetto e rendendo pericolose anche le semplici operazioni intorno al podere.
Mi piace, lo confesso: mi piace quando la natura ci ricorda che è la sua Potenza a poter (e dover) darci una regola, a noi omuncoli affaccendati, coi capi chini sopra i nostri impegni, e con memorie troppo corte per ricordarci le cose "ancor più importanti".
Le nuvole grigie scorrono e s'intrecciano, in un'orgia di sfumature che porta al delirio delle proporzioni e delle distanza: un attimo par di poter toccare questo, e l'istante successivo ci si sente infinitamente minuscoli.
Rombano i rami, fischiano le reti di recinzione, e dondola il bosco tutto, ancor grigio e marrone per la veste invernale, risvegliato a forza dopo il lungo torpore della tanta neve caduta.
L'odor di erba secca si mescola a quello del mare, lontano, ma che sa allungar pe proprie dita sin quassù, quattro volte all'anno, come un gigante che rivendita territori a lui mai attribuiti.
Sulle labbra si sente il sale, mentre accompagna ogni pensiero l'idea che tra poco il rigoglio primaverile urlerà e pretenderà tutta la mia attenzione.
Mentre l'ultima Luna calante d'inverno compie il suo cammino.
... io odio il vento forte, crea danni e sradica alberi ...
RispondiElimina... da noi è passato come una furia spazzando via tetti e intere pinete secolari ...
... Ps grazie per la dritta della forcavanga, ho fatto pure un post di ringraziamento ...
Sono in tanti ad odiare il vento.
EliminaIo lo amo, ne sento l'energia pura, e mi rigenera.
Ma ci vuole attenzione.
Per quanto riguarda la vanga forca, mi rallegra sapere che il lavoro stia venendo bene, e mi fa piaxere che sia stato un mio consiglio a migliorarti in questo.
Ma addirittura un ringraziamento del genere... Mi lusinga così tanto.
Proprio nei prossimi post io inizierò a parlare dell'orto, e forse la mia semplice esperienza potrà essere d'aiuto.
Semola, ti ringrazio.
A. A.
Qui da qualche anno quando il vento soffia forte, fa danni, davvero seri! E mi mette non poca apprensione, sembra che tutta la casa sobbalzi, ricordandomi la bruttissima esperienza del terremoto. Insomma comunque mi pare di capire che da voi scandisce con regolarità il passaggio da una stagione all'altra, . Bene, allora presto arriverà davvero la primavera.
RispondiEliminaMolto vivida la tua descrizione, mi piace, come sempre!
Ti saluto caro agricoltore
Susanna
Come dicevo al buon Semola, Io amo il vento ed altrimenti non avrei potuto scegliere un posto così dove andare abitare e trascorrere tutta la mia giornata lavorativa.
EliminaQui in montagna Il vento È una costante, un alleato, ma anche un temibile gigante da tenere sempre sotto controllo e da rispettare.
Il terremoto spaventa anche me.. E se questo non riesco mai a fare dell'ilarità o a vedere l'aspetto positivo.
Un caro saluto e grazie Susanna.
A. A.
Meno male che c'è il bel ventaccio che ti tiene distante dalle tue incombenze e ti dà la possibilità di scrivere! Avrai sempre il mio Grazie ed è sempre piacevole entrare nel tuo mondo. La forca vanga sono anni che l'adopero ma io rivolto la zolla per avere l'effetto aratura. Le varie e strane teorie o metodi non hanno mai avuto tanta presa su di me per cui, magari sbagliando, continuo come di consuetudine. Ho anche il motocoltivatore ma la
RispondiEliminaforca-vanga nel suo procedere lento mi permette di togliere cariolate di sassi che altrimenti sarebbero sempre lì a ricordarmi il conoide di deiezione o alluvionale che sia, su cui mi ostino a giocare al "piccolo contadino". Pensa tu. Qualche anno fa partivo al buio con lo zaino per portare a casa del buon terreno che abbondava in certi cumuli di riporto posti a qualche centinaia di metri da casa. Un vero lusso. Le carote, che di solito erano l'inno alla disgrazia con quella terra iniziavano ad assomigliare a quelle della pubblicità! Ben vengano i tuoi futuri post sull'orto. Non vedo l'ora di leggerli. Ne ho bisogno. L'orto rimane sempre un mondo misterioso e a suo modo competitivo. Il 50% degli italiani segue il calcio, l'altra metà fa la gara del pomodoro. il bel film "l'albero degli zoccoli" di Olmi docet. Nel mio orto, nella coltivazione delle patata, cerco di seguire le buone pratiche agronomiche ma il risultato è sempre inferiore alle attese. Mia moglie butta le bucce delle patate dal muretto della sua casa montana, queste si intrufolano sotto la ramaglia, trovano un po' di humus, non ci dà e non ci fa una cippa e raccoglie tuberi che possono gareggiare al gran galà della patata belga! Non è giusto! Io impianto le cipolle rispettando il sesto di impianto; arriva lei le mette fisse fisse che non cresce neanche l'erba e ti lascio immaginare chi dei due fa le cipolle migliori. Proprio lei, la mia dolce metà quella "disgraziata" figlia di Eva. Ma prossimamente con le tue dritte forse giustizia sarà fatta! Non vedo l'ora. A presto! Emanuele.
Caro Emanuele,
Eliminahai ben capito che spesso il mio scrivere qui sul Blog dipende proprio dalla stagione.
Da alcuni anni sento "il dispiacere" per non riuscire ad essere più costante qui, ed anche questo in passato mi ha portato a pensare di fermarmi.
ma poi ho compreso che non deve esserci una bilancia all'ingresso, che pesi quanto entra e quanto esce, e quindi io per primo ho accettato di "esserci quando ci sono".
Questo forse ha penalizzato i numeri di questo Blog, e mi ha fatto perdere molti lettori... e me ne dispiaccio, non certo per i numeri, ma per le persone.
Ma al tempo stesso mai io ho dimostrato di essere qui per i numeri, tutt'altro, e le altalene delle statistiche mi fan sorridere e poco condizionano le mie parole.
Come detto, qualcosa bolle in pentola, e nella mia testona girano e rigirano delle idee, e tanti sarebbero gli argomenti che qui vorrei riportare, condividere, mettere a vostra disposizione: errori sopra a tutto, perchè come sempre ho detto, è proprio dai miei errori che io ho imparato di più.
Tanti anni fa, quando il mio Caro Amico Enne era all'inizio della sua esperienza nell'orto, ricordo che gli dissi una frase: "Meno geometrie e più cuore".
Ecco, per le tue patate e per le tue cipolle, questo è il primo consiglio che a prescindere sento di darti.
Da bimbo non sapevo ancora nulla di agricoltura, eppure i pomodori mi venivan grossi, seppur coltivati in un orto di paese ottenuto con terra di riporto.
Nel tempo, negli anni, ho compreso che tutti quei libri che ho letto (e ti assicuro che sull'argomento ne ho letti veramente tanti) mi han consegnato così tante nozioni e nozioncine che alla fine mi son servite.
mettiti a sedere, nel tuo orto intendo, posa la vanga forca, il cellulare, la fretta, e la smania di far bene, e prenditi del tempo: osserva.
Guardalo quell'orto, cerca di "respirarlo", concediti tempo, ed ancora tempo, e tante risposte arriveranno a te senza neanche esserti posto le domande.
L'agricoltura, prima di tutto è Osservazione.
Un caro saluto, e felice di essere a disposizione.
A.A.
Aspetto allora il tuo post " l'orto e l'arte dello zen" . Poi inizio. Ciao.
EliminaDetta così sembra che io non mi arrabbi mai, ma ti assicuro che mi arrabbio, ed anche tanto.
EliminaPerò cerco di usare tutta l'energia della arrabbiatura in modo costruttivo.
Comunque, ho iniziato a parlare dell'Orto nel post successivo a questo.
Ciao
A. A.
A me il vento fa paura, perché negli ultimi anni ci sono stati fenomeni veramente pesanti dalle mie parti.
RispondiEliminaStavo pensando di comprarmi una cariola per andare a prendere il letame in uno dei maneggi vicino a casa, forse sarebbe la svolta per il giardino.
Cara Sara,
Eliminail letame è la mano santa, sopra a tutto quello di cavallo per il giardino.
Ma ti lascio qui qualche idea.
La carriola: ne esistono di elettriche (anche con una ruota soltanto) che potrebbero agevolarti non poco il trasporto del letame per percorrenze più lunghe.
Oppure, se hai l'auto, puoi farti fare dei sacchetti di letame, ed agevolmente scaricarne di volta in volta che ti occorrono.
Ed ancora: lavorare su una bella compostiera, in appoggio magari al letame, magari coinvolgendo altre persone (familiari o vicini) per il reperimento del materiale organico da utilizzare per tale scopo.
Ed ancora: la pacciamatura, magari fatta proprio con materiale organico, o con foglie ed erba che proprio il tuo giardino ti produce.
Ed ancora cento le idee che avrei da darti, magari una buona ne salta fuori, che faccia proprio al caso tuo.
Forza, che ho proprio voglia di vedere quel giardino bello fiorito e colorato.
Se hai bisogno, per quello che posso sono qui.
A.A.
"Rombano i rami, fischiano le reti di recinzione, e dondola il bosco tutto"
RispondiElimina"L'odor di erba secca si mescola a quello del mare, lontano"
"Mentre l'ultima Luna calante d'inverno compie il suo cammino."
Che bello! Splendido questo quadro che hai disegnato con le parole.
Provo a raccontare qui quello che con gli occhi e col petto io vedo.
EliminaGrazie per questo tuo commento.
A.A.
Le tue descrizioni sono formidabili, sembra di viverle!
RispondiEliminaIl libeccio è il vento del mare, è vero. Ricordo quando ero piccola che al mare in Versilia, i primi giorni di Giugno dove andavamo con mamma in vacanza, il libeccio c'era spesso e mamma ci portava in spiaggia tutte vestite a respirare il vento perchè liberava i bronchi dai catarri invernali.
L'aria buona del mare, che fa più di mille medicine.
EliminaDa bimbo mi son fatto i miei cicli di mare per mitigare i miei catarri.
Come mai oggi non mi vien di pensarlo per la prole?
Eppure, lo iodio in primis, tanto ci fa.
Oggi ci son le terme, oramai sdoganate al solo reparto geriatrico, ed aperte a tutti: una moda forse, ma credo che molte siano autenticamente un toccasana.
E forse non si deve aspettare il Libeccio per trarne un beneficio.
A.A.